È il 1971 quando Bernard Malamud, scrittore americano, figlio di due ebrei russi immigrati negli Stati Uniti, pubblica “Gli inquilini”, romanzo difficile e inquietante metafora della nuova società.
È sempre interessante, a tanti anni di distanza e con lo sguardo distaccato di chi ormai considera Storia quel periodo,leggere o rileggere le pagine nelle quali si raccontava in presa diretta ciò che stava succedendo, o piuttosto ciò che non riusciva a concretizzarsi, in un mondo che era stato appena ribaltato nei suoi presunti fondamentali.
Bernard Malamud, classe 1914, si faceva portavoce della difficoltà dello scrivere, a volte dell’impossibilità del farlo, a causa dei profondi cambiamenti in atto, che imponevano agli uomini di cultura una presa di posizione netta nei confronti della realtà, non così rosea come sembravano aver prospettato gli ultimi anni del precedente decennio.
UN PALAZZO IN ABBANDONO COME METAFORA DELLA SOCIETA’ DI BERTRAND MALAMUD
Lo scrittore, arrivato al successo lentamente, ha costruito con “Gli inquilini”, “ un libro da odiare o da amare, una lettura da cui si esce arrabbiati, combattuti- e vivi” (A. Hemon) una storia che si snoda in un unico anomalo contesto, un palazzo che sta per essere abbattuto, il cui proprietario non riesce a scacciare dal suo appartamento l’ultimo inquilino rimasto, la scrittore ebreo Lesser.
Impegnato da dieci anni nella stesura del romanzo che considera il suo capolavoro, Lesser vuole portarlo a termine nel luogo dove lo ha concepito e generato, ritenendo di non poter fare altrimenti: per questo, dunque, ingaggia una guerra di resistenza col proprietario, in nome di un’ispirazione e di un diritto alla letteratura che non possono essere sottovalutati.
In questa abitazione diroccata e infestata da sgraditi inquilini come i topi Bertrand Malamud identifica la società allo sfacelo di quegli anni, in cui solo alla scrittura, al suo potere salvifico, era rimasto, a suo giudizio, il compito di resistere al disfacimento.
Quando poi nel palazzo compare dal nulla Spearmint, ambizioso afroamericano deciso anch’egli a diventare uno scrittore, il simbolismo dell’autore assume il colore della denuncia di una società classista, che mette al margine le minoranze ignorando, forse, il ruolo determinante che spetta a queste ultime.
La collaborazione tra i due protagonisti nella loro battaglia contro le avversità quotidiane è però solo apparente e di breve durata, pronta a crollare a causa della rivalità come scrittori e come amanti della medesima donna, Irene.
Entrambi cercano di distruggere l’altro nel suo affetto più caro, la scrittura, distruggono gli oggetti feticcio come le pagine già scritte e la macchina da scrivere, in un crescendo di rabbia e vendetta che si chiude in un finale irrisolto, aperto, per quanto drammatico.
Il vecchio palazzo è ancora in piedi, il suo proprietario è malato e non riuscirà forse a realizzare il suo progetto, a vedere il nuovo che sostituisce il vecchio, la scrittura ha fallito, nessuno dei due romanzi in fieri è stato completato, gli scrittori sono annullati come tali e come persone.
LO SPARTIACQUE DI BERTRAND MALAMUD
“Gli inquilini” è stato definito, sin dal suo primo apparire, un romanzo spartiacque, capace di far prendere coscienza di come la realtà letteraria (e non solo quella) fosse mutata, di come gli scrittori americani dovessero fare i conti con un nuovo mondo e nuove prospettive.
Il minimalismo, già presente in queste pagine, con pochi protagonisti che si muovono in un unico angosciante contesto alla ricerca di una e di una sola soluzione, la scrittura definitiva, stava per dilagare, riportando il romanzo ad un contatto stretto con la banalità quotidiana, fuori dal respiro epico di certa precedente produzione.
Malamud, innamorato delle storie, compagne da sempre dell’uomo e del suo narrare, sostiene la necessità, solo apparentemente ovvia, di continuare a raccontare per dare un futuro alle generazioni appena sbocciate, garantire loro la salvezza dal mistero che può uccidere.
Il ruolo dello scrittore, riconosciutogli in vita con l’attribuzione di numerosi premi, tra cui il Pulitzer, è ancora considerato fondamentale da chiunque sia interessato alla evoluzione della narrativa americana del ventesimo secolo, per gli affreschi di vita contenuti nelle sue pagine, nei suoi dialoghi, nei suoi complessi personaggi.
TITOLO : Gli inquilini
EDITORE : minimum fax
PAGG. 200, EURO 10,00