Michele Mari, la memoria affettiva come Genius loci
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Michele Mari, la memoria affettiva come Genius loci

28/09/2024
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Michele Mari è scrittore, traduttore, poeta, ma anche docente di Letteratura italiana all’Università statale di Milano, fumettista e non ultimo giocatore nell’Osvaldo Soriano Football Club, la nazionale italiana calcistica degli scrittori.

Un’attività intensissima, nel corso di un’esistenza volutamente condotta lontano dalla mondanità e dall’apparire a ogni costo.

Nel suo approccio alla scrittura si palesa il ritorno di memorie legate alla biblioteca di famiglia, luogo di elezione.

E’ stato il lettore appassionato a dar vita allo scrittore, cittadino del mondo dei libri non meno di quello del mondo reale.

Un locus desperatus  come ultimo approdo

“Locus desperatus” è il titolo dell’ultimo romanzo di Michele Mari, che è stato tra i finalisti del Premio Campiello 2024.

La locuzione latina ha un suo significato ben preciso, indica un passo testuale corrotto e insanabile, per il quale il filologo è costretto a gettare la spugna contrassegnandolo con la cosiddetta «croce della disperazione».

E’ una definizione da filologi, qual è lo stesso autore, che della lingua sa fare uno strumento straordinariamente duttile, da piegare ad ogni voluta sfumatura.

Ne è prova l’impressione stessa che da lettori si costruisce dopo l’ultima pagina, quando l’attenzione si ferma non solo su cosa è stato scritto, ma soprattutto sul come.

Michele Mari, dall’alto del suo ruolo di regista, ci sfida alla comprensione del lessico colto, delle sfumature impalpabili, dei richiami letterari.

“I libri mi davano talmente tanto che io, per una sorta di gratitudine, sentivo poi di dover restituire in termini di omaggio affettuoso quello che mi avevano dato, che è quello che poi ho continuato a fare per tutta la vita come scrittore.

 Ho continuato ad omaggiare i topoi, le maniere, lo stile, la retorica, certi vezzi espressivi di grandi autori” (da un’intervista a Rai Cultura).

Dunque perché questo titolo?

Perché la vicenda tutta muove proprio da una croce, quella che un anonimo protagonista trova tracciata sulla sua porta e non riesce più a cancellare.

Inutile provare a eliminarla, ricompare ogni mattina.

Tutta la quotidianità ne risulta stravolta, dal momento in cui un bizzarro personaggio di nome Asfragisto incontrato sulle scale gli spiega che la croce indica che lui dovrà andarsene, lasciando ad un altro la sua casa.

Tutto ciò che in essa è stipato vivrà sorte identica, tutto il passato chiuso dietro la porta andrà a perdersi.

Immagine di copertina
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Il tema della memoria in Michele Mari

In Michele Mari il tema della memoria, delle cose evocative non è nuovo, ma qui diventa centrale.

Se noi siamo il nostro passato, le cose che abbiamo conservato scegliendo di non buttarle spiegano il nostro attaccamento a certi momenti anziché ad altri.

Sono la nostra memoria, che non abbiamo interesse né a condividere né a spiegare.

Maniacalmente accumulati, disordinatamente conferiti in cassetti e mobili, parti di raccolte mai terminati o simboli unici e rari parlano di noi comunque.

Per il protagonista vanno da targhette di ferro smaltato numerate provenienti da un’antica miniera abbandonata all’urna cineraria della madre, da un’infinità di libri a pregiatissimi pezzi d’arte o d’antiquariato.

Gli oggetti amati hanno assorbito l’amore di chi li possiede, hanno assunto una paradossale identità.

Come si può pensare di abbandonare tutto senza opporsi? Ma è poi possibile farlo?

Le cose col tempo diventano un tutt’uno con chi le possiede, la memoria affettiva è straripante, i ricordi si legano agli oggetti trasformandoli in feticci, come può essere persino un omino Michelin di elevata statura.

In Michele Mari sfumature di fantastico…

Di fronte alla scrittura di Michele Mari si apre il mondo del fantastico, dove il reale non ha più appigli.

Le cose dimenticate nei cassetti diventano improvvisamente indispensabili, che siano una vecchia calamita rossa o un’intera biblioteca di testi che vanno lentamente sparendo, pagina dopo pagina.

Compito del protagonista è organizzare la difesa, trovare dei nascondigli capienti, sottrarre alla volontà a lui esterna il disfacimento.

Amiamo le cose perché sono l’incarnazione materiale del passato che non possediamo più.

Dovrebbero essere rassicuranti, ma Michele Mari le trasforma in un incubo pressante, in una testimonianza viva della nostra inconsistenza, del nostro non essere.

La croce sulla porta sta a significare che saranno fantasmagoriche entità, gli ultracorpi a subentrare al nostro posto.

Ci si salva solo lasciando andare le cose, non trattenendole sino alla morte trasferendo in esse il nostro soffio vitale.

L’uomo senza nome che abita le pagine del romanzo perde all’improvviso coordinate e certezze.

Si trova circondato da persone diventate come lui personaggi, dalla doppia o triplice identità, confuse e prive di contorni netti, eppure più consapevoli di lui di ciò che sembra essere inevitabile.

Ci sono quelli che fanno i segni sulle porte e quelli che hanno le porte: Asfragisto appartiene alla prima categoria ed è pronto a subentrare, come dichiara candidamente, pronto a diventare l’altro, quello scacciato di casa.

…. e di gotico

Il fantastico di Miche Mari si tinge di nero quando compaiono esseri complementari.

Sileno, ad esempio, custode della casa di campagna, è un demone costituito di morchia, elevato a complice della ribellione.

E che dire degli angoscianti nei che compaiono sul viso e poi si staccano, mutati in ragni pelosi e disgustosi sul tavolino di un caffè?

La casa è il luogo privilegiato per il proliferare di questa tendenza, una casa che prende vita, si anima attraverso gli oggetti e vede schiere di ragni, tarli, mosche e millepiedi velenosi divorare i contenuti dei libri, come se se ne nutrissero.

Le targhette smaltate tentano la fuga in una intercapedine, parlano con chi le ha custodite per tanti anni, accennano ad un ammutinamento, una ribellione.

Può funzionare?  Possono gli oggetti decidere per se stessi?

L’unica certezza, per il protagonista che ormai vive nel dubbio e nell’angoscia le ultime giornate prima dell’esproprio, è non arrendersi.

Con le parole scritte nei libri è andata scomparendo anche la memoria delle sue letture, la sua ricchezza.

Forse non sarà possibile vincere, forse  si capitolerà forzatamente al dominio degli ultracorpi.

Forse. Ma l’importante è provare sino alla fine, sino all’ultimo giorno, sino all’ultima mezzanotte.

Michele Mari, la memoria affettiva come Genius lociAUTORE : Michele Mari

TITOLO : Locus desperatus

EDITORE : Einaudi

PAGG. 136     EURO 18,00  ( versione eBook euro 9,99)

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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