Guardare attraverso una scultura e immaginarne la massa… perché la massa non c’è. Avviene nelle opere tridimensionali di Roberto Fanari, artista nato a Cagliari, classe 1984, che vive e lavora a Milano e “ricama” il filo di ferro con maestria. Nell’era dell’immagine e della realtà virtuale questo artista plasma opere quasi senza peso, che però restano, materiali, nello spazio, a dare, non perentorio, ma sussurrato, il loro messaggio. Opere ferme nell’era della performance, che sono un’altra cosa sia rispetto al loro autore, sia rispetto al loro pubblico e acquisiscono tutta, nel dirla con Montale, la divina indifferenza: “era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato”. Lontano da Michelangelo, ne recuperano la maestà, destrutturandola in tutto o in parte, in opere nelle quali, il più delle volte, lo spessore è soltanto immaginato. Per il Buonarroti l’opera era tutta nel disegno (segno inconfutabile di ciò è la Cappella Sistina): anche per Roberto Fanari, che nel 2013 ha inaugurato la sua prima bipersonale presso lo studio d’arte Cannaviello. Le sue opere sono disegni che stanno in piedi da soli: tanto da pensare che si alzino dal piedistallo e acquisiscano movimento, come in un’animazione.
Le opere di Roberto Fanari delineano i contorni, come volumi senza massa. Come mai questa scelta?
Penso al mio lavoro come ad un disegno tridimensionale dove la linea è protagonista e costruisce lo spazio lasciando vuoti e trasparenze. Allo stesso tempo riempiendo ed infittendo alcune parti riesco a creare dei contrasti cromatici. In questo modo anche il vuoto, delineato da un contorno, diventa pieno.
Disegna mai figure delle tue opere su carta o tela prima di realizzarle?
Parto sempre dal disegno. Prima di iniziare un qualsiasi lavoro devo sempre avere ben chiari tutti i vari passaggi, così il disegno diventa un vero e proprio progetto dove studio le dimensioni, i dettagli, ecc.
Ci spieghi il procedimento: come incomincia a creare e come porta a termine le figure?
Prima di tutto arriva l’idea, magari inizialmente approssimativa, che mi rimane impressa per diverso tempo. Quando poi mi convinco, passo al progetto su carta. Qui decido tutto quanto: figura, dimensioni, dettagli, posa, colore, ecc. (ma naturalmente quando passo alla costruzione vera e propria cambio alcune cose). Infine realizzo il lavoro: prima la struttura portante, dove solitamente utilizzo un filo di ferro più spesso in base alle dimensioni del lavoro, poi passo alla figura ed infine ai dettagli.
Quali materiali utilizza di preferenza e perché?
Ogni materiale ha una sua potenzialità e svariati modi di essere trattato. Di conseguenza scelgo in base all’idea e al lavoro. Mi piace sperimentare, ho utilizzato diversi materiali tra cui legno, ceramica, gesso, piombo, resine, e cemento. Sono molto incuriosito dalle plastiche, ma non ho ancora avuto modo di usarle. Il mio preferito è il filo di ferro cotto, un materiale usato in edilizia per la costruzione delle armature, più morbido rispetto al filo di ferro normale, che mi permette di disegnare e costruire lo spazio con una semplice linea e, allo stesso tempo, ha una funzione portante.
L’arte figurativa è una scelta che riguarda soltanto alcune delle sue opere oppure è una scelta di vita?
È semplicemente il mio modo di esprimermi.
Propone figure stilizzate, dai tratti essenziali: come sceglie i dettagli importanti?
In generale cerco sempre di non appesantire troppo con i dettagli. Una volta costruita la struttura portante vado a riempire con del filo di ferro più sottile. Poi vengono i dettagli che vengono in relazione alla composizione, messi in evidenza proprio dal fatto che sono pochi ma molto curati.
Lavora mai a partire da fotografie?
Sì, la fotografia, il cinema, il web, le riviste, ecc. sono tutti molto importanti per prendere spunti e ispirazione. Mi piace molto andare in cerca di curiosità in giro per i mercatini delle pulci. Le idee arrivano così, in ogni momento può nascere un lavoro.
Ha mai lavorato il legno, oppure la creta? Ci parli della sua formazione.
Ho frequentato l’istituto statale d’arte di Oristano in cui per cinque anni ho avuto la possibilità di conoscere e lavorare sia l’argilla che il legno. Poi ho frequentato l’accademia di belle arti di Sassari dove ho conosciuto degli artisti molto bravi con i quali sono molto legato da una grande amicizia. In particolare grazie ad uno di loro ho potuto approfondire le conoscenze di vari materiali tra cui anche il filo di ferro.
Ancora oggi ogni volta che ho qualche problema pratico è la prima persona che chiamo.
Che cosa le dà maggior soddisfazione: animali, figure umane o architetture?
Ogni soggetto mi colpisce e affascina in un modo diverso, una volta deciso mi immergo nel lavoro e non trovo più alcuna differenza.
Qualche dettaglio in merito ai suoi lavori in resina.
I lavori in resina fanno parte di una serie intitolata “la stanza delle meraviglie” sulla linea delle Wunderkammer. Inizialmente volevo realizzare solo alcune parti dei soggetti in resina, invece una volta realizzato il modello in creta mi sono ricreduto e ho deciso di lasciarle intere.
Che cosa ha in cantiere in questo momento?
Ora sto lavorando ad una serie di arazzi realizzati in filo di ferro cotto. Praticamente utilizzo il filo di ferro come un filo di cotone che intreccio e annodo come in un ricamo.
Intervista di Isabella Lopardi
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