Non siamo solo il nostro cervello: le emozioni nascono nel cuore

Non siamo solo il nostro cervello: le emozioni nascono nel cuore

Le emozioni nascono nel cuore, e non nel cervello, dicevano i poeti.

Ora la ricerca scientifica conferma le fondamenta di questo topos letterario.

Uno studio, realizzato da bioingegneri dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Padova e l’University of California Irvine, analizza il meccanismo che ci porta a provare una specifica emozione a fronte di determinati stimoli e trova nel cuore la radice delle emozioni.

“Abbiamo mostrato sperimentalmente”, spiega Gaetano Valenza, docente di bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e ricercatore al Centro “E. Piaggio”.

“Come l’interazione dinamica tra il sistema nervoso periferico centrale e autonomo sostiene le esperienze emotive attraverso specifici tempi e aree corticali.

Durante la stimolazione emotiva, abbiamo mostrato come le dinamiche autonomiche sul controllo cardiovascolare inizino la risposta fisiologica all’emozione nella direzione del SNC.

Questa attività è correlata all’eccitazione.

I nostri risultati aggiungono nuovo slancio alla teoria delle emozioni, suggerendo che la dinamica neurale periferica dell’interazione cuore-cervello cardiovascolare può innescare il processo emotivo a livello cerebrale”.

Emozioni: cervello o cuore?

“Che il corpo giochi un ruolo fondamentale nel definire gli stati emotivi è ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica”, spiega Gaetano Valenza.

“Tuttavia, se escludiamo alcune teorie proposte agli inizi del secolo scorso, fino a ora l’attività cardiovascolare è stata vista come un semplice supporto metabolico a sostegno del cervello.

E solo il cervello sarebbe la sede dei processi biologici responsabili dell’esperienza emotiva cosciente.

Noi abbiamo invece evidenze del fatto che l’attività cardiovascolare gioca un ruolo causale nell’iniziare e nel sentire una specifica emozione, e precede temporalmente l’attivazione dei neuroni della corteccia cerebrale.

In sostanza, non abbiamo la tachicardia perché abbiamo paura, ma la sensazione di paura è l’esperienza emotiva cosciente innescata dalla tachicardia”.

Per dimostrare questa teoria sono stati utilizzati modelli matematici complessi applicati ai segnali elettrocardiografici (ECG) ed elettroencefalografici (EEG) in soggetti sani durante la visione di filmati con contenuto emotivo altamente spiacevole o piacevole.

I ricercatori hanno così scoperto che nei primi secondi lo stimolo modifica l’attività cardiaca, che a sua volta induce e modula una specifica risposta della corteccia.

Un continuo e bidirezionale scambio di informazioni tra cuore e cervello sottende quindi l’intera esperienza cosciente dell’emozione e, soprattutto, della sua intensità.

“Ovviamente”, dice Valenza.

“La complessità delle emozioni che proviamo deriva da uno scambio molto complesso tra il nostro sistema nervoso e i vari sistemi “periferici”, ma è l’attività cardiaca, e non quella cerebrale, a dare il via all’esperienza emotiva.”

Per potere estrarre da una semplice analisi dell’ECG la valutazione di uno stato emotivo, i ricercatori hanno sviluppato delle equazioni matematiche in grado di “decodificare” continuamente la comunicazione cuore-cervello nei diversi stati emozionali.

In pratica, data una certa dinamica cardiaca, in un futuro prossimo, potrebbe essere possibile comprendere quale emozione è stata provata dal soggetto sotto osservazione, per esempio utilizzando uno smartwatch.

Non siamo solo il nostro cervello

I ricercatori hanno indagato le dinamiche temporali delle attività cerebrali e cardiache in soggetti sani che hanno subito uno stimolo emotivo attraverso video.

Dimostrando che, entro i primi secondi, gli stimoli emotivi modulano l’attività del battito cardiaco, che a sua volta stimola una risposta corticale specifica per l’intensità emotiva (eccitazione).

L’elaborazione emotiva è quindi sostenuta da un’interazione cervello-cuore bidirezionale, in cui il livello di eccitazione percepito modula l’ampiezza del flusso di informazioni neurali cuore-cervello ascendente.

Questi risultati possono costituire una conoscenza fondamentale che collega neurofisiologia e disturbi psichiatrici, compreso il legame tra sintomi depressivi e disturbi cardiovascolari.

“La scoperta può avere delle ricadute molto rilevanti sulla comprensione dei disturbi psichici e sulla loro relazione con la salute fisica”, dice Claudio Gentili, del Dipartimento di Psicologia Generale e Centro per i Servizi Clinici Psicologici dell’Università di Padova.

“E può spiegare perché soggetti con disturbi affettivi, come la depressione, sono associati a una maggior probabilità di sviluppare patologie cardiache, o, viceversa, tra soggetti con problemi cardiaci quali patologie coronariche o aritmie si riscontra un incremento di ansia e depressione.

Il nostro lavoro, oltre a riportare in auge la teoria della genesi periferica delle emozioni, conferma le più recenti posizioni neuroscientifiche che propongono di superare il dualismo tra il cervello inteso come organo esclusivo della mente e il corpo, suggerendo come noi non siamo (solo) il nostro cervello”.

Le emozioni nascono nel cuore: lo studio

Questo studio mira ad affrontare la domanda: qual è il ruolo dell’attività del sistema nervoso autonomo (SNA) cardiaco nell’elaborazione emotiva?

“L’attività del SNA, che controlla il battito cardiaco e altre attività viscerali, è ampiamente associata all’elaborazione emotiva portando a un dibattito secolare sul ruolo del SNA nei sentimenti”, dice Valenza.

“Studi recenti hanno scoperto che gli input ascendenti dal cuore sono coinvolti in aspetti essenziali della cognizione, come la percezione soggettiva, l’autoconsapevolezza e la coscienza.

Abbiamo utilizzato un approccio di modellizzazione matematica per quantificare l’interazione direzionale tra le componenti fisiologiche raccolte dal cervello e dal cuore durante l’eccitazione delle emozioni.

I risultati mostrano che l’attività parasimpatica cardiaca gioca un ruolo causale nell’elaborazione dell’eccitazione emotiva, sostenendo interazioni cervello-cuore sia ascendenti che discendenti”.

Le principali novità dello studio rispetto allo stato dell’arte precedente sono legate a:

  • la scoperta dell’interazione funzionale diretta tra dinamica neurale centrale e periferica durante una stimolazione emotiva, utilizzando modelli matematici ad hoc per le serie temporali sincronizzate di EEG ed ECG
  • la scoperta della dinamica temporale del controllo neurale corticale e cardiovascolare durante l’elaborazione emotiva sia in salita, dal cuore al cervello, sia in discesa, dal cervello al cuore, direzioni funzionali
  • il supporto sperimentale alle teorie causali dei sentimenti fisiologici.

Risultati

Nell’ambito dell’indagine sull’origine viscerale delle emozioni, i risultati principali di questo studio suggeriscono che l’accoppiamento cervello-cuore ascendente avvia l’elaborazione emotiva ed è principalmente modulato dall’esperienza soggettiva dell’eccitazione emotiva.

“Abbiamo studiato l’interazione funzionale cervello-cuore (BHI) sotto stimolazione delle emozioni di 62 soggetti sani, divisi in 2 set, utilizzando un modello computazionale basato sulla generazione di dati sintetici di segnali elettroencefalografici ed elettrocardiografici”, spiega Valenza.

“I nostri risultati mostrano che l’attività simpaticovagale gioca un ruolo principale e causale nell’avvio della risposta emotiva, in cui le modulazioni ascendenti dell’attività vagale precedono la dinamica neurale e sono correlate al livello di eccitazione riportato.

L’interazione tra il SNC e il SNA coinvolge non solo il cervello e il cuore, ma anche altri segnali corporei, come l’attività elettrodermica, la respirazione, l’attività gastrointestinale o il diametro della pupilla.

Inoltre, anche se abbiamo utilizzato due set di dati di grandi dimensioni, si potrebbe discutere su come i nostri risultati siano legati alla specifica stimolazione emotiva (presentazione video) e su come l’BHI possa variare a seconda delle diverse tecniche di stimolazione emotiva, che rappresentano un’interessante ulteriore linea di indagine”.

Il ruolo del sistema nervoso parasimpatico

Il sistema nervoso parasimpatico è associato alla regolazione delle emozioni a causa delle sue correlazioni comportamentali con la reattività, l’espressione delle emozioni e le capacità di autoregolazione.

“Abbiamo osservato che l’attività parasimpatica avvia l’elaborazione emotiva”, dice Valenza.

“Questo potrebbe implicare che le emozioni non sono il risultato di un’interpretazione di cambiamenti fisiologici periferici, ma piuttosto un’integrazione di questi input nel cervello, dagli stadi di percezione visiva, uditiva e somatosensoriale.

La variazione del tono parasimpatico è correlata a processi di fluttuazione dell’attenzione e di elaborazione emotiva.

Questi marcatori relativi al sistema nervoso autonomo hanno mostrato la loro capacità di collegarsi con le emozioni in soggetti sani così come in condizioni patologiche.

I nostri risultati possono essere ampliati per chiarire meglio il ruolo della BHI nella vulnerabilità reciproca tra condizioni mentali e fisiche e quindi fornire un modello psicofisiologico di come la salute fisica può contribuire ai fattori di rischio per la salute mentale e viceversa”.

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