La professoressa Margherita Oggero è tornata : da brava insegnante piemontese, caparbia e indifferente al tempo che passa, all’otium letterario preferisce la scrittura creativa, che continua a regalarle il sostegno giustificato dei suoi lettori.
Chi pensò che la sua creatura iniziale, la professoressa Baudino, fosse destinata a reggere il tempo di una meteora, portando con sé nell’oblio la signora Oggero, commise errore madornale, perché dal 2002 ad oggi, oltre alle avventure della dinamica Camilla Baudino e del commissario Gaetano Berardi, sono scaturite dalla sua scrittura numerose altre figure, che hanno in comune soprattutto la collocazione geografica.
Margherita Oggero è torinese e come tale ama la sua città di amore sincero e schivo, ne conosce le positività e le contraddizioni, le bellezze architettoniche capaci di togliere il fiato (come le grandi piazze del centro, piazza San Carlo e piazza Vittorio Veneto ), ma anche gli angoli più remoti e sconosciuti ai turisti frettolosi.
Il suo ultimo romanzo, “Non fa niente”, non fa eccezione alla regola e quando è il momento accompagna i protagonisti, Esther e Riccardo, a vivere in un elegante appartamento del centro.
E’ il caso che ha consentito loro di conoscersi, ma sarà un amore molto forte, per quanto alimentatosi in forme differenti, a tenerli legati per una vita intera.
Esther e Riccardo, una storia nella Storia nel romanzo di Margherita Oggero
Un anno, il 1933, e una affermazione, nicevò, sono la chiave di lettura della storia: il primo si riferisce alla consacrazione del nazismo con la conseguente caccia agli ebrei, la seconda, che significa “non fa niente”, viene più volte ripetuta con malcelata rassegnazione dalla famiglia ebraica di Esther.
Nata e vissuta nella Germania che covava l’odio razzista anche come giustificazione alla sconfitta subita nel primo conflitto mondiale e alla crisi che ne era derivata, Esther vive l’adolescenza con il padre, poiché la madre li ha lasciati per seguire l’uomo che ama.
La dorata inconsapevolezza della giovane, così come il suo amore inebriante e corrisposto per Manfred, promettente rampollo di razza ariana, subiscono un crollo quando il padre decide un rapido trasferimento in Svizzera per mettersi al sicuro.
La Storia ci ha rammentato proprio in questi giorni cosa successe a chi non riuscì o non volle lasciare il suo paese, ritenendosi non colpevole per la propria razza o religione.
Nel romanzo di Margherita Oggero gli avvenimenti reali scandiscono i fatti privati con la precisione di un pendolo, trasformando la vicenda di un padre e di una figlia nell’emblema di un intero popolo, mentre le storie di vita si intrecciano.
Esther rimane presto sola, sino a quando l’ingegnere italiano Riccardo Olivero raggiunge Zurigo per lavoro, nel maggio del 1937, e si reca ad ascoltare una conferenza di Jung, tanto per impegnare produttivamente il suo tempo libero: in quell’occasione vede per la prima volta Esther e ne rimane ammaliato, tanto da volerla conoscere e, dopo molte traversie, sposare.
Trasferitasi in Piemonte, Esther ha due crucci: riuscire a superare l’ostilità feroce della suocera e dare al marito il figlio che tanto desidera. Nè l’una né l’altra cosa le saranno possibili.
Con la coppia vive stabilmente la giovane Rosanna, facente funzione di domestica ma destinata ad avere un ruolo chiave nella storia dei coniugi Olivero.
“E maschio fu. Andrea.”: con queste parole Margherita Oggero apre il suo romanzo, lasciandoci intendere come questo bambino sia il perno su cui si reggono le relazioni umane che legano i vari protagonisti.
La sua nascita, frutto di una richiesta inimmaginabile e di un’azione di risposta dettata da amore e generosità, rende ancora più forte il legame tra Riccardo ed Esther, la quale sembra aver elaborato il lutto per la morte del padre avvenuta mentre cercava di salvare sua sorella rimasta in Germania e mai resa ufficialmente nota.
La vita ha messo duramente alla prova Esther, che col tempo ha imparato ad amare profondamente Riccardo, sempre molto impegnato sul lavoro dopo essere rimasto orfano di padre e averne ricevuto l’eredità lavorativa.
La vita scorre allo stesso modo per tutti, toccando nel profondo chi si trova a vivere dolori privati associati a quelli pubblici, determinati da una guerra e un dopoguerra prima e da una stagione di piombo poi, in particolar modo violenta nella città degli operai e dei padroni, Torino.
Troppe volte occorre dire o pensare nicevò, cercando di illudere se stessi e chi sta intorno che nulla di ciò che è successo sia davvero così grave; non fa niente, si va avanti con la medesima determinazione.
Margherita Oggero intesse una trama come una delicata trina
Nata immediatamente dopo la Grande Guerra, la trama narrativa di Margherita Oggero si dipana leggerissima sino alla fine degli anni Ottanta, per concludersi nel 1990 proprio là dove era iniziata per Esther, a Berlino: a lei la scrittrice delega il compito di fare pace con la Storia, col popolo tedesco, con la sua città d’elezione e soprattutto con se stessa, azione solo in parte riuscita, com’è giusto che sia.
Nel frattempo chi c’era non c’è più, Riccardo ha lasciato Esther vedova, ma al suo fianco, come se ci fosse stata una promessa firmata col sangue, c’è e c’è sempre stata Rosanna, da molti anni indipendente ma amica dal profondo con Esther.
E’ passato molto tempo da quando ha lasciato la casa degli Olivero per costruirsi una sua vita, attraversando successi nel lavoro e delusioni nell’amore, ma mai si è separata da Esther e da Andrea, ormai adulto, nonostante nulla le impedisse di farlo.
Il romanzo è in fondo una lunga storia d’amore, elevato a sistema di vita, dove chi dona riceve in cambio senza nulla esigere, dove chi ha fatto una scelta non l’ha mai rinnegata, dove i legami del cuore sono incredibilmente più forti di quelli di sangue.
Margherita Oggero dipana questa matassa come fosse un filo di seta: abilissima nella gestione del tempo narrativo, ci porta continuamente dal presente al passato, dalla Germania al Piemonte, dalla Svizzera a Torino: in questo frenetico succedersi di brevi capitoli si sviluppa la sua scrittura, lenta e precisa, attenta ad ogni particolare e alle più leggere sfumature dell’anima.
Non fa niente se la vita ti punisce, perché a compenso di permette una gioia imprevista, non fa niente se tu non puoi essere ciò che avresti desiderato, perché c’è qualcuno che con un gesto d’amore lo farà per te, non fa niente se qualcuno non ti ama, perché chi lo fa moltiplica all’infinito il suo sentimento.
Nicevò. Non fa niente.
TITOLO : Non fa niente
EDITORE : Einaudi
PAGG. 245, EURO 19,00