I prodotti vegani sono davvero così sani e green?

Prodotti vegani: li conosciamo davvero? Ecco cosa abbiamo scoperto

Il mio cibo non urla“, recita lo slogan di alcuni tra i più radicali consumatori di prodotti vegani.

È evidente che la questione sia molto complessa da affrontare, e che siano numerose le tematiche intrecciate.

L’alimentazione vegana, vale a dire quella che non prevede il consumo di prodotti animali e di derivati dagli stessi, sta riscuotendo un seguito sempre maggiore.

Infatti, sono sempre più numerose le manifestazioni riguardanti il tema e gli eventi dedicati, come nel caso di Veganuary, l’iniziativa che propone, per un intero mese, di abbracciare la dieta vegana.

Tuttavia, i prodotti vegani confezionati, si possono davvero definire “etici“, “sani” e “green“?

 

Sappiamo veramente cosa c’è nei prodotti vegani? 

Ciascuno di noi sa che, se vuole alimentarsi in modo vario ed equilibrato, deve apportare all’organismo i nutrienti di cui ha bisogno per svolgere le sue funzioni al meglio.

Una dieta vegana, quindi, risponde a queste esigenze?

I prodotti vegani sono davvero così sani e green?
Alessia Rizzolo, tecnologo alimentare

Abbiamo intervistato Alessia Rizzolo, tecnologo alimentare per una multinazionale italiana di Moca (packaging a contatto con alimenti), per chiarire questi e altri punti.

Alimenti di origine vegetale, in generale, sono considerati più leggeri e sani, poichè non sono costituiti da grassi e proteine animali. Tuttavia, cibi a base vegetale, possono contenere grassi, zuccheri, sale, e altri prodotti altamente processati“, spiega Rizzolo.

Per prodotti processati, si intendono quelli che hanno subito trasformazioni e aggiunte, e che, tendenzialmente, sono poco salutari, come nel caso dei wurstel.

“Le proteine di origine animale sono sostituite, in questo tipo di alimenti, da quelle di pisello o soia. La differenza sta nella qualità, più che nella quantità“, prosegue. Infatti, le prime hanno qualità maggiore, poichè le proteine vegetali contengono meno amminoacidi essenziali. Tuttavia, anche le vegetali, possono coprire il fabbisogno proteico dell’organismo.

Il problema, quindi, deriva, in gran parte, da tutto ciò che viene aggiunto artificialmente agli alimenti vegani confezionati.

Qual è la necessità di aggiungere qualcosa, quindi?

“Gli addensanti svolgono un ruolo importante dal punto di vista strutturale, gli aromi invece migliorano il sapore dei prodotti vegani confezionati”, continua Alessia Rizzolo.

Per esempio, al posto dell’uovo si può trovare lecitina di soia, o girasole, utilizzata come emulsionante. Il formaggio vegano, invece, contiene olio di cocco, colza o palmistro, sostanze ricche di grassi saturi e, quindi, poco sane.

 

L’allarme dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare

Inoltre, nel 2016 l’Efsa, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha lanciato l’allarme sul possibile rischio per la salute a causa di alcuni additivi utilizzati nei prodotti vegani: acido erucico, monocalcio fosfato (che ostacola il metabolismo del calcio), meticellulosa (fibra di origine artificiale per addensare il cibo e trattenere l’acqua).

“Gli additivi non vanno demonizzati, ma il rischio d’accumulo nell’organismo è reale, pertanto vanno tenuti sotto controllo”, afferma Rizzolo.

Ricerca e sperimentazione sono in atto ogni giorno nel settore, pertanto è lecito pensare che si possano trovare nuove soluzioni o migliorare quelle esistenti.

 

I surrogati e i limiti della carne sintetica

Chiamare yoghurt, maionese, o formaggio, dei surrogati vegani di prodotti originali, è una forzatura.

Eppure, ciò avviene spesso per marketing, come nel caso della carne vegetale, che non contiene nulla di riconducibile alla carne.

“È opportuno distinguere carne vegetale e sintetica. La prima si ottiene con la lavorazione di cellule vegetali derivanti da legumi o cereali, e necessita l’aggiunta di aromi. La seconda, invece, viene creata in laboratorio a partire da cellule staminali prelevate ad animali vivi, senza causare loro dolore. La carne ricavata in questo modo è equivalente a quella normale dal punto di vista biologico e del gusto”, conclude Alessia Rizzolo.

Tuttavia, parlando di carne e soprattutto di pesce in provetta, e quindi sintetici, la Coldiretti ha parlato nel 2022 di “deriva alimentare“. Le motivazioni a sostegno di questa affermazione sono molte: non salva l’ambiente poichè consuma più acqua ed energia di allevamenti tradizionali, non vi è garanzia per la salute rispetto ai prodotti chimici utilizzati, non è accessibile a tutti poichè richiede un bioreattore per essere prodotta.

 

Le scelte del singolo, le dinamiche del gruppo

È difficile stabilire quale sia il confine tra scelta ponderata o per moda se si parla di diete vegane. Ed è ancora più complesso analizzare le dinamiche della persona all’interno del proprio gruppo di appartenenza.

I prodotti vegani sono davvero sani e green?
Giuseppe Pantaleo, psicologo sociale

Per questo motivo, abbiamo deciso di intervistare il professor Giuseppe Pantaleo, ordinario di Psicologia sociale e Direttore dell’UniSR-Social.lab, il laboratorio di Psicologia sociale dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

I motivi per i quali sempre più persone decidono di non consumare carne e derivati possono essere molti: scelte etiche, gusto personale, rispetto per l’ambiente e altre ancora.

Non solo, con la legge di Bilancio dello scorso mese, in Italia, si è stabilito che ben 2 miliardi di euro saranno destinati al settore agricolo. Ciò potrebbe influenzare anche gli allevamenti poichè, se investiti correttamente, questi fondi potrebbero diminuire le emissioni e migliorare la qualità di vita degli animali allevati.

C’è da chiedersi, se alcuni vegani fossero a conoscenza di questi dati, sarebbero disposti a ritrattare circa la loro scelta alimentare?

“Un miglioramento della qualità di vita degli animali allevati dovrebbe portare a una sensibile ripresa dei consumi di carne. Tuttavia, se questa forma di credo sociale ne esclude a prescindere il consumo, le pressioni del gruppo di appartenenza prevarranno“, spiega Pantaleo.

Ma la questione del singolo e del gruppo non finisce qui.

In un mondo in cui regna il consumismo più sfrenato, in cui possiamo mangiare ciò che vogliamo, quando vogliamo (tappe assolutamente non scontate fino a poco tempo fa), perchè privarsi di qualcosa?

Scelte vegane richiedono grande disciplina e autocontrollo. E, anche in questo caso, siamo nel perimetro dell’adesione al gruppo e alla sua identità da parte del singolo”, continua lo psicologo sociale.

Dunque, non è un azzardo pensare ai vegani come ai nuovi stoici, gli antichi forti d’animo, sospesi tra la morale del singolo e quella collettiva.

Tuttavia, esistono anche i consumatori di carne.

Cosa suscita, in loro, leggere su una maglia la scritta “il mio cibo non urla“?

La libertà di una persona finisce dove inizia quella di un’altra, recita un vecchio adagio. Tuttavia, è plausibile che, anche in questo caso, sia opportuno pensare al gruppo, per meglio comprendere le scelte del singolo. Atteggiamenti così radicali, sono spesso mirati, ancora una volta, a farsi accettare dal gruppo“, aggiunge Pantaleo.

E, inoltre, una frase come “il mio cibo non urla” esibita sulla maglietta, prima ancora di identificare come vegano chi la indossa, rischia di apparire offensiva a chi invece non lo è, producendo l’effetto contrario a quello che si vorrebbe ottenere esibendo la maglietta: una polarizzazione degli atteggiamenti, anzichè una maggior sensibilizzazione al problema.

In poche parole, vi sarebbe meno spazio per il dialogo e una sempre più decisa presa di posizione da entrambe le parti.

 

Il curioso caso degli hamburger vegani

Tornando a parlare di cibi vegetali confezionati, per quale motivo, per esempio, gli hamburger vegani sono chiamati così?

“Definire hamburger un alimento che, di fatto, non contiene carne, è all’apparenza singolare. Definirlo, vegano, enfatizza però il paradosso di mangiare un hamburger senza carne. L’aggettivo vegano, riqualifica dunque il tipo di hamburger e aumenta volutamente il contrasto tra l’utilizzo della carne e quello di altri ingredienti. Ma non solo, sottolinea al contempo l’assenza di carne nel suo luogo naturale, amplificando così, in maniera sottile, la questione ideologica alla base della scelta vegana: ben più di un semplice paradosso“, conclude Giuseppe Pantaleo.

 

I prodotti vegani sono sostenibili e amici dell’ambiente?

Una delle principali motivazioni per cui, sempre più persone, decidono di optare per questo tipo di alimentazione, è la tematica ambientale. Per quale motivo? La dieta vegana è davvero sostenibile?

La produzione di carne è responsabile per il 57% delle emissioni di gas serra dell’industria alimentare, secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Food. Ma non solo, in un rapporto del 2020 di Greenpeace emerge che, l’allevamento di animali per l’industria alimentare, inquina di più di tutte le auto e camion del mondo messi insieme.

Inoltre, i “costiper l’ambiente, viaggiano lungo tutta la filiera di produzione della carne: disboscamento delle foreste per la coltivazione dei mangimi, il trasporto degli stessi negli allevamenti, lo spostamento degli animali ai macelli e del prodotto finito nei supermercati.

Anche l’impatto idrico non è da sottovalutare. Secondo Water FoodPrint, una piattaforma che si occupa di studiare soluzioni per contrastare la crisi idrica, anche il consumo di acqua è sproporzionato. La carne bovina ha un’impronta idrica di quasi 15.500 litri per kg, il grano si ferma a poco più di 1800 litri per kg, e la lattuga solamente a 260 litri per kg.

Gli allevamenti, inoltre, sono tra i principali responsabili dell’ eutrofizzazione, processo che determina l’alterazione degli ecosistemi a causa dei fertilizzanti riversati in laghi e fiumi, e a una riduzione del 19% dei prelievi di acqua dolce.

Per contro, si potrebbe parlare delle monocolture che devastano l’ambiente, come nel caso della soia in Amazzonia.

Quindi, in definitiva, stabilire quale sia l’effettivo impatto ambientale delle diete vegane non è semplice.

 

Quinoa, anacardi e lavori forzati

Se, da un lato, l’impatto ambientale dell’alimentazione vegana può apparire non del tutto negativo, vi sono anche aspetti che non possono essere sottovalutati.

La quinoa, per esempio, è considerata uno degli alimenti più nutrienti in natura, ed è usata spesso nelle diete vegane per l’elevata concentrazione di proteine che contiene. Dove viene coltivata? In Perù e Bolivia, due dei paesi più poveri del Sud America. Da quando è diventata una moda nell’alimentazione, la quinoa, ha radicalmente stravolto l’esistenza di molti degli abitanti di entrambi i Paesi, i quali sono stati costretti a lavorare in queste “nuove piantagioni”, sottopagati, e con turni di lavoro interminabili.

Ma non solo, un dettagliato reportage di Human Rights Watch, una ong per i diritti umani, ha messo in luce un dato scioccante. Gli anacardi coltivati in Vietnam, esportatore al 40% a livello mondiale, provengono dal lavoro forzato dei centri di recupero per condannati.

 

Veganuary: il mese dedicato ai prodotti vegani 

Veganuary è il più grande movimento vegano del mondo, e ispira le persone a provare un’alimentazione vegetale per il mese di gennaio, oltre che per gli altri mesi dell’anno.

Nel 2022 sono state ben 629 mila le persone, a livello mondiale, coinvolte nell’iniziativa. L’Italia ha riscontrato moltissime adesioni, con Milano addirittura al terzo posto al mondo.

L’iniziativa è nata 10 anni fa, e da allora le cifre parlano di 2,5 milioni di persone che, per sostenibilità e compassione, hanno deciso di aderirvi. Moltissimi i nomi di spicco a livello mondiale: Billie Eilish, Joaquin Phoenix, Chris Smalling, Peter Egan e altri ancora.

Numerose, inoltre, le aziende del food che hanno appoggiato la campagna: Aldi, Fratelli la Bufala, Rossopomodoro, Cameo, Deliveroo, Alpro, The Fork e tante altre.

Quest’anno in Italia, Silvia Goggi, medico specialista in scienze dell’alimentazione, sarà al fianco di Essere Animali, nota organizzazione per la difesa dei diritti animali.

Ma in cosa consiste la sfida?

Ben 31 giorni di alimentazione completamente vegana, con gustose ricette e consigli utili a supporto.

Chiunque voglia avvicinarsi all’iniziativa, potrà trovare direttamente sul sito di Essere Animali le indicazioni necessarie.

 

 

 

 

Foto di olia danilevich: https://www.pexels.com/it-it/foto/frutta-arancione-a-fette-e-frutta-rotonda-gialla-sulla-superficie-blu-5418667/

About Umberto Urbano Ferrero

Umberto Urbano Ferrero, collaboratore Torinese d’origine, cittadino del mondo per credo. Laureato in Lettere moderne, ama l’arte in tutte le sue forme e viaggia per conoscere il mondo, oltre che se stesso. Umberto è appassionato di sport e Urbano, al contrario di ciò che l’etimologia suggerisce, apprezza la vita a contatto con la natura. Ritiene la curiosità una delle principali qualità in una persona, caratteristica essenziale per guardare il mondo da più angolazioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »