Mark Manson, manuale di istruzioni per imparare a vivere anziché sopravvivere
“La sottile arte di fare quello che c***o ti pare” di Mark Manson è giunto, in traduzione italiana, alla sua cinquantaquattresima edizione con oltre quindici milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Un caso a sé, in un paese come il nostro dove si contano più scrittori che lettori (la reale portata dei primi richiederebbe tuttavia un libro a sé…).
Un fenomeno letterario, dal momento che il manuale si pone come Il metodo scorretto (ma efficace) per liberarsi da persone irritanti, falsi problemi e rotture di ogni giorno e vivere felici, un traguardo, quest’ultimo, molto ambito.
Certo, piacerebbe a tutti essere come il pesciolino rosso di copertina che abbandona con un salto azzardato la boccia in cui nuotano i suoi simili per raggiungerne una nuova tutta sua, imparare a lasciarsi alle spalle cose, ricordi, persone che avvelenano la quotidianità per migliorare la propria vita, ma può davvero un manuale essere la soluzione vincente?
Chi è Mark Manson?
Mark Manson è un blogger americano trentaquattrenne, con alle spalle una vita in cui le difficoltà non sono mancate ( stando a quanto egli stesso racconta nel suo libro).
Impegnato a destreggiarsi tra droghe, donne e alcol nei primi anni della sua giovinezza, incapace di uscire da un circolo vizioso prigioniero delle fantasie adolescenziali, ha finalmente messo a fuoco la strada da percorrere, dando alla vita il suo giusto valore.
Condividendo i suoi pensieri attraverso la parola scritta, ha avuto un successo internazionale, arrivando ad essere tradotto in sessanta Paesi, diventando di fatto un imprenditore di successo.
Tutto questo nell’arco di una decina d’anni, vendendo consigli, suggerimenti, episodi di vita vissuta, filosofie di vita presentate come alternative, metodi scorretti ma efficaci per vivere meglio.
Se non è dato sapere su quante vite abbia profondamente inciso, è dato invece comprendere quante siano le persone non felici in questo nostro mondo moderno, dato che così tante hanno cercato di trovare nelle righe scritte da Mark Manson la chiave per vivere meglio.
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Su cosa si basano i tanti manuali di auto-aiuto?
Sull’esaltazione della positività, sull’ottimismo ricercato in ogni anfratto della nostra esistenza, sulla necessità di poter dire sempre io ci ho provato.
Mark Manson butta alle ortiche questo presupposto e lo sostituisce con il suo: non provare ad ottenere tutto ciò che ti manca, il miglioramento di te stesso, la fama, il successo, la Felicità assoluta, ma concentrati su ciò che non hai, sui tuoi fallimenti e NON provare, fermati e impara a sbattertene.
Mark Manson e il suo traduttore giocano sul doppio significato di questo termine poco elegante ma incisivo: invece di sbatterti per qualcosa, collezionando frustrazioni e insuccessi, impara invece a sbattertene di tutto il possibile.
Esci dal Ciclo di Risposta Infernale, trasforma in esperienza positiva l’essere stato capace di accettare l’esperienza negativa.
L’errore fondamentale, a giudizio dell’autore, è trascorrere la propria vita cercando di capire cos’è e dove sta la felicità, dimenticandosi così di viverla pienamente.
Nessuno di noi è eccezionale, prendiamone atto e gestiamo il nostro dolore in modo più significativo, muoviamoci con sulle spalle fardelli pesanti che non poseremo mai, lasciamo andare tutto ciò che non è importante, senza rimpianti.
Questo, per Mark Manson, è il vero punto di partenza.
Scala del dolore e del valore per Mark Manson
Il dolore fa parte della nostra vita: inconfutabile, ma non così ovvio.
Torniamo ai manuali di filosofia positiva: tutti inducono a evitarlo, a superarlo, ad allontanarlo dalla propria quotidianità, ma è solo affrontandolo che le cose miglioreranno, accettandolo come elemento costitutivo dell’esistenza.
Il dolore è magister vitae, ci induce a non ripetere gli stessi errori.
Esso va accettato, ci insegnerà ad evitare gli spigoli a piedi scalzi e a non fidarci troppo degli amici, in egual misura.
Dal dolore nascono le emozioni e il fatto che siano negative comporta soltanto la necessità della reazione, che conduce al cambiamento.
Il cammino che porta ai traguardi personali è accidentato, ma risolvere i problemi è la fonte di gioia, non pensare di eliminarli per sempre: risolto uno se ne presenterà sempre un altro, meno grave, e così all’infinito.
Non negare l’infelicità o il pessimismo, questo è fondamentale: di lì in avanti, ogni battaglia diventa possibile, posta al livello che ogni singolo individuo ritiene giusto e utile, infischiandosene di quanto gli viene suggerito dai guru dell’ottimismo.
I veri valori a cui ispirarci sono cinque, secondo Mark Manson, l’assunzione di responsabilità, l’ammissione del dubbio e dell’ignoranza, l’accettazione del fallimento, la capacità di dire e sentirsi dire di no, la serena accettazione della propria immortalità.
Essere responsabili, non colpevoli
Si tratta, per Mark Manson, di un distinguo fondamentale: siamo responsabili delle nostre scelte, sempre, dal minimo al massimo contesto.
Nella possibilità di scegliere sta la nostra arma vincente, e di ogni scelta dobbiamo assumerci la responsabilità, la presa d’atto, ma questo è ben diverso dall’essere colpevoli, dall’aver deliberatamente recato del danno a se stessi o agli altri.
Il passo importante è allora saper scegliere i valori giusti, nonostante le incertezze, il senso di fallimento o di rifiuto.
Nel nostro percorso dobbiamo sentirci liberi di fallire, di dover spostare un po’ i nostri paletti, perché solo così si procede nella crescita.
Ciò che conta è non arrendersi limitandosi a piangersi addosso, ma fare sempre qualcosa, trovare nuove motivazioni per le nostre azioni, anche le più semplici.
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Ha senso fissare come valori il giusto e lo sbagliato?
Non per Mark Manson.
Solo uno spiccato narcisismo può farci illudere di aver raggiunto ciò che è giusto, perché la realtà è che abbiamo solo capito come ottenere qualcosa di un po’ meno sbagliato.
Sembra un gioco di parole, ma è un elemento fondante nel cammino verso il nostro star bene.
Le nostre convinzioni non sono certezze oggettive, i valori in cui abbiamo creduto sino ad oggi devono poter essere sostituiti grazie alla consapevolezza della nostra ignoranza e del difetto del nostro comune pensare.
L’autore suggerisce di considerare adeguatamente la legge dell’evitamento, in base alla quale evitiamo, in positivo e in negativo, ciò che minaccia la nostra identità: in realtà sbagliare e capire di aver sbagliato è già un successo, perché solo così non finiremo mai di scoprire chi realmente siamo.
Il passo successivo, che dovrebbe includere una sorta di moderna atarassia, è il saper dire di no a ciò che non ci fa star bene, non rafforza il nostro equilibrio, danneggia la nostra immagine agli occhi degli altri se essa è una proiezione errata.
E di conseguenza l’azione reciproca: impariamo ad accettare i no che ci vengono rivolti, i rifiuti conclamati, le critiche appropriate, se tutto ciò ci porta a realizzare il nostro progetto di vita e abbandonare le inutili e dispendiose alternative.
E infine?
Infine accettiamo l’ovvio: siamo esseri mortali, la morte fa parte di noi e sebbene ci faccia paura non dobbiamo evitare di pensarla o parlarne.
Stoicamente rendiamo migliore la nostra vita sapendo che non siamo immortali, la paura della morte può impedirci di vivere la nostra vita, trasformandola in pura sopravvivenza.
Lasceremo forse una memoria che si protrarrà nel tempo, un segno pari a un battito d’ali di farfalla, avendo dato importanza a qualcosa di più grande di noi, di cui siamo solo un processo secondario.
Sapere di morire ci aiuta a vivere, sempre.
TITOLO : La sottile arte di fare quello che c***o ti pare
EDITORE : Newton Compton Editori
PAGG. 256 EURO 10,00 (versione eBook euro 5,99)