La gravidanza rappresenta un periodo a rischio per la tiroide. Durante i nove mesi, infatti, la donna può sviluppare malattie alla ghiandola o andare incontro a un peggioramento di una problematica già presente. In particolare, bisogna fare attenzione all’ipotiroidismo perché è abbastanza comune e può comportare problemi di crescita per il feto.
Che cos’è la tiroide
La tiroide è la ghiandola più antica del corpo umano ed è anche una delle più importanti. Produce, infatti, due ormoni specifici contenenti iodio che controllano moltissime funzioni dell’organismo: la tiroxina o T4 e la triodotironina o T3. La secrezione e la quantità circolante degli ormoni tiroidei è stimolata e controllata da un altro ormone, il TSH, prodotto dall’ipofisi, una ghiandola situata alla base del cervello. L’ipofisi, in pratica, dice alla tiroide quando aumentare o ridurre la produzione ormonale.
L’ipotiroidismo è comune durante la dolce attesa
Da qualche anno gli esperti si sono resi conto che durante la gravidanza si possono manifestare malattie tiroidee specifiche, prima non riconosciute. Del resto, occorre considerare che durante la gestazione il consumo di iodio aumenta: esso, infatti, insieme agli ormoni tiroidei prodotti dalla mamma, serve per lo sviluppo del sistema nervoso centrale del feto. Di conseguenza, se la quantità di iodio introdotta con l’alimentazione non è adeguata, l’organismo materno può andare incontro a una carenza, che causa una sofferenza della tiroide. Questa può reagire o iperattivandosi, per compensare la mancanza, oppure, più comunemente, diminuendo la sua attività, per risparmiare lo iodio: nel primo caso può subentrare ipertiroidismo e nel secondo ipotiroidismo.
Il ruolo del sistema immunitario
Inoltre, bisogna considerare che la gravidanza modifica la risposta del sistema immunitario (di difesa) dell’organismo, aumentando la probabilità di sviluppare malattie autoimmuni, cioè dovute a un anomalo funzionamento proprio del sistema immunitario, che si attiva contro parti e organi dell’individuo stesso. Tale processo può influire sulla tiroide, poiché la maggior parte delle malattie che la colpiscono è di tipo autoimmune.
Se l’ipotiroidismo era già presente può peggiorare
Per questa ragione, se la futura mamma dovesse manifestare sintomi anomali nei nove mesi è bene che ne parli subito con il medico. Come abbiamo detto, la malattia più diffusa è l’ipotiroidismo, che può manifestarsi con stanchezza esagerata e prolungata, tremori, palpitazioni eccessive, scarsa concentrazione, lieve aumento di peso. Le donne che già soffrono di ipotiroidismo devono controllare regolarmente i livelli di THS ed eventualmente T4 e T3. Infatti, è molto probabile che, soprattutto nelle prime settimane di attesa, la tiroide rallenti ulteriormente la sua attività. Non è una situazione da sottovalutare perché un ipotirodismo accentuato e non controllato può aumentare il rischio di aborti, di scarso accrescimento del feto, di problemi cognitivi nel bebè.
La cura è semplicissima
Il trattamento dell’ipotiroidismo è semplicissimo: consiste nell’assunzione di compresse a base di tiroxina, un ormone di sintesi in grado di mantenere un normale equilibrio di TSH, T3 e T4. Il dosaggio varia da caso a caso. Una volta trovato quello adeguato alla singola persona non compaiono effetti collaterali. La cura non va sospesa in gravidanza, al contrario: è essenziale per tutelare la salute di mamma e bebè ed è del tutto sicura. Nel corso dei nove mesi, frequentemente, occorre aumentare i dosaggi per soddisfare anche le esigenze del feto. Per questo, le donne che soffrivano già di ipotiroidismo e quelle che iniziano a soffrirne proprio durante la dolce attesa devono sottoporsi a regolari controlli del sangue: in questo modo, il medico può verificare il livello degli ormoni ed eventualmente variare la cura.