Proposto da Domenico Starnone per il Premio Strega 2021, “Questo giorno che incombe” è l’ultimo romanzo di Antonella Lattanzi.
E’ una storia dura, che poco concede al lirismo o alla scrittura consolatoria, costruita uno strato sopra l’altro, una sfaccettatura sopra l’altra.
Impossibile considerarla come un tutto monolitico, fermo nella sua aderenza all’oggettività, perché essa si smembra in rivoli dispersi, come in un caleidoscopio prismatico.
La stessa scrittrice contraddice l’ipotesi che si tratti di narrazione di genere, o per lo meno ritiene che sia difficile identificare uno specifico genere, dal momento che nelle pagine si intrecciano la tragedia, il thriller, la narrazione di denuncia del presente e dei suoi tentacoli manipolatori, la potenza di una storia d’amore deflagrata sulle ceneri di un’altra storia d’amore – apparentemente la più salda.
Sullo sfondo di una Roma insolita, periferica ma agiata, vissuta da uomini e donne che hanno costruito un loro personale microcosmo che esclude gli estranei sino a quando non riesce ad omologarli, a farli diventare uno di noi, si muove Francesca, la protagonista, appena trasferitasi insieme alla sua famiglia nel quartiere Giardino di Roma.
Assenze e solitudini nelle pagine di Antonella Lattanzi
Quanto entusiasmo si può trasferire in qualcosa che sta per cominciare?
Quando Francesca, col marito Massimo e le piccole Angela ed Emma, vede per la prima volta il cancello rosso che caratterizza il nuovo condominio in cui stanno per entrare da residenti, è travolta dalla sensazione che stia per iniziare una vita felice, in cui realizzare il suo sogno.
Alle sue spalle ha lasciato Milano e il suo lavoro da grafica in una rivista, pronta a seguire Massimo e la sua grande opportunità di lavoro come professore associato, a fare un salto nel buio nella convinzione di riacquistare la sua libertà personale e poter finalmente dar vita al suo sogno, un libro illustrato per bambini.
Ma i sogni sono fatti per infrangersi: sin dall’inizio, seguendo Francesca nella sua quotidianità, percepiamo i segnali seminati da Antonella Lattanzi per farci nascere dubbi, sospetti, incertezze su ciò che è reale e ciò che vive invece solo nella mente dei singoli personaggi.
Sin dalle prima pagine emerge il potere dell’assenza: manca tutto ciò che è rimasto a Milano, manca il concretizzarsi delle convinzioni nate nei mesi precedenti il trasloco, manca Massimo, così assorbito dal nuovo lavoro da non avere né tempo né forze da dedicare alla famiglia, mancano nuove amicizie che potrebbero soppiantare quelle passate, manca l’ispirazione per il libro.
Nella grande famiglia allargata che dice di essere la popolazione del condominio sembra non esserci posto per i Ferrario, i nuovi arrivati, anche se a parole e gesti esteriori tutti si mostrano sin troppo attenti e ossequiosi.
Francesca percepisce che si tratta di un atteggiamento superficiale, che appare placido come la superficie di uno stagno, ma nasconde un fondo limaccioso.
La sua vita si trasforma in una monotona e faticosa routine di moglie e madre, la sua carica lavorativa è spenta, non riesce a disegnare e si sente inesorabilmente sempre più sola, arrivando a distorcere la realtà al punto da avere come unica interlocutrice la sua casa, vista ora come un rifugio sicuro ora come una prigione. E la casa le risponde, le dà consigli e ordini, la supporta e ironizza su di lei: la realtà oggettiva non esiste più, è stata soppiantata da quella interiore della protagonista, sempre più spesso soggetta a gravi dolori alla testa e a ripetute amnesie.
Come un sasso nello stagno
Tutto cambia nel momento in cui la gabbia dorata del condominio viene squassata da una tragedia: Teresa, una bambina di cinque anni compagna di giochi di Angela, sparisce nel nulla e tutto il torbido viene a galla.
Antonella Lattanzi si è ispirata ad un fatto realmente accaduto nel condominio di Bari dove visse la sua infanzia, funestato da un simile incidente, come veniva chiamato.
Troppo piccola per comprenderlo al tempo, lo ha rivisitato nella sua memoria da adulta, trovando risposte a domande sospese e spiegazioni a comportamenti prima rimossi.
Anche a Giardino di Roma è una tragedia: tutti gli inquilini si impegnano nella ricerca della bambina, che sembra svanita nel nulla, facendo muro contro gli estranei, i curiosi, i giornalisti che vogliono guardare dentro lo stagno.
Il mostro esiste, come nei disegni di Francesca, la sua clandestinità genera paura in ogni madre, nessuno lascia più i bambini da soli nel giardino protetto, i sospetti si insinuano subdoli attraverso le fessure delle porte.
I cerchi sul pelo dell’acqua si fanno sempre più ampi, Francesca è sola, angosciata, ossessionata dall’idea di voler andare via da Roma, incapace di provare empatia per i coinquilini tranne che per uno, il suo vicino di piano, Fabrizio.
Massimo sembra percorrere ormai strade diverse, senza di curarsi di lei, del suo asfissiante quotidiano – in decine di pagine narrate si ripropone sempre lo stesso meccanismo, la stessa routine, senza che mai succeda qualcosa di diverso – quasi sospingendola verso la ricerca di un brivido, di un piacere, di un momento di felicità, del sentirsi donna e basta.
La donna felice, sicura di sé, realizzata nel lavoro e negli affetti, curiosa del futuro e dei cambiamenti non esiste più: Francesca vive per proteggere Angela ed Emma, lotta contro la sua paura per riprendersi la sua vita, cerca di fuggire le sue ossessioni quotidiane, mentre tutti intorno a lei sedimentano la scomparsa di Teresa.
Tutti, a Giardino di Roma, sembrano capaci di parlarsi, di comprendersi, di aiutarsi, tranne Francesca e Fabrizio, che non condividono il linguaggio degli altri e ricorrono a strumenti alternativi: Francesca disegna, Fabrizio suona il violoncello. Sono i diversi, quelli osservati in ogni loro azione e movimento, spiati dagli altri, spinti a desiderare la fuga e a trovare l’uno conforto nell’altro.
Antonella Lattanzi scopre la nuda essenza del male
Se un colpevole, un mostro, non viene identificato, appare consolatorio e rassicurante individuarne uno, il più probabile agli occhi della gente, fomentata dai media e dallo squallore del trash televisivo.
Giardino di Roma non si sottrae a questa legge implicita: il diverso, il non omologato, colui che non parla con gli altri sembra essere la vittima sacrificale perfetta, pronta per essere lapidata e data in pasto alle telecamere.
Fabrizio, unico sostegno di Francesca, viene travolto da questa spirale, fatto oggetto prima di atti vandalici intimidatori e poi di accuse circostanziate.
Massimo appare concorde coi coinquilini, le tessere del mosaico si sistemano per riportare la calma nello stagno, anche se l’accusato nega e di Teresa non c’è traccia da nessuna parte.
L’odio è palpabile, come il disprezzo che Francesca percepisce nei suoi confronti, perché adesso lo sa, tutti sanno e giudicano la sua passione per il mostro pedofilo, il sentimento nato per colmare i vuoti, per dare luce a un’esistenza scivolata nel buio e nella paura.
I mostri che disegna cercando di dar vita al suo libro sono di carta, quelli intorno a lei respirano, parlano, giudicano, accusano.
I giorni non trascorrono, incombono con tutto il loro carico di ansia e paura, sino al momento in cui la verità esplode devastante, tra lo smarrimento e l’incredulità generale.
E’ tutto finito, Antonella Lattanzi congeda i suoi personaggi con la consapevolezza che su ciascuno incombe un giorno nuovo, che il buio ha lasciato posto alla luce ma che quest’ultima è effimera, momentanea, illusoria: nel tempo di un respiro il male, con tutta la sua banalità, è pronto a tornare, a liberare i fantasmi di tutti.
TITOLO : Questo giorno che incombe
EDITORE : HarperCollins
PAGG. 456 EURO 19,50 (disponibile versione eBook euro 9,99)