L’era della dopamina di Anna Lembke, psichiatra esperta nel trattamento delle dipendenze, parla del piacere, ma anche del dolore, esplorando le insidie della società digitalizzata di oggi, e spiegando come fare per ritrovare l’equilibrio.
Gli esseri umani sono programmati per avvicinarsi al piacere ed evitare il dolore.
È un istinto che risale a milioni di anni fa, a un tempo in cui le persone dovevano procurarsi in modo autonomo cibo, vestiti e riparo ogni giorno, o rischiare la morte.
Ma Anna Lembke sostiene che nel mondo di oggi, perlomeno quello occidentale, queste esigenze di base siano spesso facilmente disponibili: e questo cambia l’equazione.
Oggi, infatti, tutto è a portata di clic: non è mai stato così facile avere accesso alla soddisfazione dei nostri desideri.
Siamo circondati di stimoli in grado di provocare il rilascio di dopamina nel cervello, il neurotrasmettitore che attiva i nostri circuiti del piacere e della gratificazione immediata.
Attraverso la vasta raccolta di storie reali di alcuni pazienti dell’autrice vittime di dipendenze e alle spiegazioni puntuali basate sulle più recenti ricerche scientifiche delle neuroscienze, Anna Lembke esplora le insidie della moderna società digitalizzata e spiega come ritrovare l’equilibrio.
“Vi esorto a trovare un modo che vi consenta di immergervi completamente nella vita che vi è stata donata.
Le ricompense, che vi consentiranno di trovare e mantenere l’equilibrio, non sono né immediate né permanenti. Richiedono pazienza e cura”, dice l’autrice.
La relazione tra piacere e dolore
“La comprensione della relazione tra piacere e dolore, è diventata, oggi più che mai, essenziale per una vita ben vissuta.
Perché abbiamo trasformato il mondo, che era caratterizzato dalla scarsità̀, in un luogo contraddistinto da una traboccante abbondanza: droga, cibo, notizie, gioco d’azzardo, shopping, gaming, texting, sexting, Facebook, Instagram, YouTube, Twitter”, dice l’autrice.
E l’altra faccia di questa medaglia è la dipendenza, che alla lunga sostituisce le sensazioni di piacere con dolore e insoddisfazione, senza però rompere il circolo vizioso della ricerca di ricompense.
Tanto maggiore è il rilascio di dopamina in seguito a un’azione, all’utilizzo di uno strumento, al consumo di una sostanza, tanto più forte è la possibilità di sviluppare dipendenza dalla stessa.
Ne L’era della dopamina, l’autrice offre un’interessante “lezione” di neuroscienze.
Il cervello elabora sia il piacere sia il dolore nelle stesse strutture neurali, ed entrambi funzionano come fattori opposti che determinano un equilibrio.
E, a lungo andare, si instaura un’abitudine di consumo compulsivo per far sì che il dolore sia annullato dal piacere, che deve essere sempre più intenso della volta precedente.
Quando desideriamo il cioccolato senza dover porci un limite, che un film o il tempo dedicato a un videogioco non finisse, quando siamo vittime di shopping compulsivo, quando passeremmo ore connessi allo smartphone che ci somministra “dopamina digitale”, quello è il momento del desiderio in cui la bilancia del piacere del cervello si inclina dalla parte del dolore.
La dipendenza e la reperibilità delle sostanze
La dipendenza è il consumo continuato e compulsivo di una sostanza, oppure la manifestazione di un comportamento (gioco d’azzardo, gaming, sesso) nonostante determini un danno per se stessi e/o per gli altri.
Uno dei maggiori fattori di rischio di diventare dipendenti da una qualsiasi sostanza è rappresentato dalla facile reperibilità.
Quanto più è facile ottenere una sostanza, tanto più è probabile che ci capiti di provarla.
Ma proprio in quel momento, ci esponiamo a una probabilità più elevata di diventarne dipendenti.
Se prima c’erano dipendenze per lo più legate all’uso di sostanze stupefacenti, alcol, tabacco, attualmente, il mondo offre una gamma completa di “droghe digitali” che prima non c’erano, oppure, se esistevano, ora vengono diffuse su piattaforme che ne hanno aumentato esponenzialmente sia la potenza sia la disponibilità.
Questa gamma include la pornografia online, il gioco d’azzardo e i videogiochi, solo per citarne alcune.
Inoltre, la tecnologia stessa crea dipendenza, con le sue luci lampeggianti, il contorno musicale, le voragini senza fondo e le promesse con le quali alimentano un coinvolgimento continuo, fondato su ricompense sempre maggiori.
Internet promuove un eccessivo consumo compulsivo, non solo favorendo un maggiore accesso a sostanze vecchie e nuove, ma anche diffondendo l’osservazione di comportamenti che, altrimenti, non ci sarebbero mai venuti in mente.
I video non si limitano a “diventare virali”.
Sono letteralmente contagiosi.
Gli esseri umani sono animali sociali.
Quando vediamo gli altri comportarsi in un certo modo online, quei comportamenti sembrano “normali”, semplicemente perché altre persone li stanno manifestando.
L’era della dopamina: evitare il dolore
Il dolore in qualsiasi forma è considerato pericoloso, non solo perché è spiacevole, ma anche perché si pensa che predisponga il cervello al dolore futuro, procurando dunque una sorta di “ferita” neurologica che non si rimargina mai.
Il cambiamento di paradigma in merito al dolore si è tradotto in una massiccia prescrizione di pillole per “sentirsi bene”.
L’uso di antidepressivi come la paroxetina, la fluoxitina e il citalopram è in aumento in ogni paese del mondo.
Sono in aumento le prescrizioni di farmaci ansiolitici come le benzodiazepine (alprazolam, clonazepam, diazepam) che creano, anch’essi, dipendenza, forse per compensare tutti gli stimolanti che stiamo assumendo.
Inoltre, abbiamo perso la capacità di tollerare anche forme minori di disagio.
Cerchiamo costantemente di distrarci dal momento presente, e di divertirci.
“Tutti cerchiamo di evitare il dolore. Alcuni di noi assumono delle pillole. Altri giacciono sul divano in preda ai binge-watching resi possibili da Netflix. Altri ancora leggono romanzi rosa.
Faremmo di tutto, o quasi, per distrarci da noi stessi.
Eppure tutti questi tentativi di allontanarci dal dolore, sembrano soltanto aver peggiorato la nostra condizione”, dice l’autrice del libro l’era della dopamina.
Ma anche il dolore più diventare dipendenza.
Infatti, proprio come diventiamo tolleranti, per via di un’esposizione ripetuta, agli stimoli che ci procurano piacere, così possiamo manifestare assuefazione agli stimoli dolorosi, resettando il nostro cervello sul versante del dolore.
Troppo dolore, oppure esperito in una forma troppo potente, può incrementare il rischio di diventare dipendenti dal dolore stesso.
L’era della dopamina: l’equilibrio piacere-dolore
La dopamina è stata identificata come neurotrasmettitore presente nel cervello umano.
Non è l’unico neurotrasmettitore coinvolto nell’elaborazione della ricompensa, ma la maggior parte dei neuroscienziati concorda sul fatto che sia tra i più importanti.
Infatti, sembra svolgere un ruolo maggiormente determinante per quanto riguarda la motivazione a ottenere una ricompensa, più che in relazione al piacere procurato dalla ricompensa stessa.
Quindi, agisce più sul desiderio che sul piacere.
Infatti, viene impiegata per misurare il potenziale di dipendenza associato a qualsiasi sostanza o comportamento.
Tanto più una sostanza determina il rilascio di dopamina nel circuito di ricompensa del cervello e quanto più velocemente induce l’incremento di concentrazione di questo neurotrasmettitore, tanto più crea dipendenza.
Il piacere e il dolore funzionano come un sistema che prevede un equilibrio.
Quando proviamo piacere, la dopamina viene rilasciata nel nostro circuito della ricompensa e l’equilibrio si sposta sul versante del piacere.
Tanto più è ampio lo squilibrio e tanto più questa condizione si realizza velocemente, quanto più piacere proviamo.
Ma ecco la caratteristica importante dell’equilibrio: vuole rimanere tale, ovvero tende a ridurre le condizioni di squilibrio.
In altri termini, si oppone a condizioni di squilibrio che perdurano per molto tempo, sia da una parte sia dall’altra.
Quindi, ogni volta che l’equilibrio si sposta sul versante del piacere, entrano in azione potenti meccanismi di autoregolazione volti a ristabilire le condizioni precedenti.
Questi meccanismi di autoregolazione non richiedono né un pensiero cosciente né un atto di volontà.
Semplicemente si attivano, come accade nel caso dei riflessi.
Una volta che l’equilibrio è ristabilito, il processo di autoregolazione continua a funzionare, inclinando la bilancia in modo uguale e contrario sul versante del dolore.
Apprendimenti in merito all’equilibrio
- La ricerca incessante del piacere (e l’evitamento del dolore) genera dolore.
- Il recupero inizia con l’astinenza.
- L’astinenza ripristina il circuito della ricompensa nel cervello e, con esso, la nostra capacità di trarre gratificazione dai piaceri più semplici.
- L’autoimposizione di vincoli crea uno spazio fisico e metacognitivo tra il desiderio e il consumo, una necessità attuale, nel nostro mondo “sovraccarico di dopamina”.
- I farmaci possono ripristinare l’omeostasi, ma considerate quello che perdiamo medicalizzando il nostro dolore.
- Lavorando sul lato del dolore si ripristina il nostro equilibrio sul lato del piacere.
- Fate attenzione a non diventare dipendenti dal dolore.
- L’onestà radicale promuove la consapevolezza, migliora l’intimità e favorisce il mindset dell’abbondanza.
- La vergogna prosociale ci aiuta a comprendere che apparteniamo alla tribù umana.
- Invece di scappare dal mondo, possiamo sostituire la fuga con l’immersione in esso.
L’autrice: Anne Lembke
È autrice, docente di Psichiatria alla Stanford University School of Medicine e direttrice della Stanford Addiction Medicine Dual Diagnosis Clinic.
Ha pubblicato, oltre al libro “L’era della dopamina”, centinaia di articoli e saggi e siede nel board di diverse organizzazioni che si occupano di lotta alle dipendenze.
Oltre a condurre la sua attività clinica, la dottoressa Lembke è anche una speaker che tiene numerose conferenze e di recente è apparsa fra gli esperti intervistati in The Social Dilemma, il popolare documentario Netflix che denuncia l’impatto dei social media sulle nostre vite.