Una donna bella, Simona Lo Iacono, una siracusana dal sorriso dolce e dallo sguardo penetrante, una donna intelligente e capace, magistrato a Catania e scrittrice di successo, tanto da essere finalista al Premio Strega col suo ultimo romanzo “Le streghe di Lenzavacche”, una donna curiosa e attenta, che conduce un format letterario sul digitale terrestre, collabora ad un blog e tiene corsi di letteratura, scrittura e teatro come volontaria nel carcere di Brucoli.
Pedina vincente del nostro presente culturale, Simona Lo Iacono è anche un’amante del passato, di una storia che ha condizionato i nostri giorni collezionando una serie di errori e di ingiustizie che ci tocca conoscere e metabolizzare per poter esorcizzare.
Simona Lo Iacono: il passato prossimo
La sua storia è calata in un tempo che molti ancora ricordano di aver vissuto: siamo nel 1938, da più di quindici anni il fascismo domina in Italia, Mussolini ha ormai compiuto i passi fatidici che l’hanno instradata verso una guerra, la società italiana si è adeguata, volente o nolente, a una imperfetta dittatura che l’ha stravolta dalle radici, chi soffre di questa situazione, come il maestro Mancuso del romanzo, lo fa in silenzio, combattendo le certezze del regime col beneficio del dubbio.
La geografia in cui questo tempo scorre porta il nome di Lenzavacche, paesino inesistente costruito sul modello di decine di paesi reali,dove dominano la superstizione e l’oscurantismo, ai danni di un progresso che sembra non essere arrivato sino a questa terra.
E’ qui che Simona Lo Iacono fa nascere e crescere in una famiglia tutta al femminile il piccolo Felice, bambino disabile che la nonna Tilde è convinta di difendere attraverso riti magici, infusi di erbe e mantra scaramantici.
La madre Rosalba, che con fatica ha accettato il piccolo storpio,col tempo ha imparato ad amarlo e proteggerlo, così da volere che anche per lui si aprano le porte della scuola, come garantito da un regio decreto del 1925 a tutela dei disabili.
Felice ed Alfredo Mancuso si incontrano, si comprendono, entrano in una relazione speciale che lega gli esclusi, i diversi, quelli considerati alla stregua di un errore da una società che vuole sostenere il principio del bello e del forte in ogni contesto.
Il bambino ha trascorso i suoi primi anni con una madre che ha letto e raccontato per lui, che ha trovato nei libri lasciati dal padre portato via dalla polizia fascista la chiave per resistere, per sopravvivere in un mondo ostile.
Si è piano piano avvicinato al mondo della parola e della comunicazione e adesso c’è anche per lui il maestro Mancuso, il difensore degli ultimi e dei perseguitati.
Simona Lo Iacono: il passato remoto
Alle spalle di questo passato prossimo c’è nel romanzo un tempo più lontano, sprofondato nei secoli precedenti la luce della ragione che avrebbe illuminato la strada da percorrere: è un Seicento di orrori e di intolleranza, di streghe e di pregiudizi.
In quel lontano secolo la scrittrice pone le radici della famiglia di Felice, in un gruppo di donne povere, messe al bando dalla società, che si riuniscono in una casa di campagna dove vivono serenamente tra infusi ed erbe.
Ma sono donne troppo strane, diverse, tanto che etichettarle come le streghe di Lenzavacche è persino troppo semplice.
Di queste donne curatrici e compassionevoli, uccise dall’ignoranza e dalla paura degli uomini, ne resta una soltanto, Corrada, la quale lascia un testamento che dal 1699 arriva sino a nonna Tilde.
Il cerchio si chiude, passato prossimo e passato remoto si dimostrano tempi legati tenacemente tra loro, i nodi intrecciati si sciolgono, i personaggi si distendono nel loro vivere e i tasselli tornano al loro posto.
Il viaggio narrativo di Simona Lo Iacono termina, quello del suo romanzo, candidato al Premio Strega è appena iniziato.
TITOLO: Le streghe di Lenzavacche
EDITORE: E/O
Pagg. 151, Euro 15,00