Abituato da sempre a scrivere sceneggiature per i suoi film con Aldo e Giovanni, Giacomo Poretti si è cimentato nella scrittura narrativa: un romanzo edito da Mondadori, in cui racconta vicende autobiografiche, tanto che ha voluto intitolarlo “Alto come un vaso di gerani”, con uno scherzoso riferimento alla sua altezza. Proviamo a pensare cosa può significare per una persona sentirsi per tutta la vita il 33,33 per cento di qualcosa e mai il 100 per cento. Questo è quanto succede quotidianamente a Giacomo Poretti, da quando la sua vita artistica (e non sempre solo quella) è diventata un tutt’uno con quella di Aldo e di Giovanni.

E allora arriva il momento in cui viene voglia di cambiare per un po’, di costruire una nicchia all’interno della quale separare non la vita, non l’amicizia, non il lavoro. La scrittura.
Giacomo Poretti, all’anagrafe Giacomino perché all’atto del battesimo il parroco intuì il suo futuro non da gigante e impose il diminutivo, dopo mesi trascorsi a produrre a sei mani sceneggiature di film ha dato vita ad una sua creatura, importante perché è un omaggio al figlio nato da poco, in cui racconta per lui, per il suo Emanuele, storie di vita vissuta così lontane dall’oggi da sembrare delle favole.
L’intento è autobiografico e serioso, ma come si fa a non essere ironici se hai la comicità che ti scorre nelle vene col sangue?
Quando racconta del suo lavoro di scrittore non riesce ad evitare di imbastire gag improvvisate, relative spesso alla sua altezza, pari a quella, come lui dice, di un vaso di gerani.
Confessa che le battute sul palcoscenico sono spesso scritte da altri autori, ma quasi ne dubiti, ascoltandolo quando racconta dei suoi amici di altezza irraggiungibile una volta arrivati a 18 anni, delle sue avventure lavorative come operaio o come infermiere ospedaliero, dell’amore per il teatro nato all’oratorio interpretando in prima battuta la parte di un marziano.
Gli piace improvvisare, è lui il primo a divertirsi, ha una sintonia speciale coi giovani e si fa prendere dal racconto della sua infanzia, di quando temette di essere abbandonato dai genitori in colonia o di quando i genitori, semplici operai, in quinta elementare gli regalarono un’edizione della Divina Commedia pagabile in 24 rate mensili.

Questo è il suo libro, lo specchio di un’infanzia che a suo figlio Emanuele sembrerà impossibile che sia stata vissuta realmente e che Giacomo Poretti vuole invece conservare come un tesoro.
Il suo libro intenerisce tutti noi che apparteniamo alla sua generazione e siamo cresciuti (tanto o poco) insieme a lui.
In fondo è un regalo che fa anche a noi e ai nostri ricordi nei cassetti, con la leggerezza di chi ha capito che la comicità è quell’attimo di accordo perfetto tra attore (o scrittore) e pubblico, in cui si sposano la fantasia e l’eleganza.
Mondadori
pagg.135, euro 9.50