25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne.
Anche quest’anno la giornata che ha la funzione di gridare forte al mondo quanto le donne siano ancora vittime dell’universo maschile verrà celebrata in un clima di cordoglio e di dolore per le decine di vittime che il 2016 ha annoverato nel corso dei mesi.
La constatazione di come non sia cambiato pressochè nulla negli anni non può che addolorare profondamente, nella consapevolezza che la denuncia, la trafila giudiziaria, persino l’arresto non riescono a funzionare da deterrenti in questo ambito.
Il rispetto per le donne è troppo spesso fasullo, serve solo ad ammantare di perbenismo un pensiero atavico profondamente radicato nella nostra società: la donna è proprietà dell’uomo, gli appartiene come un oggetto, un pezzo d’arredamento della casa, non ha diritto ad un proprio pensiero autonomo tanto più se questo contraddice o addirittura si rivela più profondo di quello maschile.
Per tanti, troppi uomini la donna è ancora colei che non ha facoltà di scegliere, deve soltanto essere felice di essere stata scelta.
In conseguenza di questo presupposto si ha l’intolleranza nei confronti del pensiero diverso dal proprio, si matura una rabbia feroce verso chi ha l’ardire di dire BASTA e di rinunciare ad una vita di coppia non paritaria.
Gli anni d’oro delle rivoluzioni femminili e femministe furono caratterizzati da uno slogan incisivo, IO SONO MIA, con il quale le ragazze rivendicavano la propria autonomia in tutti i campi, da quello intellettuale a quello sessuale, ribaltando il sistema di vita proprio delle loro madri e delle loro nonne.
Le percentuali dei casi di violenza sulle donne degli ultimi anni ci dimostrano che queste parole hanno perso molto del loro significato: sono spesso diventate proprietà degli uomini, che le recitano come un mantra dispotico, TU SEI MIA.
Contro queste sopraffazioni e violenze occorre fare sistema, portare le vittime alla consapevolezza del proprio ruolo passivo, slegandole dall’idea di essere state esse stesse coi loro comportamenti la causa scatenante della violenza e dunque di esserne responsabili.
Violenza sulle donne: un libro per capire
In questo percorso di presa di coscienza anche la lettura di un libro serio e forte può essere terapeutica: il resoconto di quanto accaduto ad altre donne, realistico o romanzato, può indurre al rafforzamento dell’autostima, allo scioglimento della paura radicata nelle vittime.
Simile pensiero ha animato le autrici del blog del Corriere.it “LA 27ORA”, curatrici di un libro-denuncia sulla violenza sulle donne in cui si affronta questa realtà sia dal punto di vista sia fisico che psicologico.
“Questo non è amore” racconta venti storie di abusi e maltrattamenti, cercando di mettere in luce i meccanismi reconditi e perversi che li generano.
Troppo spesso i segnali inequivocabili vengono ignorati, si trascinano i rapporti in un silenzio complice con la speranza che le cose cambino, che i propri fidanzati, compagni, mariti maturino rispetto e amore sincero nei confronti della donna che hanno vicino, superando il senso del possesso fine a se stesso.
Che ciò accada è assai difficile, ma la “sindrome da crocerossina” della donna, la sua convinzione del “io ti salverò” coprono per troppo tempo la verità, lasciando che l’ego maschile si nutra a dismisura di questo suo ruolo egemone e se ne faccia vanto e scudo.
Quando la violenza sulla donna è fisica, lascia segni tangibili, può essere vista dall’esterno, individuata come un chiaro segnale di malessere anche da chi è solo spettatore della vita della coppia; quando è psicologica è più difficile da identificare, si alimenta del silenzio in cui si sviluppa e si fortifica, induce addirittura la vittima ad accentrare su di sé le responsabilità negative, tanto da giustificare il comportamento maschile.
Il libro racconta di Maria, convintasi di essere un’incapace a fronte delle insistenze dell’uomo che esigeva di dirigere la sua esistenza, di Antonella che in un percorso non troppo dissimile era stata convinta della necessità di averlo al suo fianco per poter dire di essere qualcosa o qualcuno, di Sara che vedeva nello stesso uomo un marito terribile e un buon padre e non riusciva a sottrarsi a questa dipendenza.
Violenza sulle donne: educhiamo gli uomini
Le autrici di questo libro-documento su una realtà diventata ormai da troppo tempo insostenibile ma contro la quale la società sembra non avere armi affilate, coinvolgono nei loro racconti anche gli uomini, i “carnefici”, nella convinzione che da loro si debba partire per estirpare la mala pianta della violenza sulle donne.
Le loro testimonianze, quella di Francesco arrivato a stringere le mani intorno al collo della sua compagna, o quella di Mario, spinto a sostituire le parole coi ceffoni per far valere le proprie ragioni, ci svelano l’altra faccia di questa realtà: spesso la violenza sulle donne è generata da meccanismi impulsivi, non controllati a sufficienza, di cui gli stessi autori si pentono, ma sempre a fatti avvenuti.
La non premeditazione della violenza non la può giustificare, è indispensabile educare gli uomini sin da bambini ad un rispetto paritario nei confronti dell’altro genere, ad una condivisione dei ruoli in ogni contesto, ad una accettazione dell’uguaglianza che non può soltanto concretizzarsi nella più assurda delle istituzioni, quella delle quote rosa.
Come ci raccontano le autrici di “Questo non è amore” uomini e donne devono diventare capaci di parlare e di ascoltarsi vicendevolmente, accettando che l’amore, come ogni altra cosa, possa avere una conclusione, distinguendo amore e possesso, portando alla luce ciò che è subdolamente nascosto.
Solo allora, forse, non sarà più necessario ricordare con un paio di scarpe rosse il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne.
TITOLO : Questo non è amore
EDITORE : Marsilio
PAGG: 270, EURO 9,99 (Ebook) – 16,50 (cartaceo)