Shari Lapena, avvocato e insegnante canadese, si è dedicata alla scrittura narrativa con passione, tanto da essere considerata non solo nel suo paese, ma a livello internazionale, una donna di successo, un caso editoriale, in sostanza una nuova stella nel firmamento letterario.
Venduto in ventiquattro paesi del mondo, il suo romanzo “La coppia della porta accanto” è stato celebrato come un esempio assai esplicativo di un nuovo genere, il domestic thriller, basato su una vicenda torbida che si sviluppa all’interno delle mura domestiche.
Di fronte ad una accoglienza così entusiastica, viene da porsi una prima, iniziale e sostanziale domanda: avevamo davvero bisogno di questo novello sottogenere del thriller? Non ci è sufficiente pescare quotidianamente nel torbido ogni volta che ci apprestiamo a leggere un quotidiano o ad ascoltare un notiziario? Che cosa spinge i lettori ad andare sempre oltre, a ricercare sensazioni più forti di quelle precedentemente vissute mettendo in crisi tutti i micro o macro sistemi in cui ci si trova a vivere quotidianamente?
Difficile trovare una risposta soddisfacente, reperibile forse nelle parole di uno psicanalista o di un sociologo, ma resta comunque il fatto che storie come quella ideata da Shari Lapena colgono nel segno, accattivandosi una larga fetta di lettori sostenuti da una critica non sempre oggettiva e troppo spesso compiacente.
Un torbido intreccio di relazioni regge il romanzo di Shari Lapena
Tutto ha inizio una serata d’estate, quando la coppia formata da Anne e Marco Conti, genitori da pochi mesi della piccola Cora, vengono invitati dai loro vicini di casa, Cynthia e Graham, ad una cena per festeggiare il compleanno di quest’ultimo.
E’ obbligo presentarsi senza figlia, la spregiudicata Cynthia non ama i pargoli, tanto da non averne voluti di suoi, preferendo al ruolo di madre quello di donna fatale.
I Conti acconsentono, le abitazioni dove risiedono sono confinanti, parte integrante di una serie di edifici a schiera, potrà bastare monitorare la piccola, lasciata a dormire nella sua culla, con un baby monitor e controllare personalmente ogni mezz’ora il suo sonno.
La cena si rivela per Anne un disastro, dal momento in cui la sua (perfida) vicina non fa altro che flirtare con Marco sotto gli occhi apparentemente indifferenti del proprio coniuge.
Ma il peggio arriverà nel momento in cui i Conti torneranno a casa e troveranno una culla vuota: la loro bambina è sparita, portata via nell’arco di un’ora nel cuore della notte.
Si chiama la polizia, si conosce il detective Rasbach a cui è stata affidata l’indagine e ha inizio la discesa agli Inferi, un percorso che porterà i protagonisti tutti a confrontarsi con se stessi, con le persone a loro più vicine, con estranei che tali poi non sono e con il dolore più penetrante che esista, quello che si prova all’idea di non poter rivedere più il proprio figlio.
Da questo incipit costruito su un cliché tipico del genere, un rapimento in culla, prende le mosse la storia che non riesce a staccarsi da una serie di stereotipi così banali da risultare imbarazzanti.
Anne, la mamma della piccola rapita, è una giovane donna affetta da depressione post partum, appesantita da una decina di chili di cui non riesce a liberarsi e dunque afflitta da un complesso di inferiorità nei riguardi del marito, naturalmente giovane , bello ed affascinante.
Per lui Shari Lapena non si è risparmiata, presentandocelo come malvisto dai suoceri, estremamente ricchi, che mai lo avrebbero voluto in famiglia e lo considerano del tutto inadatto alla propria figlia.
Giovane, bello, affascinante ed emarginato: l’autrice non gli ha davvero fatto mancare nulla, in relazione agli stereotipi narrativi.
E’ facile dunque immaginare come sia diventato oggetto di interesse per la sua procace vicina di casa, Cynthia, la quale non esita a dimostrare il suo interesse per lui a scapito del coniuge con comportamenti che la serie delle” 50 sfumature” vuole indurci a credere che siano socialmente ed eticamente corretti, o se non altro consueti.
All’interno di queste dinamiche di coppia la vicenda procede proponendosi come un thriller basato sulla suspence, di cui Shari Lapena non domina sapientemente i meccanismi, tanto da cadere nella prevedibilità, salvo poi cercare di porvi rimedio con qualche colpo di scena finale.
Una trama imperfetta sostiene il narrare di Shari Lapena
Ai dubbi sul successo di questo romanzo generati dalla labile consistenza della trama, si aggiunge ancora un motivo di perplessità, legato allo stile della scrittrice.
Il narrare procede spezzettato, manca uno sviluppo di ampio respiro costruito su una sintassi fluida ma corposa; la sovrabbondanza di frasi minime anziché contribuire a rendere sincopato ed accattivante il procedere del racconto lo abbassa ad un livello troppo elementare, in molti passaggi addirittura fastidioso.
Shari Lapena ci dà a volte l’impressione di aver voluto dare un taglio di cronaca al suo racconto, gestito tutto al tempo presente con il risultato di apparire poco coinvolgente, nonostante l’evidente tentativo di dare spazio anche all’approfondimento psicologico, all’analisi del torbido che regna in qualsiasi famiglia al di sotto della superficie.
Insomma, da un domestic thriller ci aspettiamo qualcosa di più e di meglio, da lettori esigenti e forse un po’ selettivi rifiutiamo di celebrare un romanzo così prevedibile in numerose sue sfaccettature e chiediamo ad un autore di saperci sorprendere e stupire, non necessariamente con finali ad effetto, ma sicuramente con un’abilità narrativa superiore a quella dimostrata dalla scrittrice canadese.
TITOLO : La coppia della porta accanto
EDITORE : Mondadori
PAGG. 288, EURO 19,00