Danilo Giordana, una storia di soldati senza fama e senza gloria (eccetto uno)

Danilo Giordana, una storia di soldati senza fama e senza gloria (eccetto uno)

Danilo Giordana è giunto al suo terzo romanzo, dimostrando una vena narrativa che continua a sgorgare senza interrompersi.

Dopo una lettura insolita della vita quotidiana di Gesù, vista attraverso gli occhi del fedele cane Kelev, dopo una storia di formazione on the road attraverso l’Italia, l’autore è approdato al romanzo storico, legandosi ai drammatici fatti della Prima Guerra Mondiale.

Il 2021 è stato l’anno di una memoria unica nel suo genere, il centenario della scelta e traslazione della salma del Milite Ignoto al Vittoriano di Roma, l’Altare della Patria.

Il 4 novembre del 1921, infatti, giorno in cui si celebravano i tre anni trascorsi dalla conclusione del conflitto, la salma di un soldato privo di qualsivoglia elemento che ne potesse garantire l’identificazione fu inumata a Roma con una sepoltura solenne, dopo aver ottenuto la medaglia d’oro al valore.

Le fotografie dell’epoca dimostrano come fu una cerimonia straordinariamente partecipata, con quello che oggi sarebbe definito un bagno di folla.

La Prima Guerra Mondiale, che aveva spaccato in due il Paese tra neutrali e interventisti, tra cattolici e socialisti, tra giolittiani e non, si era conclusa con una strana vittoria per l’Italia, che aveva perso sul campo molte significative battaglie, ma aveva vinto grazie al gioco delle alleanze.

Nel 1921 le drammatiche giornate sul Carso, sul Piave sull’Isonzo, a Caporetto avevano lasciato il posto ad altri gravosi problemi, dalla conseguenze del Biennio rosso alla nascita dei Fasci di combattimento, ma il 4 novembre riunì ancora una volta i pensieri di tutti gli italiani, che immaginarono il dolore di tutte le mogli, i figli, le madri e i padri dei soldati che mai avevano fatto ritorno e neppure ebbero una lapide certa a ricordare dov’erano sepolte le loro spoglie.

Da questo momento, quello in cui si decide di onorare la memoria dei caduti in guerra tra i quali vi erano stati i giovanissimi ragazzi del ’99,  prende il via la storia raccontata da Danilo Giordana, quella che deve avere come protagonista “Qualcuno che sia nessuno”.

Le storie individuali costruite da Danilo Giordana

La stesura di un romanzo storico è scrittura assai impegnativa: la linea di demarcazione tra il vero storico e la finzione deve essere tracciata con sicurezza, perché mai l’invenzione può sottrarsi al concetto di coerenza (Manzoni docet).

Ciò che mai è accaduto non deve sembrare tale al lettore, la piena libertà dello scrittore sottintende un inganno puramente narrativo, un patto in base al quale assicura che tutto ciò che scriverà sarebbe potuto succedere esattamente in quel modo e in quella forma, legato a quel tempo e a quelle circostanze.

Danilo Giordana ne è ben consapevole e non viene mai meno a questo importantissimo implicito: sin dalle prime pagine non si fanno sconti alla durissima realtà che vissero i soldati italiani nelle trincee, soggetti a freddo, fame, sporcizia, fango e paura, non necessariamente in quest’ordine.

La Grande Guerra era il primo banco di prova della neonata monarchia italiana dopo il completamento dell’unità, rappresentava anche il desiderio di far parte dei consessi europei con voce in capitolo, soprattutto appariva come un mezzo efficace per annettere gli ultimi territori rivendicati dall’Italia.

I ragazzi che la combattevano non sapevano nulla di tutto ciò: l’autore sceglie tra di loro alcuni dei suoi protagonisti, li segue in una coinvolgente analessi che li riporta indietro di alcuni anni, abbandonando qualsiasi retorica di guerra e raccontandoli come effettivamente erano, nello splendore dei loro vent’anni annientati nel fango di una trincea.

I loro nomi propri non hanno più importanza, in questa prospettiva: provengono da regioni diverse, dalla Sardegna al Lazio alle valli del Nord-Est non ancora annesse, si chiamano tra loro ricorrendo ai loro gradi, tenente o sergente, hanno lasciato a casa le loro attività quotidiane, maestro, ingegnere, pastore o coltivatore, imbracciano armi che non conoscono e hanno capito una verità drammatica, uccidi o sarai ucciso.

Le loro storie individuali convergono verso quella di uno di loro, il sardo Bachisio, per il quale l’autore ha immaginato un finale diverso da quello di tanti altri, garantito da un senso dell’amicizia nato in guerra e capace di andare oltre la morte.

A uno di questi protagonisti, l’ingegnere, toccherà ritornare sui luoghi dei combattimenti facendo forza a se stesso, coinvolto nella ricerca che in poche settimane dovrà portare all’individuazione di un corpo rimasto sepolto senza nome, senza identità ma col riconoscimento dell’arma di appartenenza: insieme ad altri dieci verrà trasportato nella Basilica di Aquileia, dove una donna sceglierà la bara da trasportare a Roma, quella del Milite Ignoto.

L’accettazione dell’incarico permetterà all’ingegnere di portare a termine anche una sua personalissima ricerca, quella di un compagno caduto e sepolto con cura sul campo di battaglia, identificabile da una determinata disposizione di rocce e forse restituibile al mondo, alla famiglia, agli affetti più cari, anche se solo in memoria.

La storia di uno diventa la storia di tutti

Rappresentanti delle più alte gerarchie militari sono stati radunati per la ricerca e l’esumazione dei corpi, molti dei quali saranno sepolti nei cimiteri di guerra, in una gara contro il tempo che si fa frenetica.

I luoghi individuati per gli scavi a cui partecipa l’ingegnere riportano a galla memorie molto dolorose, accerchiamenti nemici, cecchini implacabili, granate devastanti, identità perse per sempre in corpi straziati e mutilati.

Ricordano quanto sollievo si potesse ricavare da una parola amica, da una collaborazione nata tra il filo spinato, a volte anche da una bugia pietosa: ma ricordano anche la durezza degli alti comandi, la disumanità di uomini come Cadorna, la freddezza di chi comandava senza mettere a repentaglio ogni giorno la propria vita.

Gli undici caduti trasportati ad Aquileia, tra i quali vi è Bachisio, la giovane vittima sarda a cui nella finzione narrativa Danilo Giordana ha affidato il ruolo di muto protagonista (nella realtà nessuno degli undici avrebbe potuto essere identificato dalla madre prescelta per l’individuazione, Maria Maddalena Blasizza Bergamas) diventano il simbolo di un sacrificio per la patria che costò troppo caro a tante famiglie.

Il piano messo in atto dall’ingegnere in collaborazione con un altro commilitone amico fidato, un maestro, sembra avere facile attuazione nelle prime battute, per poi complicarsi inaspettatamente e rischiare di fallire: è un piano che non darà vantaggi a nessuno, che restituirà solo dei poveri resti ad una sepoltura più degna, che permetterà ad una piccola orfana di andare un giorno a visitare la tomba del padre, che per tutti gli altri sarà solo un anonimo caduto.

Un grande affresco, quello costruito da Danilo Giordana, di un tempo che viene spesso analizzato con troppa sufficienza, come se le tragedie successive del XX secolo ne avessero offuscato la memoria.

Il romanzo ci restituisce un racconto accorato e sentito, un’epoca di cui da tempo non ci sono più testimoni ma che ha lasciato molti cimiteri a parlare al loro posto, ricordandoci dove affondino le radici del presente.

Ci ha lasciato anche parole asciutte, scarne e devastanti su questa vicenda, quelle di un uomo che all’autore piace pensare sia stato conosciuto dai suoi protagonisti in trincea, un soldato partito volontario e poi scontratosi con la feroce verità che sta realmente dietro ad ogni guerra.

Un soldato che teneva nel tascapane pezzetti di carta e un mozzicone di matita per annotare i suoi pensieri e che ci ha donato una delle immagini più potenti per definire quella specifica dimensione umana: Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie  ( Soldati, Giuseppe Ungaretti).

Danilo Giordana, una storia di soldati senza fama e senza gloria (eccetto uno)AUTORE : Danilo Giordana

TITOLO : Qualcuno che sia nessuno

EDITORE : Pubblicazione indipendente

PAGG. 266    EURO

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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