Maurizio De Giovanni, cala il sipario sul commissario Luigi Alfredo Ricciardi, barone di Malomonte
Ogni rappresentazione teatrale che si rispetti, come presupponeva più di duemila anni fa Aristotele nella sua “Poetica”, si fonda sul principio dell’imitazione della vita e sulla necessità di portare l’azione verso uno spasimo ultimo prima di scioglierla nel finale, lieto o tragico che sia.
Lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni ha costruito, con la serie dei romanzi incentrati sulla figura del commissario Ricciardi, un grande affresco teatrale sostenuto da sempre nuovi casi da risolvere, prima di arrivare al finale, sostenuto da un imprevedibile coup de théatre.
Gli elementi in gioco ci sono tutti, disseminati in quattordici anni di romanzi e racconti (tanto è durata la serie per volontà dello scrittore), dalla maledizione degli avi alla catarsi finale, dall’acme allo scioglimento del nodo narrativo, prima che il sipario cali su un personaggio tanto anomalo quanto amato dai lettori.
La conclusione della vicenda individuale e corale di Ricciardi è giunta da poche settimane, col romanzo “Il pianto dell’alba. Ultima ombra per il commissario Ricciardi”, un congedo che Maurizio De Giovanni considera definitivo, con l’uscita di scena di Ricciardi proprio nel momento in cui sembrava che gli avesse dato una chance in più per trasformare la sua esistenza.
Con Ricciardi scorre via tutto il dolore del mondo, come lui stesso definisce la vita che quotidianamente deve affrontare come uomo e come commissario, due ruoli che il destino ha incrociato per lui attraverso la beffarda maledizione chiamata “Il Fatto”, che gli permette di vedere gli ultimi istanti di vita di vittime di morte violenta, accompagnati dalle ultime parole da esse pronunciate.
E’ così che ha conosciuto il brigadiere Raffaele Maione, giungendo sul luogo dove era stato ucciso suo figlio, anch’egli nell’Arma, legandosi a quest’uomo che vuole proteggerlo in ogni occasione con fare paternalistico, come se fosse un altro dei suoi figli.
Nessuno ha saputo mai del Fatto, è un segreto che dilania Ricciardi sin da quando era bambino e che egli sente come un’eredità della madre, morta giovane dopo aver manifestato segni di evidente pazzia.
Per questo ha scelto di vivere da solo, con la sua vecchia balia Rosa prima e, alla morte di quest’ultima, con la di lei nipote Nelide.
Maurizio De Giovanni ha connotato Ricciardi mediante i registri della tristezza e della malinconia, che lo rendono inconsapevolmente affascinante agli occhi delle donne, in particolar modo della ricca vedova Lidia e della giovane e modesta Enrica, sua dirimpettaia da lui amata nel segreto delle sue stanze prima di riuscire a dichiarare il suo profondo sentimento.
Era il 1931 quando Ricciardi si era trovato a dover risolvere il suo primo caso come commissario in forza alla Squadra Mobile della Regia Questura di Napoli, relativo all’omicidio di un famoso tenore, Arnaldo Vezzi, marito di Livia.
E’ il 1934 quando le luci dell’alba colpiscono per l’ultima volta gli impenetrabili occhi verdi del commissario, prima del suo congedo dai lettori.
Maurizio De Giovanni, l’ultima indagine del commissario Ricciardi
E’ un luglio caldo e afoso quello del 1934 a Napoli, un mese in cui si concentreranno per l’ultima volta gli sforzi corali di Ricciardi, Maione e Bruno Modo, il ribelle medico legale che da sempre è incaricato di valutare le vittime con un esame autoptico.
Ma poiché Maurizio De Giovanni non si limita mai alla percezione comune dei fatti, ma scova in ogni romanzo un protagonista straniato, che accentua le caratteristiche del dramma, nella calda estate 1934 è il vento ad avere un suo spazio d’azione, che sia libeccio, maestrale o vento di ponente, su cui l’autore scrive pagine di narrazione che si fa poesia.
Con uno scarto temporale di un anno rispetto alla conclusione della vicenda precedente, Ricciardi ci si presenta sposato con Enrica, alla quale è finalmente riuscito a raccontare tutto di sé e della sua maledizione ottenendo comunque il suo consenso al matrimonio, e quasi padre, di colui o colei che sarà l’erede del titolo e delle ricchezze dei Malomonte.
Nel luglio del 1933 il matrimonio era stato benedetto da un altro amico di Ricciardi, Don Pierino, prima che gli sposi trascorressero la luna di miele nel vecchio castello dei baroni di Malomonte.
Un anno quasi esatto prima che il Caso rimettesse in gioco le certezze di Ricciardi, la sua serenità conquistata a fatica, la dolcezza del nuovo sentimento dell’amore sostituitosi almeno in parte a quello del dolore.
Una vittima illustre lo attende: è Manfred von Brauchitsch, un maggiore della cavalleria tedesca con funzione di addetto culturale presso il consolato a Napoli, entrato nella vita del commissario quando, dopo aver conosciuto casualmente Enrica, aveva chiaramente manifestato la sua volontà di sposarla.
Ucciso con un colpo di pistola alla tempia sinistra, viene rinvenuto nel letto di Livia, viva ma sotto l’effetto di alcol o farmaci, con una piccola pistola da borsetta stretta in pugno.
Che cosa è successo realmente la sera del 30 giugno 1934?
Com’è possibile che i destini si siano incrociati in modo così beffardo portando i due mancati amanti di Luigi Alfredo e di Enrica nello stesso letto col ruolo di vittima e assassina?
L’acume di Ricciardi, sostenuto da Maione e da Modo, gli palesa immediatamente che di casuale in quella situazione non c’è assolutamente nulla e che il contesto politico, che ha generato un clima sempre più incandescente, è con ogni probabilità il serbatoio a cui attingere informazioni per identificare le cause dell’omicidio.
Non si sbaglia, Luigi Alfredo Ricciardi: gli è ben chiaro da subito, poiché intorno a questa morte ruotano sconosciuti personaggi venuti da Roma, perché il corpo del maggiore non arriva nella sala autopsie del dottor Modo, perché Livia sembra essere sparita nel nulla, senza lasciare traccia di sé.
Iniezioni di luce laser per un viso più giovane
Secondo un’indagine dell’Associazione italiana di chirurgia plastica estetica, nel 2014 sono stati eseguiti oltre un milione…L’Italia fascista è lo sfondo accurato e drammatico scelto da Maurizio De Giovanni
Iniezioni di luce laser per un viso più giovane
Questa volta il percorso verso la verità presenta ostacoli e pericoli inconsueti, incarnati da uomini ambigui come Garzo e Falco, capaci di qualsiasi meschinità per raggiungere i loro obiettivi, che hanno a che fare con il compiacimento del regime e uno sfrenato desiderio di affermazione e carriera personale.
Maurizio De Giovanni ci ricorda che quelli furono anni terribili, in cui il fascismo si andava affermando con prepotenza e con ogni mezzo a sua disposizione, in cui i rapporti con la Germania non includevano un conflitto imminente, in cui chi non si allineava, come Bruno Modo, e si dichiarava apertamente antifascista correva gravissimi pericoli.
Ricciardi, Modo e Maione sono soli nella loro personalissima indagine, che trascina con sé altro dolore: il commissario sa che Manfred ha mantenuto un posto speciale nel cuore di Enrica, che a sua volta conosce bene la passione di Livia per suo marito e la profonda amicizia che quest’ultimo nutre per l’improbabile assassina.
Scivolando silenziosamente tra i bassi napoletani e i palazzi che trasudano opulenza come quello della duchessa Maria Giulia Previti di San Vito, ricorrendo alle indagini occulte del femminiello Bambinella e di Bianca Borgati dei marchesi di Zisa, contessa Palmieri di Roccaspina, i tre uomini impegnati clandestinamente nella ricerca ricompongono il quadro generale per poi arrivare alla spiegazione dei singoli dettagli.
Da Roma non devono sapere nulla di tutto ciò, le indagini ufficiali sono state altre e appaiono forzatamente concluse, i sentimenti di amicizia e di fedeltà sono l’unica giustificazione per non abbandonarsi alla realtà imposta.
E’ l’ultima indagine per Ricciardi, per lui Maurizio De Giovanni ha tenuto in serbo l’ultima ombra, l’ultimo fantasma legato alla sua maledizione.
Come abbiamo detto, è un colpo di scena che l’autore ha scelto per congedarsi da noi insieme al suo amatissimo commissario Ricciardi, all’alba di un nuovo giorno che porta con sé un futuro di dubbi e paure.
Ci stacchiamo da lui con un senso di struggente commozione, facciamo nostri i suoi pensieri perché abbiamo condiviso con lui un lungo cammino, che ci ha resi quasi amici: l’ultima parola spetta all’autore, certamente, ma a noi lettori è concessa una speranza, quella che prima o poi Luigi Alfredo possa tornare ancora una volta a dividere con noi le sue giornate.
TITOLO : Il pianto dell’alba. Ultima ombra per il commissario Ricciardi
EDITORE : Einaudi
PAGG. 268, EURO 19,00 (versione eBook 10,99)