Dipendenza da cibo

Dipendenza da cibo: come uscirne

Quando si parla di dipendenza tutti pensano alle droghe. Invece, esiste anche una dipendenza da cibo. Ecco di che cosa si tratta.

Che cos’è

In realtà, parlare di vera e propria dipendenza da cibo non sembra corretto. Infatti, secondo le conoscenze attuali, non sembra che gli alimenti causino alterazioni fisiche, chimiche e biologiche come le droghe. Ciò non significa, però, che il cibo non possa diventare un problema. Lo diventa nel momento in cui si trasforma in una soluzione comoda e a portata di mano per affrontare un disagio di natura psicologica. Piluccare in maniera compulsiva per rilassarsi o per sfogarsi, mangiare per non pensare, per calmare il nervosismo o per sentirsi meglio, abbuffarsi per dimenticare un episodio spiacevole o per regalarsi una ricompensa sono tutti atteggiamenti problematici: significa che il cibo si è trasformato in un mezzo per gestire facilmente sentimenti ed emozioni.

Le conseguenze della dipendenza da cibo

Le conseguenze di questa sorta di dipendenza da cibo si manifestano innanzitutto a livello psicologico: la persona non affronta i suoi veri disagi e finisce così con lo stare peggio. In questo modo, il suo malessere, invece di diminuire, aumenta. A lungo andare, il problema non riguarda più solo la sfera psicologica, ma diventa più generale. Infatti, anche se il cibo non è una droga, può causare dei danni all’organismo: mangiare in modo disordinato, senza avere delle regole, compromette la salute.

Con il tempo si innesca un circolo vizioso

Le persone che si buttano sul cibo, in genere, lo fanno perché nell’immediato hanno un’aspettativa positiva: per loro, nel breve termine, mangiare è d’aiuto. Mentre sgranocchiano senza avere nemmeno fame si sentono bene. Il problema è che subito dopo, spesso, subentrano i sensi di colpa, talvolta rafforzati anche dai commenti dei famigliari e degli amici. Quello che all’inizio era positivo, dunque, diventa negativo. Questo non fa che peggiorare la dipendenza da cibo.

Come affrontare la dipendenza da cibo

Come fare, dunque, per non rischiare di sviluppare un rapporto malsano se non una sorta di dipendenza dal cibo? Ecco qualche consiglio.

Non essere impulsivi

Banalmente, la prima cosa da fare per non sviluppare una dipendenza da cibo è fermarsi. Quando si sente il desiderio di aprire il frigorifero, di ingurgitare un pacchetto di patatine, di comprarsi un gelato, frenare l’impulso e obbligarsi a fare una piccola pausa, ponendosi una domanda sincera: “Davvero ho fame o voglia di quel cibo?”. Se ci si rende conto che, in realtà, a spingere a mangiare non è la fame o il desiderio del momento, interrogarsi, per cercare di capire che cosa si sta provando davvero, quali emozioni si sentono.

Trovare una valvola di sfogo

Quando ci si sente annoiati, stanchi, depressi, arrabbiati, invece di buttarsi sul cibo, rischiando di sviluppare una dipendenza da cibo, provare a cercare una soluzione alternativa. Spesso lo si dimentica, ma esistono anche altri modi per ottenere un piacere immediato, sicuramente più salutari: ascoltare la musica, fare una passeggiata, telefonare a un’amica, urlare, comprare un rossetto, litigare con la persona che ha procurato dolore.

L’esercizio di emergenza8

Nelle situazioni di emergenza, prima di consolarsi mangiando, si può provare un piccolo esercizio di rilassamento. Sdraiarsi sul divano o sedersi in posizione comoda, respirare lentamente, chiudere gli occhi e visualizzare la fame come un’onda che cresce sempre più, arriva al culmine e decresce. Alla fine ci si sente più rilassati e il desiderio di cibo, in genere, diminuisce. Questo semplice movimento aiuta a non sviluppare una dipendenza da cibo.

Evita le situazioni “a rischio”

Tre o quattro cioccolatini davanti alla TV, una brioche insieme con il caffè di metà mattina, snack calorici all’ora dell’aperitivo: si tratta di abitudini pericolose che inducono a mangiare in ogni momento, anche se non si ha fame. Per questo, è utile evitare le situazioni a rischio o, perlomeno, modificarle. Per esempio, sostituire il caffè con un succo di frutta serve a non richiamare il ricordo della brioche; frequentare il bar a orari alternativi, quando non siano disponibili stuzzichini, aiuta a rendersi conto di quanto essi siano superflui; fare qualcosa che impegni le mani (ricamare, dedicarsi a bricolage o a sistemare i fiori) invece di stare immobili davanti alla televisione permette di non pensare al cibo.

 

About Silvia Finazzi

Giornalista freelance dal 2001, giornalista professionista dal 2008, web writer e copywriter dal 2010, scrive principalmente di salute, medicina, attualità, benessere, tecniche naturali, alimentazione, psicologia e maternità. Attualmente, è caporedattore del free press Io Bimbo Magazine, collabora con il sito www.bimbisaniebelli.it, il magazine www.modaacolazione.com, il settimanale Viversani&belli e il mensile Come Stai. Inoltre, svolge attività di web writer, content editor e copywriter per diverse aziende. Ha scritto diversi libri e volumi e ha vinto quattro premi giornalistici.

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