Per i neonati le crisi di natura epilettica sono spesso difficili da diagnosticare con esattezza attraverso la sola clinica.
Il rischio di errore di diagnosi e di terapie inappropriate è molto elevato e può raggiungere il 50% dei casi.
“La gestione delle crisi neonatali”, spiega la Dottoressa Laura Tassi, presidente della LICE.
“È spesso affidata a professionisti di diversa specializzazione come neuropsichiatri infantili, neonatologi, neurologi e pediatri, per questo risulta quanto mai necessaria una uniformità diagnostica e operativa.
Tutte le crisi sospette che riguardano i neonati devono essere confermate dall’esecuzione di un elettroencefalogramma (EEG).
Mentre i neonati a rischio devono essere sottoposti a un monitoraggio continuo e combinato aEEG e cEEG per almeno 24-72 ore dalla nascita”.
Gli esperti ricordano come l’incidenza di crisi in età neonatale è di 1-5 ogni 1000 nuove nascite, rapporto che varia da Paese a Paese a seconda delle condizioni di registrazione.
Mentre nei nati pretermine, inferiori alla 30 settimana gestazionale, il rischio è 10 volte maggiore.
La crisi epilettica neonatale
L’epilessia è un disturbo neurologico, quindi una patologia legata al cervello, che colpisce l’1% delle persone soltanto in Italia: significa che un nato ogni cento ne è affetto.
Chi soffre di epilessia presenta delle scariche elettriche anomale a livello della corteccia cerebrale, che però possono essere asintomatiche oppure causare disturbi.
In pratica, il sistema nervoso risponde a determinati stimoli con una reazione anomala, improvvisa.
La manifestazione più frequente è data dalle convulsioni, ma non soltanto, che generano quindi la crisi epilettica.
Riconoscere le crisi neonatali non è mai semplice per i genitori, i primi “guardiani” del neonato.
Spesso, infatti, le crisi sono confuse con la normale attività motorie che fanno i bambini molto piccoli come la pedalata con le gambe o gli scatti degli arti.
Le cosiddette crisi tonico-cloniche generalizzate, cioè quelle che coinvolgono tutto il corpo con scatti violenti, sono invece molto rare nei neonati.
In molti casi, l’insorgere di crisi nei neonati è conseguenza di un danno verificatosi durante o subito il parto come, per esempio, una ipossia o ischemia (riduzione dell’afflusso di sangue al cervello o interruzione) (fuoriuscita di sangue nel tessuto cerebrale) o infezioni.
Però, in molti di questi casi la condizione si risolve senza conseguenze e il bambino non sviluppa Epilessia crescendo.
In generale si distingue tra crisi neonatali, crisi sintomatiche acute espressione di danno peri-neonatale o prematurità, e le Epilessie neonatali, dovute a condizioni genetiche-metaboliche benigne, ma talvolta a evoluzione sfavorevole.
Le crisi neonatali sintomatiche acute prevedono un trattamento acuto e spesso di breve durata a meno che non esitino in Epilessie lesionali.
Le crisi neonatali espressione di epilessie genetico-metaboliche a esordio, prevedono invece un trattamento mirato, con la possibilità di instaurare fin da subito una terapia di precisione a patto di aver fatto la diagnosi corretta.
Come riconoscere il problema?
La crisi epilettica è determinata da una scarica elettrica che sfugge ai sistemi di controllo che si hanno nel cervello.
I sintomi variano in base alla zona del cervello coinvolta, per cui possono interessare tutto il corpo o solo un lato o un distretto corporeo, cioè quello corrispondente all’area cerebrale colpita.
“Esistono quindi molti tipi di crisi”, spiega Laura Tassi.
“La classica crisi convulsiva si manifesta con un irrigidimento improvviso degli arti, perdita di coscienza, scosse della durata di 20-30 secondi.
In tutto l’episodio dura da uno a due minuti, non di più, e si conclude senza conseguenze per la salute del bambino.
In alcuni casi l’epilessia determina solo una breve sospensione di coscienza, in pratica il bambino all’improvviso sembra assente, ha lo sguardo fisso, non risponde agli stimoli esterni.
Dato che questa ‘assenza’ dura solo alcuni secondi non sempre il genitore se ne accorge, ma anche in questo caso non ci sono conseguenze in termini di benessere del piccolo”
Come intervenire in caso di crisi epilettica
I sintomi con cui si manifesta la crisi epilettica possono spaventare molto i genitori. Il bambino si irrigidisce e viene scosso da tremiti violenti.
“Per aiutare il piccolo si dovrà sostenerlo affinché non si faccia male cadendo, distenderlo sul fianco, non intervenire per aprirgli la bocca, restargli accanto e controllare la durata della crisi”, spiega la dottoressa.
“Nella maggior parte dei casi l’episodio si conclude entro un minuto e mezzo-due.
Quando la crisi è risolta i genitori chiameranno il pediatra per segnalare l’accaduto.
Solo se la crisi si prolunga per diversi minuti occorre rivolgersi al Pronto Soccorso.
Un’altra cosa molto utile è osservare con attenzione la situazione, per offrire al medico informazioni il più precise e dettagliate possibile.
Durante l’attacco epilettico cosa fare e cosa non fare
In caso di crisi convulsiva, la cosa migliore da fare è mantenere la calma e evitare interventi inappropriati.
- In caso di caduta, soccorrere il bambino mettendolo disteso sul fianco: questo aiuterà il deflusso della saliva dalla bocca e migliorerà la respirazione. Togliere gli occhiali e slacciare i vestiti, se troppo stretti.
- Posizionare un cuscino sotto la testa o comunque evitare che la testa oppure gli arti sbattano ripetutamente sul pavimento o contro altri ostacoli.
- Chiamare i soccorsi, se la crisi ha una durata superiore ai 5 minuti e in caso di traumi che necessitano di assistenza medica.
- Contrariamente a quanto si pensa la lingua non viene inghiottita. Per questo non cercare di aprire la bocca. Inoltre la contrazione dei muscoli mascellari in genere è tale da non permettere l’apertura della bocca e ogni tentativo in questo senso potrebbe comportare un morso al dito introdotto, la rottura dei denti del bambino o lesioni al palato.
- Non cercare di rianimare il bambino con inappropriate respirazioni assistite o massaggi cardiaci. La crisi epilettica di solito recede spontaneamente entro pochi minuti.
In caso di crisi epilettica senza manifestazioni motorie di tipo convulsivo:
- Evitare interventi inopportuni
- Non spaventare ulteriormente il bambino con il proprio stato di agitazione (se il bambino non perde coscienza durante la crisi).
- Tranquillizzarlo, confortarlo e rassicurare anche le altre persone presenti
È importante osservare la crisi epilettica nel suo svolgimento prestando particolare attenzione ad esempio a eventuali segni focali come la deviazione degli occhi da un lato o la presenza di scosse più su un lato del corpo che sull’altro.
Riferire questi elementi al medico curante può aiutare il medico a classificare la crisi e impostare una giusta terapia.
Registro Italiano delle crisi neonatali
Due anni fa è nato, in collaborazione tra più Società Scientifiche, il gruppo INNESCO (ItaliaN NEonatal Seizure Collaborative Network).
Primo gruppo di lavoro interdisciplinare formato da neurologi, pediatri, neuropsichiatri infantili, neonatologi e tecnici di neurofisiopatologia che si occupano della gestione delle crisi neonatali.
Il Registro Italiano delle crisi neonatali coinvolgerà circa 40 Terapie Intensive Neonatale (TIN su tutto il territorio nazionale), neuro-pediatrie e neuropsichiatrie infantili, in stretta collaborazione con il gruppo INNESCO.
“L’istituzione di un Registro Italiano delle crisi neonatali”, spiega il Dott. Federico Raviglione, Direttore della U.O.C. UONPIA dell’ASST Rhodense e coordinatore del Gruppo INNESCO.
“Ha come scopo fondamentale quello di creare un database che consentirà di clusterizzare i pazienti in base a eziologia genetica/metabolica, sindromi epilettiche, eventi sintomatici.
Questo consentirà lo studio e l’analisi strategica di casistiche di pazienti con crisi ed Epilessie a esordio neonatale valutandone con correttezza maggiore sia gli aspetti diagnostici sia le conseguenti azioni terapeutiche mirate”.