Una ricerca ricerca condotta dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Firenze ha dimostrato che la pupilla è una finestra aperta sui processi cerebrali e fisiologici, in grado di fornire un metodo oggettivo per misurare lo stato di coscienza e le sue alterazioni (spesso ritenuti impenetrabili) raggiunti attraverso la meditazione mindfulness.
Quello che già si sapeva sulla meditazione
È ormai un dato di fatto che la meditazione eserciti una profonda influenza sulla funzionalità cerebrale, ma i risultati della nuova ricerca, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista Current Biology, introducono la misurazione della pupilla come un nuovo strumento per studiare questi processi.
Il vantaggio del nuovo approccio è la sua semplicità, che si combina con l’oggettività dei dati che restituisce.
Una delle grandi barriere nello studio dell’uomo risiede infatti nella difficoltà di studiare i processi senza disturbarli.
Per esempio, durante la meditazione, è molto difficile misurare la percezione e il comportamento della persona facendo domande dirette che, per definizione, interromperebbero l’attività di meditazione.
Al contrario, la misura della pupilla avviene automaticamente, e fornisce un dato oggettivo in grado di distinguere una persona che sta meditando da una che si sta semplicemente rilassando e ascoltando della musica.
La meditazione mindfulness modifica il diametro pupillare
“La pupilla è l’apertura attraverso cui la luce entra nell’occhio”, spiega la professoressa Paola Binda dell’Università di Pisa, senior author del lavoro. “A lungo si è pensato che la sua grandezza fosse regolata solo in base alla quantità di luce: più piccola quando c’è tanta luce, più grande quando ce n’è poca, come capita al diaframma delle macchine fotografiche. Tuttavia, le ricerche del nostro e di altri laboratori hanno rivelato che la grandezza della pupilla è regolata anche da una moltitudine di altri fattori: percettivi, cognitivi, fisiologici”.
La ricerca si è focalizzata sulle variazioni spontanee del diametro pupillare: “Quando la luce è costante, la pupilla si costringe ogni pochi secondi e poi torna a dilatarsi, in modo ciclico”, aggiunge il professor David C. Burr dell’Università di Firenze, corresponding author del lavoro. “Apparentemente casuali, queste variazioni sono in realtà cariche di significato fisiologico, visto che in precedenti ricerche abbiamo trovato che la loro ampiezza si correla con la plasticità del cervello, quindi con la nostra capacità di apprendere e di adattarci al nostro ambiente. Di qui l’idea di misurare queste variazioni in una situazione molto particolare dal punto di vista percettivo e cognitivo: durante la meditazione”.
Come si è svolta la ricerca sulla meditazione mindfulness
“Un gruppo di volontari che avevano precedentemente ricevuto un training specifico nella mindfulness meditation si è prestato ad eseguire una breve sessione di meditazione (a occhi aperti), indossando un paio di occhiali in grado di registrare il diametro delle loro pupille”, ha spiegato la dottoressa Antonella Pomè dell’Università di Firenze, che ha partecipato alla ricerca durante la sua formazione nel XXXII ciclo del dottorato toscano di Neuroscienze, insieme con la studentessa Annalisa Capuozzo che l’ha seguita per la sua tesi di laurea magistrale in Psicologia.
I risultati dello studio dimostrano un notevole aumento della motilità delle pupille durante la meditazione, rispetto al periodo precedente e seguente.
La ricerca è frutto di una rete di eccellenza che coinvolge i due atenei toscani e altrettanti progetti finanziati dalla Commissione Europea: il progetto Pupiltraits (finanziato con circa 1.5 milioni di euro per una durata di 5 anni), ospitato all’Università di Pisa e coordinato dalla professoressa Paola Binda, e il progetto GenPercept (finanziato con circa 2.5 milioni di euro per una durata di 5 anni,) ospitato all’Università di Firenze con titolare il professor David C. Burr.