Quando si opera la spalla, torna sotto i ferri una percentuale di soggetti tra il 7 e il 15%.
Si è aperto l’altro ieri, a Roma, il primo meeting biennale dedicato alla gestione dei fallimenti in chirurgia della spalla. Si riuniscono in questa sede i chirurghi ortopedici della European shoulder associates (Esa-Esska). Si parla, per la prima volta, di interventi secondari: di gestione dei fallimenti, che si verificano quando le condizioni patologiche che interessano la spalla sono trattate chirurgicamente. Si tratta, a titolo di esempio, di instabilità della gleno-omerale, patologia della cuffia dei rotatori, patologia del capo lungo del bicipite e artrosi gleno-omerale. Particolare attenzione, in questa sede, è stata prestata al caso di fallimento di protesi di spalla. Secondo il dottor Andrea Grasso, specialista in Chirurgia ortopedica e chairman del meeting insieme al professor Giuseppe Milano, “Le cause che determinano la necessità di un intervento ‘secondario’ sono il dolore e l’impotenza funzionale. Infatti solamente a causa di uno di questi due problemi il paziente torna dal medico ed è disposto a sottoporsi nuovamente ad un intervento. E una quota invece attiene a complicanze come le infezioni”.
Quando si torna sotto i ferri: chirurgia ortopedica, rischio di fallimento
Il numero degli interventi non riusciti sul totale di quelli eseguiti dipende dalla patologia: “nel caso delle lussazioni, le percentuali sono variabili. Infatti un ragazzo che si opera perché la sua spalla esce, se torna a visita mesi o anni dopo l’intervento, è perché la sua spalla si è nuovamente lussata o sub-lussata. La percentuale è una variabile dipendente dall’età. Basti pensare che il trattamento artroscopico, al di sotto dei 20 anni di età, vede una percentuale di insuccesso intorno al 15%, mentre al di sopra dei 25 anni si dimezza e arriva al 7%”.
Quando si torna sotto i ferri: le cause
Le cause sono diverse: in alcuni casi, per esempio, il paziente può non osservare le precauzioni post-operatorie e il protocollo rieducativo. Questi può mettere sotto stress o danneggiare la cicatrice che si sta formando a livello dei tendini o dei legamenti operati. E’ fondamentale, al fine di ottenere un buon risultato nel tempo, mantenere un buon trofismo della muscolatura: così è possibile contenere e proteggere l’articolazione.
Anche le condizioni patologiche possono incidere, interferendo con il processo di guarigione: “Il diabete è un grosso fattore di rischio di fallimento dell’intervento, perché il microcircolo è alterato e interferisce con il fisiologico processo riparativo dei tessuti. Il diabete inoltre aumenta il rischio di rigidità post-operatoria e aumenta il pericolo di infezioni, fattore importante e dirimente nel caso di interventi protesici negli anziani. Ma il nostro nemico numero uno è il tabagismo. È oramai scientificamente dimostrato che il fumo interferisce anche sulla guarigione dei tessuti in generale e sui tendini della cuffia dei rotatori in particolare. In un articolo scientifico della scuola statunitense, su 235 pazienti sottoposti ad intervento di sutura della cuffia, i risultati eccellenti o buoni sono stati, rispettivamente, dell’84% nei non fumatori e del solo 35% nel gruppo dei fumatori. Molto bassi invece gli errori causati dall’operatore: il dato è tratto dal numero di richieste di risarcimento. L’errore più frequente nella chirurgia della spalla, a mio parere, è l’errata indicazione”.
Sebbene non tutti i casi di intervento fallito tornino in sala operatoria, è buona norma discutere questa eventualità con il paziente, tenendo conto della sua età, delle condizioni generali di salute, del suo modo di vivere. Il paziente deve capire che cosa aspettarsi dalla chirurgia, posto che il problema non è sempre risolvibile in toto. Spesso il paziente non si aspetta di tornare completamente sano: intende, invece, eliminare il dolore dalla propria esistenza, anche a prezzo di limitazioni nella mobilità e nella funzionalità dell’arto.