Sentire parlare di energia nucleare può fare immediatamente storcere il naso.
Chiunque, nell’arco della sua vita, avrà sentito parlare degli ordigni nucleari che hanno devastato Hiroshima e Nagasaki, o della catastrofe di Chernobyl.
Ma, oltre a questi fatti tristemente noti, come si produce e come può tornarci utile questa forma di energia?
È davvero così pericolosa?
Se esiste un’arma di vitale importanza per la nostra specie, probabilmente si chiama informazione. Ed è l’unica che ci permette di coltivare opinioni ponderate anche su argomenti molto complessi da affrontare, proprio come l’energia nucleare.
Energia nucleare: che cos’è e come si produce
L’energia nucleare si produce a partire dalla materia e, per essere più precisi, deriva dai cambiamenti che avvengono all’interno dei nuclei della stessa.
I nuclei costituiscono la parte centrale dell’atomo, l’elemento base di cui ogni cosa nell’Universo è composta. I nuclei, a loro volta, sono composti da particelle più piccole: i neutroni (con carica elettrica neutra), e i protoni ( con carica elettrica positiva).
L’energia nucleare può, a questo punto, derivare da due tipi di processi differenti: la fissione e la fusione.
La fissione nucleare
La fissione avviene quando il nucleo di un elemento pesante ( come l’uranio), si divide in due o più nuclei, dopo esser stato “bombardato” con dei neutroni. Questi, spezzando il nucleo, scatenano il repentino movimento di altri neutroni liberati dalla reazione che andranno a colpire atomi limitrofi. Questa reazione a catena sprigiona moltissima energia sotto forma di calore, e può essere controllata stabilmente solo se i nuovi neutroni possono colpire un singolo altro nucleo alla volta. Se così non avviene, il processo diventa incontrollato ed esplosivo e, proprio per questo motivo, è alla base del funzionamento degli ordigni nucleari. Per dare un’idea, l’ossidazione di un atomo di carbonio per combustione, genera un’energia 50 milioni di volte inferiore rispetto ad una reazione nucleare.
Arrivati a questo punto, come si converte questa energia?
Grazie alla fissione nucleare si trasforma la materia in energia termica. Questa permette di trasformare l’acqua in vapore che aziona il movimento di turbine apposite. L’energia meccanica prodotta è, infine, convertita in energia elettrica da alternatori.
I processi di produzione di energia meccanica ed elettrica sono gli stessi delle comuni centrali termoelettriche.
La fusione nucleare
La fusione rappresenta il processo inverso alla fissione. Invece di creare energia spezzando i nuclei, la si genera fondendoli.
Si parte da due nuclei di deuterio e trizio, isotopi dell’idrogeno, ovvero quasi identici a quest’ultimo, ma costituiti da un numero maggiore di neutroni.
La fusione dei nuclei di questi due elementi può avvenire solamente a temperature altissime (centinaia di milioni di °C), generando una particella di elio, un neutrone ed energia.
A queste temperature, la miscela di deuterio e trizio diviene plasma, una sorta di quarta forma della materia.
Lo stesso processo, a partire da due atomi di idrogeno in questo caso, avviene sul Sole. Tuttavia, essendo le forze in gioco più deboli e continuando ad autoalimentarsi, questo processo risulta lentissimo, e ciò spiega i miliardi di anni di vita della nostra Stella.
Sarebbe lecito domandarsi, come si può riprodurre artificialmente tale processo, o avvicinarsi all’idea di simili temperature?
È opportuno, per poter continuare, differenziare due tipi di fusione.
- Fusione a confinamento inerziale, che utilizza una piccolissima goccia di miscela di deuterio e trizio. Questa viene bombardata da potentissimi raggi laser che, per compressione, ne determinano l’aumento di temperatura. Tuttavia, l’energia prodotta deve almeno pareggiare quella impiegata per produrla e, per questo motivo, continuano a essere incessanti le ricerche perchè questo sistema, una volta avviato, possa autoalimentarsi.
- Fusione a confinamento magnetico, che parte dal plasma di deuterio e trizio carico elettromagneticamente. Questo viene confinato in una camera a forma di ciambella, di carica opposta, dal quale è stata prelevata l’aria. Sfruttare i campi elettromagnetici permette di raggiungere temperature elevatissime senza intaccare il materiale di isolamento. L’energia prodotta, successivamente, scalda i sistemi di acqua per il raffreddamento, avviando il processo che genera energia termoelettrica.
I principali pro dell’energia nucleare
Marco Ripani, Direttore di ricerca dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ci aiuta a individuarli.
- Forma di energia che non produce emissioni di CO2 direttamente ( anidride carbonica), se non per l’estrazione dell’uranio.
- Zero emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera, quali, per esempio, polveri sottili, ossidi di azoto e di zolfo.
- Sorgente di energia intensa, poichè da 1 grammo di uranio si ricava energia 1 milione di volte superiore rispetto al corrispettivo in combustibili fossili.
- L’energia nucleare è dispacciabile, ovvero disponibile in ogni momento. Può soddisfare il base load, ovvero il livello minimo di domanda in un determinato lasso temporale, sul fabbisogno di energia elettrica. Questo punto è di particolare importanza rispetto alle rinnovabili. Per esempio, se si considera l’energia derivante dal fotovoltaico, questa sarà disponibile solamente nelle ore in cui il sole è alto nel cielo. Nelle altre ore del giorno servono batterie ed enormi bacini di accumulo, tecnologie di cui non siamo ancora pienamente a disposizione, ma sono in atto molte ricerche a riguardo.
I principali contro dell’energia nucleare
Gian Piero Godio, vicepresidente di Legambiente e Pro Natura del Vercellese, ce ne parla.
- Gli impianti nucleari sono costosi da realizzare (soprattutto per l’avviamento) e complessi da gestire, sono opere di ingegneria avanzata che richiedono costante controllo.
- Le scorie radioattive, composte da rifiuti liquidi e gassosi e materiali strutturali, pericolosi per l’ambiente e per l’uomo.
- La dipendenza da uranio (elemento usato per la fissione) dei Paesi con scarse riserve come, per esempio, l’Italia.
- La circolazione di uranio e plutonio impoverito, due sottoprodotti dei processi, che possono essere impiegati in ambito militare.
- L’esposizione a incidenti catastrofici, se fenomeni meteorologici estremi dovessero colpire le centrali.
- Militarizzazione del territorio, per proteggere le centrali da devastanti attacchi terroristici a questi punti “sensibili” del territorio.
Le centrali odierne sono uguali all’impianto di Chernobyl?
“Assolutamente no. Negli ultimi dieci anni si sono fatti passi da gigante nel settore e si è, quindi, lontanissimi dalle tecnologie del disastro di Chernobyl del 1986“, spiega Ripani. “Soprattutto in termini di sicurezza si è alzato moltissimo il livello”, continua.
Il collasso di una centrale nucleare è, forse, il principale motivo di preoccupazione nella popolazione. Tuttavia, con l’innalzamento degli standard di sicurezza delle centrali, rimane il problema delle scorie legate al nucleare.
Vi siete mai chiesti come vengono gestite? Dove finiscono?
Innanzitutto occorre fare una distinzione tra scorie da fissione e scorie da fusione.
Le prime sono composte da frammenti radioattivi come, per esempio, il cesio, da materiali strutturali e acqua resi radioattivi durante i processi, e da nuovi elementi come il plutonio, creato artificialmente a partire dall’uranio.
Le scorie da fusione rimangono radioattive meno a lungo, e sono costituite dal trizio, elemento radioattivo usato come combustibile nei processi nucleari e, anche in questo caso, dai materiali strutturali resi radioattivi.
A questo punto, occorre fare un’ ulteriore distinzione per capire come vengono correttamente smaltite le scorie.
- Le scorie a bassa attività, ovvero a decadimento radioattivo rapido, restano pericolose fino a 300 anni. Vengono rese “secche” attraverso il processo di trattamento per rimuovere l’acqua all’interno, laddove presente. Oppure sono trattate per condizionamento, ovvero mescolate a matrici come il cemento per renderle più facili da trasportare e sigillare. A questo punto vengono sistemate in fusti o container con barriere di cemento e acciaio, che a loro volta sono sistemati in depositi di superficie (ricoperti d’erba a formare delle piccole colline) o appena sottosuolo.
- Le scorie ad alta attività, costituite, per esempio, dall’acciaio radioattivo dei recipienti per le reazioni, hanno un tempo di decadenza di decine di migliaia di anni. Il processo di immagazzinamento è simile alle scorie sopracitate ma, tuttavia, per la loro “sistemazione tombale“, vengono sepolte a 500 metri di profondità. Sigillate e incastonate nelle rocce che meglio possono attutire le oscillazioni sismiche e le infiltrazioni d’acqua.
Qual è la situazione in Italia?
“L’Italia ha votato democraticamente contro il nucleare in ben due referendum nel 1987 e nel 2011″, spiega Godio.
Il secondo referendum ha sancito la chiusura dei quattro impianti presenti nel nostro Paese, situati a: Latina, Garigliano (FR), Trino (VC) e Caorso (PC).
“Tra le persone si è diffusa paura e diffidenza, in particolar modo in seguito all’incidente del 1986. Tuttavia, ciò può essere dovuto anche alla scarsa informazione riguardante l’argomento e i progressi compiuti negli ultimi 30 anni”, incalza Ripani.
“Per poter parlare di nucleare sarebbero necessarie campagne di sensibilizzazione di massa, educare i cittadini per mezzo dei fatti, ovvero i pilastri della comunicazione scientifica. Altrimenti, non sorprende che vi sia un rifiuto di pancia sul tema”, continua Ripani.
La Francia, per esempio, utilizza da molti anni il nucleare.
“Non sono in molti a sapere che, al centro della regione in cui si produce lo Champagne, vi sia un enorme deposito di superficie di scorie radioattive, il che non ha causato nessun problema”, spiega Ripani.
Il nucleare può costituire una risorsa per il futuro?
“Dai fatti emergono opinioni che manifestano sensibilità diverse. Ci possono essere ragioni per appoggiare sia i pro che i contro“, afferma Ripani.
“Tuttavia, non essendo ancora possibile il sostentamento al 100% tramite rinnovabili, il nucleare può rappresentare un’importante risorsa per il futuro”, continua Ripani.
Infatti, l’energia da fissione nucleare, con le riserve ed i ritmi attuali, può durare ancora per 100-120 anni.
“Tuttavia, le attuali ricerche su reattori piccoli, reattori modulari e reattori veloci, possono incrementare e migliorare la produzione di energia nucleare da fissione“, spiega.
E, nei prossimi anni, anche la fusione nucleare potrebbe diventare un valido alleato.
“Il nucleare può essere il ponte di cui necessitiamo per arrivare al pieno utilizzo delle rinnovabili, iniziando a diminuire le emissioni di gas climalteranti in atmosfera”, conclude Ripani.
Gian Piero Godio, invece, rimane della sua opinione.
“La fusione nucleare è meglio che rimanga sul Sole, dove avviene naturalmente e senza rischi per gli abitanti del Pianeta. Perchè non concentrarsi, invece, sull’energia solare?”, afferma Godio.
“Il nucleare presenta molti svantaggi e rischi potenzialmente devastanti. Non c’è motivo di sperperare investimenti in un settore che, a differenza delle rinnovabili, non deve avere futuro”, continua.
Tuttavia, come abbiamo visto, l’energia nucleare offre anche grandi vantaggi e ha fatto notevoli passi avanti.
Ma, arrivati a questo punto, come risolvere la questione dell’uranio e del plutonio impoverito, impiegati in ambito militare?
Come prevenire scellerati attacchi terroristici a future, o attualmente esistenti, centrali nucleari?
Albert Einstein, più di 70 anni fa, in un’epoca che aveva appena conosciuto gli orrori degli ordigni nucleari disse:” Non so con quali armi sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale, ma la Quarta Guerra Mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni”.
Che sia quindi l’uomo, in definitiva, il principale pericolo per se stesso?
Foto di Markus Distelrath: https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-a-basso-angolo-di-edifici-di-centrali-nucleari-che-emettono-fumo-3044470/
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