Abbiamo da tempo lasciato alle nostre spalle gli anni Novanta del secolo scorso e ciò ci permette di osservarli con un occhio più disincantato, meno compromesso dalle esperienze personali.
Sono anni che ci hanno insegnato ad abbandonare gli abiti della cicala che avevamo indossato nel decennio precedente per rivestire quelli della formica, che ci hanno consegnato anche la certezza di una malattia che non faceva sconti a nessuno, l’AIDS (e anche i primi timidi tentativi di curarla con successo).
A questo contesto ha fatto riferimento Manuela Caracciolo, astigiana, che scrive per giornali locali e per alcune testate americane come La Voce di New York e America24 (del Gruppo Il Sole 24 Ore), cura la comunicazione di alcune realtà nell’ambito della cultura e dell’enogastronomia ed è autrice di racconti e poesie, nonché di romanzi.
“Tutto ciò che il paradiso permette” è il suo secondo romanzo, vincitore del Premio Zanibelli, che dal 2013 premia le storie dei pazienti e di chi se ne prende cura.
Manuela Caracciolo ha scelto di ritornare indietro nei decenni proprio per raccontare gli esordi della “peste del XX secolo”, una malattia che fu a lungo invalidante anche a livello sociale, perché chi l’aveva purtroppo contratta veniva additato come un untore, un reietto amorale figlio del vizio.
A partire dal 1985 non mancarono le vittime illustri, attori, ballerini e cantanti, perché il mondo dello spettacolo sembrava essere stato travolto più di altri dall’irrefrenabile epidemia.
Nl suo romanzo l’autrice riesce a raccontare la malattia con un taglio inedito, trasformandola non soltanto in una vera protagonista, ma immaginandola come capace di muovere una sorta di attacco bellico all’uomo, pianificato e vincente come una strategia di guerra.
Luci e ombre del mondo dello spettacolo nella pagine di Manuela Caracciolo
Il mondo dello spettacolo, spesso velato di ombre legate a scelte di vita portate all’eccesso, è il mondo quotidiano del protagonista maschile Paul, anima dei Purple River, una band di giovani irlandesi che è stata capace di garantirsi il successo anche negli Stati Uniti, dove ha appena concluso una soddisfacente tournée.
Come ultimo atto, il loro manager Mr. Wallace ha organizzato un concerto a Dublino, per consacrarli anche in patria, prima di concedere loro un tempo di riposo e riflessione: in fondo i quattro ragazzi sono dei ventenni strappati alla quotidianità e scaraventati sotto la luce dei riflettori prima che potessero rendersi conto di ciò che ne sarebbe derivato.
Paul, la vera rockstar, da ben otto anni vive tra alberghi e night club, dorme pochissimo e cerca nell’alcol e in varie sostanze chimiche il supporto alla stanchezza, cercando di dimenticare la periferia da cui proviene e le sue limitazioni.
Alle sue spalle ha lasciato una città e una patria che risentono del conflitto nordirlandese, con la scia di attentati, di ripercussioni e di morti che non sembra avere fine.
I Purple River appaiono ormai lontanissimi da questa realtà, ma non appena rientrano a Dublino essa si ripresenta con la sua onda d’urto e li porta a riconsiderare lo star system di cui ora fanno parte.
E’ Paul che sente di più la pressione, è lui che affronta il concerto con più ansia e timore, una sensazione che è pronta a trasformarsi in panico.
Steve, Tom e Bryan gli hanno riconosciuto il ruolo di leader, anche se proprio con quest’ultimo, il suo migliore amico, i rapporti sono diventati tesi, anche questo uno strascico del successo.
Nel concerto di Dublino la band si gioca il tutto per tutto, per ottenere l’indiscusso supporto dei fan anche in patria: per questo Mr. Wallace si muove come una scheggia impazzita e impone ai ragazzi un ritmo di vita quasi insostenibile per poter ottenere contratti stellari.
Defilato in questo circo mediatico c’è un uomo che vigila sui ragazzi, in particolare su Paul, rimanendo nell’ombra: è Louis, il loro autista, che sa trasformarsi in un punto di appoggio forte al momento del bisogno.
Nella notte fatidica del concerto, quando tutto sembrerà convogliato verso un profondo buco nero, Louis sarà lì per Paul, pronto a mettere a repentaglio tutto, il suo lavoro, il suo stipendio, il suo stesso vivere per aiutare un ragazzo schiacciato da una realtà più grande di lui, una star sul palcoscenico, un essere fragile e indifeso se lontano dal palco.
Paul e Harrie, la logica dei sentimenti e dell’amore
La storia di Paul si intreccia con quella di Harrie, un’adolescente dai capelli rossi e dai profondi occhi blu, ribelle come lo si può essere a diciassette anni, quando si vive di sogni, di favole e di rimpianti, come quello di non aver mai conosciuto la propria madre, allontanatasi da casa senza farvi più ritorno.
Harrietta vive con la zia Emma, che si trova a dover affrontare una ragazzina impegnativa senza avere un’autorità materna per imporsi, nel timore che possa sempre succederle qualcosa di brutto.
A intrecciare in modo del tutto casuale le vite di Harrie e di Paul è Louis, con un biglietto del concerto dei Purple River che avrà conseguenze a cascata sui due giovani.
Diciassette anni e uno spirito libero portano Harrie a compiere scelte per niente meditate, dettate più dalla pancia che dal cuore, più dall’istinto di avventura che da un’infatuazione, ma che le regaleranno la bellezza del primo amore, della prima travolgente passione.
Da Dublino a Nizza, con Paul imparerà a comprendere i sentimenti, a crescere nei suoi sogni, a desiderare di risolvere i suoi dubbi, le sue paure e le sue incertezze: imparerà che oggi è importante, a domani si potrà pensare poi.
A rincorrere i due ragazzi sono naturalmente i giornalisti desiderosi di uno scoop eccezionale, che spieghi perché Paul ha lasciato i suoi tre amici a terminare il concerto, abbandonando il palcoscenico e allontanandosi con il suo autista nel cuore della notte, portando con sé una ragazzina sconosciuta.
Il gossip si nutre di questo, fagocita gli individui nell’ottica del successo di vendita e a questa regola non si sottrae neppure Cordelia, giornalista d’assalto nel mondo musicale di cui conosce le mille sfumature.
Eppure è anche lei meno cinica di quanto può apparire, meno gelida e distaccata di come si mostra in pubblico, perché anche Cordelia porta con sé da molti anni un segreto che le pesa come un macigno e che la vicenda di Paul ed Harrie la indurrà a riprendere in considerazione una volta per tutte.
La vera vittoria, però, non è quella di tutti questi protagonisti: Manuela Caracciolo sa bene che la vita gioca una partita sporca, che il bluff è sempre in agguato, che la posta in gioco non è mai abbastanza alta per arrendersi.
La vera vittoria è quella della malattia.
Protagonista sin dal Prologo è una piccola cellula, più piccola di un granello di sabbia ma con un cuore pulsante e velenoso: ad essa il compito di colonizzare il corpo in cui si è insediata, di moltiplicarsi, di dar vita ad un esercito che combatterà le difese immunitarie, i globuli bianchi e lentamente si moltiplicherà, affrontando e vincendo tutte le sfide che vengono dall’esterno.
Si farà predatore capace di successi insperati e trionferà infine di un trionfo inutile, che la condurrà all’annientamento, ma avrà distrutto una giovane vita senza lasciarle scampo.
Manuela Caracciolo ha saputo costruire pagine toccanti immaginando il cammino di una malattia di cui assume il punto di vista, come se davvero potesse averne uno: la vittoria finale non è purtroppo inaspettata, perché negli anni Novanta a vincere erano quasi sempre le piccole cellule, più piccole di un granello di sabbia.
Un’ultima riflessione sul romanzo: ogni capitolo è introdotto dal titolo di una canzone col suo interprete, cosicchè si crea una playlist di trentotto brani che rappresentano un’ulteriore chiave di lettura, un modo per trasferire alla musica il potere della parola.
TITOLO : Tutto ciò che il paradiso permette
EDITORE : Cairo
PAGG: 208
EURO : 15,00 (disponibile versione eBook euro 6,99)