Il consumo indiscriminato di materie plastiche ha raggiunto livelli allarmanti e ha già avuto effetti evidenti e drammatici sulla biodiversità, gli oceani, gli altri esseri viventi, il pianeta e, potenzialmente, anche per la salute umana.
Oggi i pericoli maggiori riguardano le “micro-plastiche”.
Cioè quei frammenti di dimensioni così ridotte da essere impossibili da rimuovere, e che i ricercatori hanno trovato ovunque le hanno cercate, negli ecosistemi più remoti, nell’aria che respiriamo e nel cibo che mangiamo e anche nella placenta umana.
Gli effetti delle micro-plastiche sulla salute e sull’ambiente sono ancora poco studiati e in larga parte del tutto sconosciuti.
In questo contesto di emergenza, il nuovo documento del Comitato Etico di Fondazione Umberto Veronesi fa il punto sullo stato dell’arte delle conoscenze scientifiche e indica una strategia complessiva per superare l’attuale modello di consumo delle plastiche, passando a un modello di “economia circolare”.
L’impatto delle micro-plastiche sulla salute umana e del pianeta
L’umanità ha raggiunto un punto di rottura nel suo rapporto con la plastica.
Per decenni la crescita esponenziale nella produzione e consumo delle plastiche ha sostenuto una forte crescita economica e assicurato una serie di benefici evidenti sul breve termine all’umanità.
I costi di questa crescita, però, potrebbero ricadere sulle generazioni future e sugli altri esseri viventi.
In parte, già oggi l’umanità, le specie viventi e la biodiversità stanno pagando le conseguenze del consumo eccessivo di plastiche avvenuto nei decenni precedenti.
In pochi anni le plastiche sono arrivate ovunque.
Questo è particolarmente vero se oltre all’impatto sull’ambiente e la salute dei rifiuti di plastica tradizionali si considera anche l’impatto delle cosiddette “micro-plastiche”.
Il termine “micro-plastiche” indica quei frammenti plastici di dimensioni inferiori ai 5 millimetri.
Le micro-plastiche sono state trovate ovunque gli scienziati le abbiano cercate, seppure in forme, modalità e concentrazioni diverse:
- nell’acqua marina
- nelle acque dolci
- nel sistema agro-eco-ambientale
- nell’atmosfera
- nell’aria
- nel cibo
- nell’acqua potabile
- nel biota (cioè nelle piante e negli animali)
- nella placenta umana
- e anche in luoghi remoti dove non vi è alcuna presenza o attività umana come il fondo degli oceani o i ghiacciai dell’Antartide.
Una volta disperse nell’ambiente, recuperare le micro-plastiche è praticamente impossibile.
“Se anche la produzione di plastiche si fermasse magicamente domani, la plastica già esistente nelle discariche e nell’ambiente, una massa stimata in circa 5 miliardi di tonnellate, continuerebbe a degradare in piccoli frammenti impossibile da recuperare e pulire”, nota un recente articolo pubblicato su Nature.
Micro-plastiche: i dati
L’emergenza dettata dall’inquinamento da plastiche e micro-plastiche si coglie anche nei numeri:
- Nel 2019 la produzione di plastiche ha raggiunto i 370 milioni di tonnellate a livello globale
- Entro il 2050 si stima che saranno prodotti altri 33 miliardi di tonnellate di nuove plastiche
- Circa il 40% della plastica prodotta in Europa è destinata a imballaggi progettati per diventare rifiuti dopo un solo utilizzo
- Una bottiglia di plastica “usa e getta” può impiegare fino 450 anni prima di degradarsi se dispersa nell’ambiente
Nonostante le plastiche siamo quindi oramai ovunque, intorno e dentro di noi, i loro effetti e le loro possibili conseguenze sull’ambiente, sugli esseri viventi e sulla salute umana sono però ancora relativamente poco studiati e, dunque, in parte o del tutto sconosciuti.
Questo dipende da fattori diversi, tra cui il fatto che gli studi sugli effetti di questi materiali sono recenti, complessi e presentano alcuni problemi sperimentali ancora non risolti.
Oltre che ai danni causati dalla loro presenza, infatti, a questi materiali sono spesso associati additivi chimici potenzialmente pericolosi se presenti oltre certe quantità e all’interno di particolari interazioni.
In una situazione caratterizzata da danni ambientali già in parte irreversibili e da una forte incertezza conoscitiva riguardo alle implicazioni delle micro/nano-plastiche per la salute è quindi urgente pensare e adottare delle alternative al modello di sviluppo socio-economico e culturale che ha dato il via a quella che è stata battezzata come l’“Età della plastica”.
Il documento della Fondazione Umberto Veronesi: “Uscire dal Plasticene”
Il Comitato Etico di Fondazione Umberto Veronesi ha pubblicato un nuovo documento intitolato “Uscire dal Plasticene. Parere del Comitato Etico a favore di un’economia circolare delle plastiche a difesa dell’ambiente e della salute”.
Il documento analizza lo stato attuale delle conoscenze scientifiche in merito ai possibili effetti che le plastiche hanno per l’ambiente e soprattutto la salute umana.
Individuando alcune possibili soluzioni e raccomandazioni rivolte alla comunità scientifica, alle Istituzioni, ai decisori politici e ai cittadini.
Il documento si articola in quattro sezioni principali.
Nella prima, dopo l’introduzione, si esamina la questione dell’attuale produzione esponenziale di plastiche e dei problemi connessi al ciclo dei rifiuti.
Nella seconda e nella terza sezione, poi, si prendono in esame gli studi scientifici disponibili che rivelano lo stato delle conoscenze attuali rispetto alle conseguenze delle plastiche e delle micro-plastiche per la salute, per gli altri esseri viventi e per il pianeta.
Infine, l’ultima sezione contiene le conclusioni e le raccomandazioni del Comitato Etico.
Gli obiettivi del Comitato Etico
Il Comitato Etico si rivolge alle Istituzioni e ai decisori politici, alle Istituzioni scientifiche, alle imprese e alle filiere produttive, nonché ai singoli cittadini.
Oltre a segnalare la necessità di investire maggiormente e in modo urgente in ricerca scientifica, sia per colmare la nostra attuale incertezza sia per sviluppare nuovi materiali e tecnologie con cui sostituire la plastica. Il Comitato Etico formula un appello importante affinché le istituzioni a ogni livello agiscano con urgenza per raggiungere un accordo internazionale vincolante, sul modello di quello di Parigi sul clima, con tre obiettivi:
- una significativa riduzione entro i prossimi venti anni della produzione e del consumo di plastica vergine stabilendo limiti alla produzione con l’obiettivo finale di riuscire, un giorno, a ridurla al minimo
- il passaggio a una sicura economia circolare delle plastiche attraverso la condivisione di standard vincolanti che prevedano l’eliminazione progressiva degli additivi chimici pericolosi per la salute umana e l’ambiente e al cui interno ogni prodotto sia progettato “by design” per avere il minore impatto possibile sull’ambiente e sulla salute
- la lotta all’inquinamento ambientale causato dalle macro-, micro- e nano plastiche attraverso il finanziamento e l’incentivazione di nuove soluzioni strategiche e tecniche nell’ottica di una maggiore assunzione di responsabilità verso il futuro del pianeta e verso le nuove generazioni.
Il documento è pubblicato sul sito di Fondazione Umberto Veronesi e prossimamente anche nella rivista scientifica, ad accesso libero e con revisione paritaria a cura del Comitato Etico The Future of Science and Ethics, il cui prossimo volume (N.6) uscirà a fine 2021.
La rivista The Future of Science and Ethics contiene sia articoli originali sia documenti e commenti che riguardano temi di etica e bioetica attuali, dal dibattito in corso sul fine vita e sull’eutanasia, fino alle questioni etiche che riguardano l’obbligo vaccinale e la pandemia da Covid-19.