Gianrico Carofiglio ci ha abituati alla sua prosa che scivola morbida e leggera sugli eventi, ai personaggi che sono talmente realistici, col loro bagaglio di emozioni, da sembrare veri, a città belle come la sua Bari dove comunque e sempre si annida il male.
Certamente la sua carriera da magistrato e da senatore gli ha permesso di gettare uno sguardo ampio sul mondo di oggi e sugli uomini, ma di suo l’autore aggiunge la sensibilità e l’acume nel cogliere quel particolare o quel sentimento sfrangiato che trasformano i suoi romanzi, molti dei quali legal thriller, in qualcosa di unico, con uno stile personalissimo.
Guido Guerrieri, l’avvocato di Gianrico Carofiglio
Allo stesso modo Gianrico Carofiglio ci ha portato ad essere empatici con uno dei suoi protagonisti ricorrenti, l’avvocato Guido Guerrieri, capace di mettere in discussione il concetto di vero e di ovvio quando ha la convinzione che per scoprire la verità occorra andare ben oltre a ciò che appare al primo osservare.
La perfezione è sempre provvisoria, le regole dell’equilibrio distruggono le certezze costruite a priori, così come i ragionevoli dubbi devono sempre essere tenuti ben presenti all’atto di prendere una decisione, come ci ricordano i titoli di vicende che lo vedono protagonista.
Gianrico Carofiglio, poi, ha collaborato anche con il fratello Francesco per storie scritte a quattro mani, senza però scordare di occuparsi, da scrittore, di un problema grave, quello della incomprensione del linguaggio pubblico.
E’ fondamentale pensare, parlare e scrivere con chiarezza, perché ogni società civile si basa sulla condivisione dei principi che devono necessariamente essere compresi da tutti: per questo occorre utilizzare una scrittura civile, cioè “limpida e democratica, rispettosa delle parole e delle idee”.
Gianrico Carofiglio alle prese con il maresciallo Pietro Fenoglio
Per il suo ultimo romanzo, però, Gianrico Carofiglio ha lasciato in attesa Guerrieri per riprendere invece, a distanza di tre anni, il maresciallo Pietro Fenoglio, protagonista ne “La versione di Fenoglio”.
Pietro Fenoglio, torinese d’origine, svolge la sua funzione a Bari, dove lo troviamo, al suo primo apparire, impegnato in un caso solo apparentemente facile, anzi, troppo facile da risolvere, per cui genera perplessità nel maresciallo, che non sottovaluta alcun indizio né alcuna contraddizione per arrivare alla soluzione(“Una mutevole verità”, 2014).
Nel suo secondo caso (“L’estate fredda”, 2016) Fenoglio si trova a dover sbrogliare una matassa a seguito del rapimento del figlio di un boss della malavita barese, una matassa così tanto ingarbugliata da portare il maresciallo a dover scavare non solo nel torbido delle guerre tra clan, ma anche all’interno dell’Arma, laddove si suppone che il senso della giustizia debba essere soverchiante.
Approdato ad un periodo della vita in cui si inizia a tirare le fila, Pietro Fenoglio nell’ultima sua avventura non è in servizio attivo, in quanto ha subito un’operazione all’anca ed è costretto a ripetute sedute di fisioterapia, per poter rientrare nei ranghi e approdare dopo sedici mesi alla pensione.
E’ un uomo stanco, con una relazione difficile con il tempo che incombe su di lui, una tristezza interiore che gli deriva dal fallimento della vita coniugale e la voglia di non lasciare che il suo percorso di vita venga dimenticato.
Non è della vita privata che si preoccupa, ma di quella lavorativa, che gli ha permesso col tempo di costruire un suo metodo di indagine, portandolo a contemplare sempre la sua versione dei fatti.
Così, quando si trova a dover condividere la fisioterapista Bruna e gli esercizi di recupero con Giulio Crollalanza, un giovane reduce da un brutto incidente automobilistico, trova in lui l’ascoltatore ideale, quello a cui desidera raccontare di sé, facendolo partecipe del suo stesso modo di vivere.
Giulio sta per laurearsi in Giurisprudenza, sebbene non desideri seguire la strada del padre avvocato che lo ha forzato nella scelta della facoltà, e Fenoglio forse, una volta in pensione, riprenderà i libri in mano, per terminare il corso di laurea in Lettere abbandonato da giovane per entrare nell’Arma.
Piacevolmente sorpreso dalla cultura letteraria e dall’acume del giovane Giulio, il maresciallo si apre con lui e gli racconta del metodo investigativo, dell’incoerenza tra realtà e finzione poliziesca, di come dopo tanti anni trascorsi a contatto col crimine sia quasi automatico lo spezzarsi della sospensione dell’incredulità.
E’ come se la memoria facesse un balzo all’indietro con assoluta quanto sconcertante naturalezza, Pietro Fenoglio apre a Giulio i meandri più nascosti di sé, facendogli capire che in fondo l’arte dell’investigazione non differisce molto da quella dello scrittore di romanzi, in quanto entrambi devono saper immaginare come potrebbero essere andati i fatti, con una spiegazione plausibile in entrambi i casi.
L’arte di investigare è l’arte di costruire storie, non verosimili ma vere, è l’arte di sapersi guardare attorno, sia in senso materiale sia in senso metaforico.
Gianrico Carofiglio, tra le righe del romanzo, traccia i contorni ben definiti di un manuale di investigazione, attraverso un personaggio molto umano, spesso imperfetto, ma attento a sottolineare sempre l’importanza del dubbio, l’unico che possa in qualche modo arginare il rischio dell’errore.
A Fenoglio Giulio invece parla di sé, delle sue indecisioni e delle sue fragilità, di come sia disorientato dai dettami paterni che vogliono per lui una vita che non desidera.
La saggezza dell’uomo compensa le incertezze del giovane, come le attese di quest’ultimo confermano le verità del primo; il maestro insegna senza avere la presunzione di farlo e il discepolo impara attraverso l’esperienza.
Mediante il meccanismo ripetuto dell’analessi lo scrittore ci permette di muoverci nel passato insieme a Fenoglio, mentre nel presente i giorni che i due quasi amici hanno da condividere sono sempre meno.
Le storie del maresciallo sono lezioni di vita offerte a Giulio, che ne percepisce la forza intrinseca, affascinato da come la ricerca della verità possa a volte trasformarsi in una vera e propria caccia, indirizzata su una preda malvagia.
All’atto di separarsi, terminata la sessione di fisioterapia, entrambi si sentono arricchiti dalla reciproca conoscenza, ristabiliti non solo nel fisico ma anche nello spirito, attraverso uno dei mezzi più accessibili ma spesso scordato, il narrare di sé a un altro, facendo così in modo che attraverso la condivisione ciò che è stato non vada perso.
E’ questo un desiderio insito nell’animo umano da sempre, da quando Omero tramandava non solo le gesta ma anche le pieghe più nascoste dell’animo degli eroi greci: realizzarlo può dare l’impressione o la consapevolezza di non essere passati invano attraverso il tempo e lo spazio, di aver lasciato in qualche modo una traccia di sé.
TITOLO : La versione di Fenoglio
EDITORE : Einaudi
PAGG. 176, Euro 16,50 (disponibile in versione Ebook, euro 9,99)