Sarà perché ci ricorda le vacanze sulla Riviera Adriatica, sarà perché è semplice e allo stesso tempo infinitamente versatile, ma è praticamente impossibile trovare una persona cui non piaccia la piadina romagnola. Frangrante di grano, calda, ripiena di sapori sopraffini. D’altra parte è difficile pensare a un altro delizioso piatto così profondamente imparentato con il cibo tradizionale di mezzo mondo. Imparentato non significa uguale, però simile sì, e per intuirne il comune denominatore, basta pensare alle empanadas dell’america latina: fagottini in pasta ripieni di carne e verdura; al chapati: il sottilisismo pane indiano che viene utilizzato anche per raccogliere le pietanze con le mani; al pita: il pane arabo cotto in padella e spesso farcito con il kebab. E si potrebbe continuare con i panzerotti, il calzone napoletano e persino il pane carasau. Perché il concetto base è davvero internazionale: una spianata di pasta, più o meno ricca, piegata o arrotolata e farcita con ogni ben di Dio. In realtà un tempo il companatico (ciò che accompagna il pane, appunto) era quel che era. La pasta era sì farcita, ma giusto con quello che passava il convento…nel senso che la maggior parte delle persone era ben felice di poter mangiare il contenitore se poi c’era anche un contenuto allora era davvero un giorno di festa.
Sottile o spessa: qual è la piadina romagnola originale?
Gli appassionati della piada si dividono in due gruppi, esattamente come gli estimatori della piazza. C’è chi la concepisce soltanto sottile alla “riminese” per intenderci, e chi, al contrario, la preferisce un po’ più alta, con una consistenza diversa, più robusta. Chi ha ragione?
“Per quanto riguarda la piadina non esiste una regola, esiste piuttosto una tradizione antica che vede la piada nascere nell’entrorerra e la vuole più spessa, alta alcuni millimetri, quasi un sostituto del pane, e tanti anni fa si accompagnava più che altro alle verdure dell’orto. Man mano che ci si avvicinava alla Riviera la piadina diventava più sottile per poter essere piegata o arrotolata dopo essere stata farcita con quelle leccornie che tutto il mondo ci invidia: crudo di Parma, profumato prosciutto cotto, culatello, ma anche coppa, salame, grana, o il più tipico squacquerone”, racconta Elio Simoni, presidente del consorzio di promozione e tutela della piadina romagnola.
La piadina romagnola igp si prepara così
Insomma, qualunque sia la versione della piadina romagnola (sottile o spessa) le materie prime sono identiche anche se le piade hanno caratteristiche diverse. Il disciplinare del consorio identifica precisamente le due tipologie: quella con un diametro minore (15-25 cm) ma più spessa (4-8 mm) e quella alla riminese con un diametro maggiore (23-30 cm) e più sottile (fino a un massimo di 3 mm). Ma la ricetta della piadina romagnola igp e una sola. Ecco quella approvata dalla Comunità europea e che ha permesso al consorzio di ottenere il riconoscimento di “Identificazione geografica protetta”.
- 1 kg di farina di grano tenero di tipo 0
- 25 g di sale, non di più
- 250 g di strutto o di olio extra vergine di oliva (nel secondo caso meglio 200g)
- 20 g di bicarbonato di sodio
- Acqua quanto basta per ottenere un impasto omogeneo ed elastico.
Vietatissimo l’uso di aromi, coloranti, additivi e conservanti.
L’impasto così ottenuto viene poi porzionato in palline e steso col mattarello o la laminatrice meccanica. La cottura deve avvenire per un massimo di 4 minuti su una piastra a 250°.
Insomma: pochi e semplici ingredienti nascondono una delle protagoniste indiscusse delle tavole di Romagna, conosciuta e celebrata in tutto il mondo. Tra i primi a citarla anche Virgilio nel VII libro dell’Eneide quando racconta un disco sottile che una volta abbrustolito, veniva diviso in larghi quadretti. Da piatto della tradizione a street food la piadina romagnola è un business che muove, solo in Italia, 20 milioni di euro l’anno. Ma a che cosa serve un consorzio tutto per la piadina romagnola igp?
“Per tutelare un territorio, la Romagna, tant’è che l’igp lo possono ottenere solamente i produttori romagnoli”, chiarisce Elio Simoni. “Ma per tutelare anche il consumatore, che quando sceglie la piadina igp, sa di fare un acquisto certificato. Naturalmente non basta essere romagnoli e seguire la ricetta nel dettaglio per avere la possibilità di marchiare il prodotto con la igp del consorzio. Occorre fare richiesta all’ente certificatore , il consorzio, e superare una serie di verifiche importanti”:
Buona lo è di sicuro, ma la piadina romagnola è anche sana?
Salumi e formaggi straordinari la rendono un prodotto meraviglioso al palato, ma che ne dicono i nutrizionisti? E quella generosa porzione di strutto contenuta nell’impasto metterà davvero a dura prova il nostro apparato cardiovascolare?
Per fortuna, se fino a poco tempo fa lo strutto veniva considerato una sorta di veleno per il nostro organismo perché responsabile di far salire il livello di colesterolo nel sangue oggi la sua reputazione è molto migliorata. “Lo strutto è composto per circa 1/3 di grassi saturi (quelli dannosi per le arterie), 1/3 di grassi monoinsaturi (cioè olio oleico, l’acido grasso più salutare, quello dell’olio d’oliva) e 1/3 di grassi polinsaturi (tipici degli oli di semi). Ciò significa che lo strutto non è un grasso saturo, ma lo è solo per 1/3, molto meno quindi del burro”, dice la dottoressa Elena Guarneri, medico chirurgo esperta in medicina della nutrizione. “Certo non bisogna esagerare, anche perché la piadina è un piatto unico molto ricco. Lo strutto è solo uno degli ingredienti da tenere sotto controllo. Ma se farciamo la nostra “romagnola” con una giusta porzione di prosciutto e un formaggio fresco, entrambi fonte di proteine nobili, e aggiungiamo una bella porzione di verdura, per esempio insalata e pomodoro, otterremo un piatto ben equilibrato adatto alla dieta di tutti“.
Ma c’è un segreto per godersela al merglio? “Sì”, risponde Elio Simoni. “Non basta che sia igp, mangiatela in Romagna, fatta a momento, insomma quella dei chioschi. Cotta e mangiata. Ecco il vero segreto”.