Il Natale è un’occasione da non perdere per recuperare il valore autentico del tempo e delle cose. Vedere la nascita di Gesù come un’opportunità per dare vita a uno spirito nuovo aiuta a restituire significato al rito. E se è vero che il potere d’acquisto è debole, altrettanto vero è che quello creativo ha un potenziale poco sfruttato.
Albero di Natale. Meglio finto?
Chi pensa che basti un albero di Natale artificiale per una scelta ecosostenibile resterà sicuramente stupito nel sapere che Coldiretti da tempo cerca di far notare che un albero di Natale in plastica inquina quanto un’auto: la maggior parte viene dalla Cina, inquina in fase di produzione, in viaggio e in fase di smaltimento. Per la produzione di un solo alber di Natale si emettono 23 kg di anidride carbonica equivalente se è di Pvc e 12 kg se è di polietilene. Senza contare che la plastica impiega oltre 200 anni per degradarsi nell’ambiente: l’acquisto stimato di circa mezzo milione di alberi di Natale finti all’anno provoca la liberazione di 115 mila tonnellate di CO2, pari all’inquinamento generato da 6 milioni di chilometri percorsi in auto. L’albero di Natale finto ha senso solo se verrà conservato e riutilizzato per decenni.
Albero di Natale. Meglio vero?
Sempre secondo Coldiretti, quest’anno in Italia si compreranno circa 6,5 milioni di alberi di Natale veri, per un giro d’affari di 140 milioni di euro. Anche in tal caso occorre considerare le due facce della medaglia: assorbe CO2, ma consuma energia e fertilizzanti in fase di crescita e durante il trasporto. Tra l’altro, solo il 20% degli alberi di Natale vivi che varcano la soglia delle nostre dimore è autoctono. Il consumatore può fare la sua parte per la salvaguardia dell’ambiente fin dal momento dell’acquisto: sull’albero di Natale, infatti, dev’essere presente un tagliandino con la provenienza, la nazionalità, la segnalazione della non destinazione a rimboschimento e l’età dell’albero. È pur vero che molti vivai italiani a conduzione familiare hanno chiuso, strangolati dai prezzi della GDO (Grande distribuzione organizzata), e Codacons ha stimato che un milione e mezzo di richieste non saranno esaudite – ennesimo segno che la natura non riesce a starci dietro.
Albero di Natale o Presepe?
Il presepe potrebbe essere la vera alternativa: in Italia e al Sud soprattutto mantiene qual fascino che gli deriva da una tradizione centenaria fatta di fede e superstizione insieme. Una tradizione, però, che sempre più spesso viene risucchiata dal vortice del consumismo: già perché i vecchi mestieri spariscono, la manualità viene meno e il risultato è una sfida contro il tempo, il traffico e le code nei superstore alla ricerca della grotta più elaborata e dei personaggi più originali e colorati… anche quelli rigorosamente made in China… un attentato alla creatività e al piacere di stare insieme.
Ripiantare l’Albero di Natale fa bene al pianeta?
Destreggiarsi nella massa non è certo facile e quelle che potrebbero sembrare scelte fatte nell’interesse dell’ambiente all’insegna di festività ecofriendly potrebbero tradursi in tutt’altro: la maggior parte di noi pensa che ripiantare l’albero di Natale dopo l’Epifania sia una buona azione più che sufficiente a far pace con l’ecosistema. Ma quanti hanno mai sentito parlare di passaporto fitopatologico?
È un documento che accompagna le piante dal vivaio fino al momento della vendita, sia in Italia che all’estero, assicurandone la qualità e identificando la pianta madre dalla quale sono stati collezionati i semi. Si tratta di una scheda che permette di conoscere la provenienza e il corredo genetico, garantendo l’assenza di malattie e approvando l’eventuale reimmissione nell’ambiente. Gli abeti di Natale ne sono sprovvisti perché non hanno assolutamente questo scopo: quando acquistiamo un albero di Natale portiamo in casa una pianta che non è assolutamente pensata per il rimboschimento; non conosciamo l’origine della pianta madre, o da dove viene il seme. Per fare un esempio concreto, introducendo un abete rosso (Picea abies) in un bosco di conifere delle Alpi senza avere queste informazioni creiamo una situazione di potenziale inquinamento genetico. Anche inserendolo nei boschi di latifoglie dell’Appennino non c’entrerebbe nulla, botanicamente e paesaggisticamente. Recupero sì, quindi, ma con criterio: a tal proposito lodevole l’iniziativa organizzata a Roma negli anni passati, dove l’Ama ha promosso una campagna di raccolta gratuita di alberi di Natale coinvolgendo 11 centri di raccolta dislocati in tutta la città e 128 punti mobili di raccolta gratuita dei rifiuti ingombranti. Obiettivo: restituire l’ alberodi Natale alla natura grazie alla collaborazione del Corpo Forestale dello Stato che ha selezionato gli abeti da ripiantare, mentre quelli scartati sono stati trasformati in compost. In molti altri comuni come Torino, si è deciso di utilizzare gli abeti per le aree verdi della città: dopo adeguati controlli fitosanitari, essi vengono ripiantati o trasformati in materiale organico utile per creare uno strato protettivo al di sotto delle piante in fase di piantamento.
Decorare l’Albero di Natale con addobbi da mangiare
A livello privato, il pensiero va subito all’iniziativa di Ikea “Compostiamoci bene”: riconsegnando in Ikea l’albero di Natale tra il 4 ed il 17 Gennaio 2016, insieme allo scontrino, si riceverà un buono di importo pari al prezzo di acquisto che si potrà spendere nei negozi del brand svedese in Italia dal 18 al 31 gennaio. Per ciascun abete restituito, verranno donati due euro al FAI Fondo Ambiente Italiano per il progetto di recupero paesaggistico e ambientale del Podere Case Lovara in Liguria. Negli ultimi nove anni sono stati restituiti più di 190.000 alberi, trasformati poi in fertilizzante naturale o utilizzati per la produzione di pannelli truciolari.
Anche per le decorazioni è possibile distinguersi in originalità, fantasia e creatività, ricorrendo ad addobbi naturali come mele di diverso colore, rosse, gialle e verdi che danno ugualmente “luce” senza aver bisogno di elettricità e kiwi ed agrumi come arance, limoni, mandarini e clementine, che non ammuffiscono se, per appenderli, si fa passare un filo al centro del frutto, dove non c’è polpa. E ancora collane di pasta, frutta secca, biscotti fatti in casa, ma anche prodotti dell’orto come peperoncini, pomodorini e fili di zucca ma anche sculture di pane e marzapane. Invece di usare le solite sfere artificiali, lampadine e fili di plastica come decorazioni – suggerisce Coldiretti – si possono utilizzare pigne da colorare a piacimento e frutta secca come castagne, noci e nocciole. Per finire, invece dei soliti fili argentati o dorati si possono utilizzare ghirlande di fiori fatte con stelle di Natale, gerbere, corniolo, ranuncolo e pungitopo: basta infilare fiori e foglie con del filo metallico cercando di dargli la forma di un cordoncino da appendere all’albero per renderlo sicuramente un albero d’autore e per recuperare quello stare insieme che, paradossalmente, il nostro Natale all’insegna della perfezione consumistica ci fa perdere.