Per curare efficacemente il tumore alla prostata, raro tra i giovani, che insorge negli uomini dopo i 45 anni di età, bisogna captarne la presenza nelle fasi iniziali. Non è un’affermazione semplicemente lapalissiana, ma una considerazione suffragata dalle ultime scoperte attuate per quanto concerne questo tipo di neoplasia. A oggi, se nelle fasi iniziali il tumore diagnosticato risulta essere maligno, si toglie la prostata per prevenire la formazione di metastasi.
Ecco la nuova ricerca
Una ricerca posta in essere presso l’Irccs Ospedale San Raffaele, con il dottor Matteo Bellone, che si trova a capo dell’unità di Immunologia cellulare, nel ruolo di coordinatore, potrebbe cambiare le carte in tavola per quanto concerne la diagnosi e la cura del tumore alla prostata riconosciuto in fasi precoci, quando il tumore esprime la proteina Tenascina-C. Sono le cellule staminali del carcinoma prostatico a produrla. Si tratta delle cellule tumorali che determinano crescita, diffusione e rigenerazione della neoplasia. Grazie alla proteina, le staminali sfuggono alla risposta del sistema immunitario. E’ grazie alle staminali tumorali che la formazione impazzita del cancro si rigenera e crea metastasi, migrando al livello dei linfonodi collegati alla prostata. Che cosa si può fare dopo questa scoperta, i cui test sono stati realizzati su campioni umani e modelli murini (topolini, ndr)? Se tali cellule vengono identificate tempestivamente al livello della prostata e dei linfonodi pelvici è possibile procedere a eliminarle con terapie specifiche e prevenire la progressione della patologia. La proteina ora identificata potrà servire da bersaglio di terapie mirate. Ecco il nuovo senso dato alla diagnosi precoce. Lo studio si trova sulla copertina di maggio dalla rivista Cancer Research.
La prostata: che cos’è?
Si tratta di una ghiandola presente soltanto nel corpo degli individui di genere maschile. Si trova di fronte al retto e produce una parte del liquido seminale emesso nel corso dell’eiaculazione.