Approfondiamo ora lo scenario proprio della formazione. Bisognerebbe, in questa rubrica, mettere in luce la differenza tra animazione e terapia artistica.

Lo afferma il maestro Achille De Gregorio, arte terapeuta dal 1975, il quale opera in Artea (Arteterapeuti associati), della quale è fondatore e presidente. Lo abbiamo raggiunto, ponendogli una serie di domande: per noi ha differenziato le diverse tecniche, sulla base della funzione che possono avere nei confronti dell’individuo. Il collage, afferma, ha a che fare con l’immaginario, la fantasia; il colore riguarda la gestione delle emozioni, l’emotività; e scultura, terracotta, cartapesta, sono attinenti alla gestione della corporeità, alla sessualità e alla fisicità e la grafica fa riferimento alla dimensione cognitiva. Proponiamo a margine dell’articolo opere realizzate nell’ambito proprio degli atelier Artea. Una volta determinata la sfera nella quale incidono le nostre problematiche, possiamo risolverle grazie all’Arte terapia.
Non manca, dunque, in questo scenario, chi gravita nell’ambito proprio della formazione e ha definito l’arte terapia in articolati programmi di studio. Approfondiamo l’argomento.
Facciamo il nostro ingresso nell’ambito della formazione. L’arte terapia, materia dalla natura multidisciplinare, è adatta alla cura di persone ospitate nelle carceri, profughi e malati di Aids: ci fornirebbe qualche dettaglio sul modo di operare in quest’ambito, che acquisisce in tal modo una valenza sociale? Come agisce il terapeuta nei confronti di realtà ai margini della società? Come si rompe il ghiaccio e si crea un’interfaccia?

L’arte terapia è prima di tutto un diario dell’appassionata partecipazione dell’arte-terapeuta al dipanarsi
di un blocco comunicativo. Ha alla base la proposta di un percorso individuale di cambiamento e la trasformazione del proprio agire e pensare problematico o patologico, legato al “fare” mediato dai materiali artistici, in modo costante nel tempo. E’ un percorso che può rivelarsi sia introspettivo che comunicativo, se affrontato con l’utente in un setting connotato, non casuale o incerto, e all’interno di una relazione, con uno specialista formato e aggiornato. La parte preponderante nella relazione fra utente e arteterapeuta è attribuita all’utilizzo del codice prescelto, che è quello visivo. La valutazione dei miglioramenti all’orientamento iniziale, al trattamento e agli esiti è verificabile tramite una decodifica tecnica e specifica, che non è comprensibile da parte di chi si occupa di animazione o psicoterapia. La decodifica, metodica specifica del Modello polisegnico in arte terapia, è complessa e richiede un lungo percorso di formazione che integra l’arte, la semiologia e la psicologia. Decodifica vuole dire collegare parti diverse, connettere simboli da manufatti diversi; riconoscere le ricorrenze dei temi e delle difese, confrontare le procedure, sbrogliare grovigli di senso, trovare soluzioni a rebus visivi; collegare le vicissitudini e la storia clinica e personale a ciò che è reso visibile dall’utente, cogliere il prodotto dell’immaginario e la debolezza della struttura psichica, la progressione tecnica, l’uso psicologico dei materiali. La verbalizzazione con l’utente nel percorso di arte terapia, in particolare per la teoria del Modello polisegnico, non è negata ma è sicuramente secondaria. Viene privilegiata la restituzione grafico-plastica rispettando il codice prescelto, che è iconico. In arte terapia l’interpretazione è una prassi che crea confusione ed è posta ai margini della metodologia. Considerata piuttosto come uno sconfinamento in discipline analoghe, l’interpretazione non viene consigliata sul singolo lavoro grafico, o di scultura, o pittorico, prodotto dall’utente in atelier, e ancor meno facendo ricorso a dizionari o prontuari, che oltre tutto non esistono, che spieghino come leggere i significati e guidino alla valutazione dei manufatti dell’utente. La capacità, l’abilità dell’arte terapeuta si dimostra nel motivare gli utenti al fare e nel sapere poi “leggere” (decodificare) il risultato prodotto da questi nel setting arte-terapeutico. In un percorso arte-terapeutico, l’attenzione è rivolta a ciò che è produttivo (pensiero e immagine): questa esperienza ha già in sé i presupposti di un incontro, di una ricerca di contatto a partire dal materiale artistico presentato, che diventa il linguaggio attraverso il quale costruire e condividere la relazione. La relazione nasce e si sviluppa in un setting creativo e accuditivo che fornisce materia plasmabile, emozioni, rituali, regole formali. Il processo arte-terapeutico diventa così percorso e relazione (introduce l’atteggiamento riabilitativo senza enfasi o autoritarismo) che si basa su elementi che appartengono ed emergono dall’utente. Per questo il percorso arte-terapeutico, percorso creativo, non autoritario, … acquisisce l’attenzione degli utenti di particolari ambiti e ha una sua valenza sociale nell’essere un percorso di consapevolezza e trasformazione…
Rivolgiamoci, dunque, alla formazione. E’ previsto un nuovo corso di Artea in Roma a decorrere dai mesi di gennaio e febbraio, fino a ora introdotto da eventi e seminari. Ci dica di più. Ci sono opportunità di fare pratica?
Parlando dei corsi in progettazione: come si agisce per configurare una realtà di questo genere? Quali sono gli individui che si occupano di tutto ciò e come lavorano, agendo a tre dimensioni, alla creazione di un corso?
Artea arte-terapeuti associati è un’associazione culturale professionale che aggrega professionisti che

operano principalmente, se non esclusivamente, come arte-terapeuti, ed è una associazione che si fa carico di iniziative cliniche, di ricerca scientifica e divulgazione dell’arte terapia. Da più di vent’anni gestisce le scuole di specializzazione in arte terapia Artea, scuole triennali di arte terapia a Modello polisegnico con varie sedi dislocate in Italia (Attualmente a Milano, Pordenone, Catania, Trani e Bolzano in collaborazione con Cesfor; in passato ha avuto sedi a Palermo e Cagliari). Artea ha operato attivamente in iniziative di adeguamento agli standard formativi e recepito la legge 4/2013 sulle professioni non regolamentate. E’ stata tra le scuole fondatrici dell’Associazione professionale italiana degli arte-terapeuti (Apiart) e oggi prendendone le distanze è impegnata in primo piano nel chiarire gli aspetti legali e applicativi di questa nuova professione. Artea collabora stabilmente con numerose associazioni e gruppi per la didattica, per lo sviluppo dei progetti, per la diffusione di atelier a marchio Artea. Inoltre dal settembre 2014, recependo le indicazioni della legge 4/2013, numerosi suoi soci arte-terapeuti diplomati hanno dato vita a un registro professionale degli arte-terapeuti Artea, specializzati nel Modello polisegnico, la cui iscrizione richiede standard quantitativi e qualitativi di competenze raggiunte, nonché l’obbligo all’aggiornamento costante in arte terapia e alla supervisione clinica. Inoltre il registro rappresenta una effettiva tutela del cliente/paziente, che può informarsi sul professionista al quale vorrebbe rivolgersi per un percorso personale attraverso l’arte-terapia. Il progetto di una scuola Artea a Roma nasce, da un lato, dall’entusiasmo dei soci (in prevalenza donne), che operando con l’arte terapia a Modello polisegnico, ne hanno validato nel corso degli anni l’efficacia con numerose utenze. Di conseguenza il desiderio di divulgare una “disciplina” ed una teoria e metodologia seria, verificata, oseremmo dire “scientifica”, utile per i pazienti si è legato alla volontà di fare chiarezza e pulizia nei confronti di tutto ciò (corsi, iniziative…) che millantano l’arte terapia e arte terapia non sono. Dall’altro numerose erano le richieste via web di un corso di formazione nel Centro Italia. Quindi cosa, se non una scuola di formazione può diffondere una cultura “seria” sull’arte terapia? Preparare professionisti seri e competenti?
Molto in sintesi, le scuole Artea prevedono un triennio, dove le materie teoriche e pratiche si indirizzano nei due poli specifici che costituiscono il nucleo dell’arte terapia: l’arte (per esempio tecniche, materiali…) e la terapia (per esempio psicologia, etno-psichiatria, neuroscienze…) appunto. Il corso prepara gli operatori all’uso di strumenti utili nella gestione di utenti nel percorso arte-terapeutico: modello teorico di riferimento (Modello polisegnico), individuazione dell’utenza, ideazione dell’atelier, metodologia di intervento, capacità di negoziare e integrarsi con il contesto (istituzione e/o committenza), fattori di qualità verifica dei risultati raggiunti. Fornisce strumenti utili a pianificare l’attività nei suoi aspetti economici co-imprenditoriali, legali e ad ottenere riconoscimento nelle equipe multidisciplinari. La numerosa casistica presentata dai formatori, i laboratori esperienziali, la presenza di uno staff multidisciplinare, la collaborazione di arte-terapeuti affermati, la presenza diretta nel settore delle arti-terapie, la rete di conoscenze nel mondo del lavoro, costituiscono la peculiarità delle scuole.
Artea ha stipulato in diverse regioni rapporti di convenzioni e protocolli di intesa con oltre duecento enti pubblici e privati per lo svolgimento dei tirocini di specializzazione in arte terapia previsti durante la formazione. Il percorso di studi prevede un iter arte-terapeutico personale. Inoltre prevede esami di specializzazione e la discussione di una tesi teorico-pratica al termine del triennio. Gli allievi già specializzati poi, possono accedere per essere in regola con la legge 4/2013 e svolgere la professione di arte-terapeuti, ad un ulteriore percorso di formazione permanente post diploma e alla supervisione clinica. A richiesta possono iscriversi al Registro professionale degli arte-terapeuti Artea ai sensi della legge 4/2013 sottoscrivendo l’adesione al Codice di condotta degli arte-terapeuti Artea.

La realizzazione pratica del progetto conta su uno staff amministrativo che annovera con funzioni di segreteria arte-terapeuti diplomati, oltre che una segretaria prettamente amministrativa. Inoltre esso è supportato da arte-terapeuti appassionati, i nostri soci, che collaborano alla realizzazione pratica del progetto (marketing, ricerca della location idonea…) Inoltre anche i nostri formatori consulenti attivi nel territorio si adoperano per la realizzazione del progetto.
Dove si applica la formazione. I vostri atelier sul territorio sono numerosi. Come sono strutturati?
La struttura dei nostri atelier attiene alla teoria e metodologia di riferimento nella pratica arte-terapeutica, ovvero al Modello polisegnico insegnato nelle scuole di specializzazione in arte terapia Artea. L’atelier a Modello polisegnico è un habitat particolare, accogliente e non giudicante. E’ organizzato secondo quattro zone di appartenenza “affettiva e produttiva” individuabili per la collocazione di un preciso gruppo di materiali artistici. Quindi ci sarà l’angolo dei materiali secchi (matite, gessetti, pastelli a olio, matite colorate…), l’angolo dei materiali ad acqua (tempere, acquerelli, ecoline…), l’angolo dei materiali plastici (creta, carta pesta, tessuti, cordame…), e l’angolo dei materiali cosiddetti new media (fotografie, per graphic novel…).
Non c’è un unico tavolo centrale con i materiali, ma più tavoli, e laddove possibile cavalletto e tornio, dislocati negli angoli specifici. Questa organizzazione ha il suo perché, nel presupposto arte-terapeutico del Modello polisegnico, secondo il quale c’è un materiale più adatto per ogni dimensione della personalità umana: mente (i materiali secchi, perché attivano principalmente aspetti cognitivi), emozione (i materiali ad acqua, che lavorano principalmente sugli stati d’animo), corpo (i materiali plastici, perché permettono l’approccio alla corporeità), e immaginario (i materiali new media). E appare chiaro che c’è un materiale tra questi più adatto per ogni singolo partecipante all’atelier. Per Anna potrà essere la creta, per Mario le matite. In arte terapia, infatti, i manufatti artistici realizzati in atelier sono veicoli di contenuti intimi o di contenuti che riguardano il mondo di relazioni del partecipante. La tecnica e il materiale concretizzano il linguaggio visivo fatto di linee, forme, colori, masse cromatiche, volumi e istallazioni che appartiene alla singola persona ed è attraverso questo linguaggio visivo che essa comunica di Sé e del proprio mondo di relazioni. E infatti i nostri atelier sono organizzati su piccoli gruppi di partecipanti (6/8), ma in essi non si svolgono “lavori corali”, bensì i percorsi arte-terapeutici sono individualizzati. L’attività di atelier ha cadenza settimanale, per circa un’ora e mezza. L’obiettivo generale è quello di permettere a chi vi partecipa di intraprendere o un percorso introspettivo o di riflessione sulle modalità di gestione delle proprie relazioni e di come si rapporta con la realtà. Per l’arte-terapeuta l’obiettivo generale è quello di avere un protocollo di immagini o manufatti artistici per conoscere il partecipante all’attività di atelier, gestire un percorso di trattamento individualizzato e valutare e condividere i risultati con il partecipante (se Area del Benessere) o l’inviante (ente pubblico, ente privato, équipe multidisciplinare di un servizio), se il partecipante è un paziente/utente di un servizio alla persona.
Sono realizzabili anche atelier individuali.
L’attività di atelier per un arte-terapeuta Artea, ovvero, specializzato nel Modello polisegnico, deve essere necessariamente seguita dalla decodifica o studio di ogni singolo manufatto e della serie dei manufatti realizzati in atelier da ogni singolo partecipante, secondo tre livelli di analisi: fenomenologica, della relazione e psicologica, affinché si possa accompagnare ogni singolo partecipante nel suo percorso personale per il raggiungimento dei suoi specifici bisogni.
Formazione da adeguare al singolo soggetto. Come si configura, in generale, la realtà dei laboratori protetti? Ci sono critiche e lodi che si possono proporre a questo livello?
Ogni professione ha dignità quando utilizza una metodologia propria e non rubata ad altri. Per ogni utente va individuata la metodologia appropriata e un setting non casuale, ma pensato. Questi sono i presupposti per un lavoro onesto e fondato su competenze specifiche. Ci sono diversi modi di strutturare atelier. Come arte-terapeuti, preferiamo questo termine a quello di laboratorio protetto. L’atelier in quanto cornice strutturale, non giudicante è di per sé un luogo che protegge e contiene memorie, esistenze, disagio… Vi sono atelier che enfatizzano l’espressione libera e l’aspetto ludico o atelier d’arte, che privilegiano l’aspetto estetico, la qualità decorativa dell’oggetto che verrà messo in mostra o venduto. Atelier nei quali non c’è rielaborazione terapeutica dei contenuti e che quindi non necessitano della conduzione di un arte-terapeuta. C’è l’atelier psico-terapeutico dove gli oggetti prodotti sono mezzo di indagine sulla psiche del paziente/utente; dove c’è prevalenza della comunicazione verbale rispetto ai segni e al codice visivo e deve essere condotto da uno psicoterapeuta riconosciuto, meglio se anche specializzato in arte terapia. Infine, l’atelier arte-terapeutico, in cui la pratica artistica è ad hoc sul singolo paziente, è centrato sul “mondo interno” del paziente o sul rapporto tra utente e società. Vi è una rielaborazione terapeutica dei manufatti artistici. La scelta dei materiali e delle tecniche si svolge in base all’utente e al percorso terapeutico. C’è decodifica e attenzione alle trasformazioni dei contenuti e la conduzione è ad opera di un arte-terapeuta specializzato.
L’arte terapia è a contatto con un contesto: potrebbe definire lo scenario con qualche aneddoto? Siamo affamati di casi pratici, anche generici.
Non è possibile fare aneddotica. Occorrerebbe mostrare un percorso arte-terapeutico, la serie dei manufatti realizzati da un paziente, tra l’altro con il suo consenso nel renderlo pubblico. Negli atelier di arte terapia, proprio perché i percorsi dei manufatti rendono visibili contenuti intimi, essi vengono conservati in contenitori, cartelle personali, all’interno della stanza atelier. Non vengono messi in mostra, né utilizzati per mercatini o banchi di vendita: non so che cosa dire.