Evirato. La parola, che ferocemente richiama lo spettro di barbare pratiche evidentemente tutt’altro che dimenticate, mi rimbomba nella testa. Evirato, mutilato, umiliato, torturato. Ucciso. Non riesco a dormire. Non riesco a non pensare che Hamza al Khatib non aveva ancora 14 anni, l’età di mio figlio, quando fu rapito durante una manifestazione per chiedere la fine dell’assedio della città di Dar’a da parte dell’esercito siriano. Era il 29 aprile del 2011. Un mese dopo il suo corpo fu riconsegnato alla famiglia: gli hanno rotto le ossa, lo hanno torturato con l’elettroshock, lo hanno evirato e infine gli hanno sparato.
Hamza è solo uno dei tanti, troppi, giovanissimi uccisi dal regime di Bashar al-Assad di cui racconta Shady Hamadi nel suo ultimo libro La felicità araba (Add editore), un libro duro, per certi versi violento: Hamadi è tagliente, sa farti provare la paura, il dolore, le urla, lo strazio delle carni. Una storia sconvolgente, impossibile da leggere la sera prima di andare a letto, accoccolati nei nostri letti accoglienti, magari con la tv accesa, che trasmette Amici in sottofondo, lontani dall’orrore di un Paese in preda alla guerra civile. Non lo nascondo. Ho sentito lo stomaco stretto in una morsa e il cervello implorarmi di lasciar perdere, di chiudere il libro e tornare ai miei guai quotidiani che poi sono i guai di tutti: il lavoro che manca, i soldi che non ci sono, i figli senza un futuro, l’Europa sempre più vecchia e allo sbando.
Shady Hamadi mi ha ferito, ha turbato la mia coscienza allo stesso modo di tante altre orribili vicende della storia contemporanea: le camere a gas, le foibe, il Cile, l’Argentina, il Ruanda. Ancora. Di nuovo. Mio Dio, fino a quando? L’umanità sconfitta dal dolore si rifugia infilando la testa sotto la sabbia. Mi sono detta “non preoccuparti, poi passa”.
La tua coscienza ferita guarirà in fretta, basta non pensarci, anzi basta pensare che queste sono cose che accadono a migliaia di chilometri, lontano dalla tua vita, dalla tua famiglia. Pensa che i tuoi figli sono al sicuro, e ringrazia il cielo perché a loro non succederà mai quello che sta accadendo ai bambini siriani. Sì, c’è la crisi, ma ci sono ancora abbastanza risorse per non soffrire la fame, per andare a scuola, per diventare grandi, per essere felici. Del resto neppure i giornali ne parlano, neppure la comunità internazionale sembra interessarsi alla causa siriana. Chi sono io per preoccuparmi? Bisognerebbe chiedere i danni a Shady Hamadi che con la sfrontatezza dei suoi 25 anni ci racconta quello che non vogliamo sapere.
Dunque: posso dormire tranquilla. Ma non appena chiudo gli occhi sento l’indignazione salire e mescolarsi al senso di colpa, alla vergogna per il nostro tradimento verso quelle madri, quei bambini verso quel popolo massacrato senza che nessuno alzi un dito.
No. Non voglio dormire. Voglio essere presente accanto a chi lotta per i diritti umani per questo ilfont darà voce a tutte quelle associazioni che lavorano per portare aiuti a chi soffre. Essere accanto ai più deboli come stile di vita.
www.addeditore.it
http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/shamadi
Immagine copertina di Ahmed akacha https://www.pexels.com/it-it/foto/natura-cielo-donna-nuvoloso-6643386/