Fotoferesi extracorporea: la terapia salvavita non rimborsata dal SSN
La Fotoferesi extracorporea è una terapia inserita trai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ma la sua tariffazione non è mai stata definita.
Infatti, pur essendo ritenuta “essenziale”, non è rimborsata dal Sistema Sanitario Nazionale.
Anche se, in molti casi, è un salvavita, non sostituibile con altre terapie.
È efficace nel trattamento di condizioni cliniche particolarmente complesse, come:
- la prevenzione del rigetto d’organo dopo un trapianto di cuore o di polmone
- la malattia del trapianto contro l’ospite (GvHD), che può verificarsi in seguito al trapianto di cellule staminali o di midollo osseo
- il linfoma cutaneo a cellule T.
Cos’è la fotoferesi extracorporea
La Fotoferesi extracorporea (ECP) è una terapia immonomodulatoria che consiste nella raccolta dei globuli bianchi del paziente, poi sottoposti a una terapia attivata dai raggi UVA prima di essere rinfusi.
Infatti, consiste nel trattamento del sangue del paziente che passa attraverso una speciale macchina e poi viene reinfuso.
Nella macchina il sangue è esposto a una speciale luce ultravioletta e riceve un farmaco foto sensibilizzante capace di rendere le cellule ematiche più sensibili all’azione dei raggi UV.
L’ipotesi è che in questo modo le cellule responsabili della risposta immunitaria subiscano modifiche tali da renderle tolleranti per esempio nei confronti dell’organo trapiantato.
Questa tecnica immunomodulatoria quindi, consiste nel prelevare i linfociti, che dopo essere stati esposti a un composto fotoattivo e alla luce ultravioletta, vengono reinfusi in circolo.
Questo trattamento sembra avere un effetto immunosoppressivo efficace e ben tollerato, che può essere utilizzato nella prevenzione del rigetto dei trapianti, nel trattamento dei linfomi cutanei e nell’eczema atopico intrattabile.
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“La Fotoferesi Extracorporea ha dimostrato di poter fare la differenza nel mitigare gli effetti della GvHD e contribuire a migliorare la qualità di vita delle persone”, dice Felice Bombaci, Responsabile nazionale Gruppo AIL Pazienti.
“Come rappresentante dei pazienti onco-ematologici, ritengo che la ECP debba essere resa disponibile a tutti i pazienti che ne possono beneficiare eliminando le disparità di accesso a cui oggi assistiamo sul territorio nazionale”.
“La malattia del trapianto verso l’ospite (GvHD), rappresenta la maggior causa di morbidità correlata al trapianto di cellule staminali da donatore”, spiega Fabio Ciceri, Primario Unità di Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo e Oncoematologia, IRCCS Ospedale San Raffaele Milano e Presidente GITMO.
“Il perfezionamento delle cure della GvHD rappresenta l’attuale sfida maggiore nel massimizzare il potenziale curativo del trapianto”.
“Il trapianto polmonare è il più delicato dei trapianti di organi solidi salvavita.
In Italia si eseguono circa 150 trapianti di polmone ogni anno “,dice Mario Nosotti, Direttore Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone, Policlinico Milano.
“Essendo un organo estremamente “immunogenetico” circa il 30% dei pazienti ogni anno va incontro al rigetto cronico.
La Fotoferesi Extracorporea è l’unica speranza di vita per pazienti trapiantati di polmone con rigetto cronico se si esclude il re-trapianto, una pratica ancor più complessa e non sempre utilizzabile”.
“La Fotoferesi Extracorporea rappresenta il trattamento di prima linea, da solo o eventualmente in associazione ad altri presidi terapeutici, per pazienti con linfoma cutaneo eritrodermico e con cellule in circolo (sindrome di Sezary)”, dice Pietro Quaglino, Professore Associato di Dermatologia Clinica, Dipartimento Scienze Mediche, Università di Torino.
“In questi pazienti il trattamento può indurre risposte in più del 50% dei casi, senza indurre immunodepressione.
Inoltre, le risposte spesso sono di lunga durata e il profilo di safety è estremamente favorevole”.
Fotoferesi extracorporea: l’impegno delle istituzioni
Per accendere i riflettori su questa situazione, esperti del settore e rappresentanti istituzionali si sono riuniti alla camera dei Deputati, durante l’evento “La Fotoferesi extracorporea: dall’inserimento nei LEA all’effettivo accesso dei pazienti alle terapie”.
L’iniziativa ha visto il coinvolgimento di un board di esperti del Centro Nazionale Sangue, della Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare (SidEM), della SDA Bocconi School of Management e il supporto dell’Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma (AIL).
“L’articolo 32 della Costituzione italiana sancisce il diritto alla salute di tutti i cittadini italiani”, dice Andrea Mandelli, Vice presidente della Camera dei Deputati.
“Riconoscere, finalmente, una tariffazione alla Fotoferesi extracorporea, che ne permetta il rimborso attraverso il SSN, significherebbe offrire un riscontro concreto a questo diritto.
Infatti, una prestazione salvavita, inserita nei LEA ma non rimborsata attraverso un’adeguata tariffa, come accade per la fotoferesi extracorporea, è uno di quei punti di debolezza del Sistema che impatta negativamente sull’accesso alle terapie per i pazienti, ostacolando la realizzazione di un universalismo effettivo che è il vero obiettivo del nostro SSN.
Dobbiamo richiamare l’attenzione sulla necessità di porre in essere azioni concrete per assicurare l’effettiva erogabilità della terapia, che ha dimostrato di migliorare la salute se non addirittura di dare una speranza di vita a tanti pazienti affetti da gravi patologie”.
“La Fotoferesi Extracorporea rappresenta un trattamento per malattie immunomediate e, considerata la sua rilevanza, rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza.
Tuttavia, come medico e rappresentante delle istituzioni, condivido la necessità di ridurre sempre più le differenze territoriali delle Regioni per una presa in carico adeguata di tutti i pazienti e su tutto il territorio nazionale”, dice Fabiola Bologna, Membro XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati.
Il primo studio sulla sostenibilità dei costi del trattamento
Per dimostrare l’urgenza e l’importanza di garantire un accesso equo a questa terapia salvavita, attraverso la definizione di una tariffa nazionale, è stata condotta una ricerca ad hoc.
Si tratta del primo studio che ha misurato l’impatto della Fotoferesi extracorporea in termini di outcome clinici, qualità di vita e sostenibilità per il SSN con l’obiettivo di individuare strategie funzionali per un accesso alla terapia più ampio e paritetico da parte dei pazienti.
I risultati ottenuti mettono in evidenza la sostenibilità dei costi.
“La stima per singolo trattamento è di circa mille euro, un impegno economico ragionevole per il SSN, soprattutto se rapportato ai costi da affrontare per la gestione di eventuali decorsi complessi delle patologie e ricoveri”, dice Francesca Lecci, Associate Professor of Practice di Government, Health and Not for Profit, SDA Bocconi School of Management.
“Lo studio mette in evidenza come l’utilizzo di tecniche diverse permetta anche di diminuire nettamente le ore di impegno richieste al paziente, passando da sei ore a meno di tre.
Cambia l’esperienza vissuta dall’ammalato, i livelli di rischio e, soprattutto, cambiano i fattori produttivi usati che possono essere focalizzati maggiormente sul personale o sulla tecnologia, a seconda delle necessità”.
Fotoferesi extracorpeorea: la voce dei pazienti
A supporto dei risultati ottenuti attraverso lo studio sull’impatto della Fotoferesi extracorporea c’è anche la voce dei pazienti che, quotidianamente, vivono sulla propria pelle le conseguenze delle difficoltà di accesso al trattamento salvavita.
“È una terapia dai molteplici vantaggi, benefici che devono poter essere accessibili a tutti i pazienti dal nord al sud della penisola, senza discriminazione alcuna”, dice Felice Bombaci, Responsabile nazionale Gruppo AIL Pazienti.
“Definirne la tariffa è assolutamente necessario e urgente, poiché permetterne un utilizzo diffuso significa donare un’opportunità di vita che altrimenti sarebbe negata a molti, troppi pazienti”.
“Si tratta di una possibilità terapeutica ancora oggi fondamentale per la sopravvivenza di bambini e adulti affetti da patologie gravi.
Per questo è necessario il riconoscimento della fotoferesi extracorporea come terapia essenziale del percorso di cura dei nostri malati”, spiega Giustina De Silvestro, U.O.C. Immunotrasfusionale, Azienda Ospedaliera di Padova, Comitato Scientifico SIDEM.
Le posizioni condivise di clinici, Pazienti e Istituzioni, supportate da evidenze scientifiche, sulla necessità di garantire un accesso omogeneo alla Fotoferesi Extracorporea a tutti i pazienti che possono beneficiare di questa terapia salvavita, saranno sottoposte all’attenzione del Ministero della Salute affinché la richiesta del riconoscimento di una tariffa adeguata trovi una risposta concreta a beneficio della comunità dei pazienti, dei clinici e del SSN.