Di donne e di uomini, di luci e di ombre nelle loro relazioni si parla nell’ultimo romanzo di Cristina Comencini, “L’altra donna”.
Scrittrice, sceneggiatrice, regista, l’autrice è stata una sola volta anche attrice, quando suo padre, Luigi Comencini, la volle a soli dieci anni in un suo film.
Non desiderando una carriera davanti alla macchina da presa, preferì spostarsi di lato e dall’altra parte, scegliendo di raccontare vite apparentemente semplici, normalmente uniche, straordinarie nella loro unicità nei suoi romanzi e nelle sue sceneggiature.
A percorrerle uomini e donne che inciampano in imprevisti, che si trovano a passare davanti a specchi che riflettono una immagine diversa dal loro pensare, che si trovano a fare i conti con i grandi problemi collettivi, come il razzismo o l’omosessualità, che li investono come uno tsunami.
Per quanto la stessa Cristina Comencini abbia sottolineato la necessità e la bellezza dell’obbligarsi ad assumere un punto di vista insolito nella scrittura, quello dell’uomo con le sue visioni del mondo, sono le donne a prorompere con prepotenza dalle sue pagine e dalle sue immagini: sono, per citarne alcune, la giovane Marta e la nonna Olga di “Va’ dove ti porta il cuore”, le quattro madri con le rispettive figlie che costituiscono l’universo femminile di “Due partite”, la giornalista quarantenne Alice che, in “Tornare”, riesce a leggere il suo passato e i suoi fantasmi solo in seguito alla morte del padre.
In tutte queste e in altre storie la mano dell’autrice scivola leggera sui sentimenti umani, li accarezza ma nel contempo li libera dal velo che li nasconde per pudore o per ipocrisia, li lascia sospesi senza giudizi affrettati, che solo lentamente possono emergere e cristallizzarsi.
Nel suo ultimo romanzo a finire sotto la sua lente d’ingrandimento sono le dinamiche di coppia, con i preconcetti che le accompagnano, i falsi miti che le sostengono, le grandi paure che le salvano o le affossano.
Cristina Comencini ribalta il concetto del triangolo amoroso
Vivere è come riempire una valigia, per accumulazione: tutto finisce al suo interno e ovunque si decida di andare la si porta con sé, sebbene a volte sia un bagaglio ingombrante e scomodo.
Quando si deve scegliere se andare o restare non si può prescindere da essa, dal proprio vissuto, dal passato che continua a concatenarsi al presente, rendendolo quello che è.
E’ così anche in amore, se si opta per il per sempre si nascondono negli angoli bui della memoria gli inevitabili ricordi spiacevoli o dolorosi, se si intraprende la strada dell’abbandono, voluto o subito, la chiusura della valigia improvvisamente non tiene più e tutto il suo contenuto si rovescia in bella vista.
Fino a che punto possiamo, a un certo momento della nostra esistenza, intraprendere una nuova vita, diversa e autonome da quella precedente? Quanto resta invece confinato nella realistica realizzazione di una vita nuova, una vita che è sempre la medesima soltanto con sfumature diverse?
E’ la domanda implicita che segna le vite dei protagonisti del romanzo, convinti assertori del principio di libertà ma vittime di un passato che non ha alcuna possibilità di essere cancellato.
Il titolo scelto da Cristina Comencini ci proietta immediatamente nel cuore della storia, un triangolo lui lei e l’altra.
In realtà capiamo che è un gioco delle parti insolito sin dalle prime battute.
Lui è Pietro, docente di economia cinquantacinquenne, una moglie, tre figli e un divorzio alle spalle, che fanno parte di un’esistenza che ha cancellato dal suo quotidiano (o almeno questo è ciò di cui è convinto). Vive tra Milano e Bruxelles, in quanto eletto al parlamento europeo.
Lei e l’altra sono due donne che si ritrovano a rivestire ruoli in movimento, lontani dalla fissità che si vorrebbe legare ai rapporti d’amore.
Lei è Maria, era la moglie di Pietro, madre dei suoi tre figli, artista affermata ma donna spezzata dalla separazione, avvenuta dopo molti tradimenti ipotizzati e la conclusiva certezza che Pietro, nei suoi viaggi, era sempre accompagnato da una collega. Vive a Roma e dopo tre anni ancora non ha elaborato il suo lutto affettivo.
L’altra non è la donna per cui Maria si è separata, una meteora che non ha lasciato tracce: si chiama Elena, ha venticinque anni, ha conosciuto Pietro come allieva in occasione della tesi e sta vivendo con lui una storia d’amore che entrambi interpretano in modo giovanile, senza il peso delle consapevolezze dell’età matura. Elena non si sente l’altra, quando ha conosciuto Pietro Maria non faceva più parte della sua vita.
Ma nel momento in cui Maria decide di volerla conoscere, prima virtualmente e poi in presenza, i ruoli si ribaltano, perché Elena vede in lei un pericolo, una minaccia per la sua stabilità, mentre a Maria lei appare come colei che ha restituito al suo ex marito la vita desiderata.
In questo intreccio ha un ruolo fondamentale Rita, amica di Pietro e Maria da molti anni, che si è attribuita il ruolo di deus ex machina per smuovere situazioni cristallizzate, invitando Maria a Milano e facendo in modo di farle incontrare Elena.
Anche Francesco, il figlio minore di Pietro, contribuisce a rendere più evidenti le crepe nel rapporto tra Elena e Pietro, nel momento in cui si trasferisce temporaneamente da loro a Milano.
La conoscenza tra le due donne si è realizzata mediante un inganno, lieve secondo Maria, paragonabile a un complotto femminista secondo Elena.
Con l’aiuto di Rita, Maria ha costruito un profilo falso su Facebook col nome di Sara e ha contattato Elena, chiedendo e ottenendo la sua amicizia: ne è nato un contatto quotidiano, in cui lei ha cercato di carpire a quella che ora è la sua rivale il maggior numero di informazioni possibili sulla sua vita di coppia.
Elena non ha nutrito dubbi, tanto che sarà la stessa Maria a raccontarle dell’inganno, dopo lunghe conversazioni e confidenze reciproche, le une sincere le altre fasulle.
Per Elena è un duro colpo, nutre rabbia, senso di frustrazione e impotenza, timore di raccontarlo a Pietro, paura che quanto successo sia come una bomba a orologeria, pronta a esplodere.
E poi arriva Francesco, il figlio più giovane di Pietro, un altro elemento destabilizzante, mina la sua, la loro libertà, la porta a mettere in discussione prima di tutto se stessa, a rivisitare tutta la storia con Pietro, per darle infine la giusta collocazione.
Il passato non è mai tale, nella vita che cambia
Assunto fondamentale per tutti i protagonisti è il concetto di passato, che appare in continua trasformazione attraverso il confronto dei ricordi, che non può tacere ma irrompe imperioso nel presente, che ha condizionato e ancora inevitabilmente condizionerà tutte le vite in gioco.
Maria non può staccarsi dal ricordo del suo matrimonio, cerca la sua libertà mediante la conoscenza di Elena, per smettere di convivere con i fantasmi delle altre donne, per troppo tempo solo dolorosamente immaginate.
Gli anelli della catena che la lega a Pietro sono tanti, non si possono spezzare, anche se lui ha provato a farlo andandosene, stanco delle inevitabili secche di un matrimonio che durava da anni, con la speranza di ritrovare, in una donna giovane, anche la sua giovinezza.
Ci sono molti ricordi taciuti, tra Pietro ed Elena, che lei vuole assolutamente sentirsi raccontare, senza riflettere sul fatto che ci sono cose che è meglio non sapere, se appartengono a una vita di cui non si faceva parte, perché scavano voragini così profonde negli affetti da risultare incolmabili.
Maria ha l’età della madre di Elena, una madre tenuta lontana, anche disprezzata in nome di un passato che Elena sa, ma che la madre non sa che lei conosce.
Appartiene ad anni lontani, è costituito di ricordi che hanno stravolto l’immagine che Elena aveva di suo padre, rivelandole un uomo che mai aveva immaginato potesse essere.
Adesso che lui è morto, ogni volta in cui per dovere va da sua madre vede l’urna con le sue ceneri conservata in salotto e non capisce perché ci si possa far del male in questo modo, rifiutando di condividere la conoscenza di un passato che potrebbe evitare il continuo fallimento della loro relazione di madre e figlia.
Anche Pietro è un padre ingombrante nei ricordi di Francesco, a maggior ragione per il fatto che, pur essendo dislessico, ha una memoria portentosa, grazie alla quale snocciola ricordi su ricordi, momenti felici sostituiti da altri dolorosi, legati alle discussioni, alle liti, alle parole pronunciate dai suoi genitori prima che si separassero.
Ciò che accade nel romanzo di Cristina Comencini non è fuori dai suoi protagonisti, ma dentro di loro, legato all’accettazione del fatto che non possiamo vivere in un eterno presente, dal momento che siamo il risultato di una stratificazioni di ieri, ognuno coi propri interpreti, con i propri drammi, con le proprie scene, uguali a migliaia di altre.
TITOLO : L’altra donna
EDITORE : Einaudi
PAGG. 184, EURO 18,00 (disponibile in versione eBook euro 9,99)