Magrezza e sovrappeso scandiscono le epoche sul corpo delle donne
Magro è bello. Un concetto che abbiamo abbondantemente metabolizzato attraverso una cultura che ha standardizzato i canoni estetici verso le forme di modelle che sfilano in passerella con taglie inferiori alla 38, copertine e foto pubblicitarie che immortalano corpi asciutti, tonici, spesso ritoccati artificialmente al fine di raggiungere un’idea di perfezione spesso inarrivabile.
La magrezza è stata mitizzata. Perché?
Se guardiamo al passato, fino a tornare indietro nel tempo agli antichi greci, possiamo notare grosse differenze riguardo ai modelli ideali di corpi femminili, ma molto poche se ci riferiamo a quelli maschili.
L’ideale maschile di corpo perfetto ha subito poche variazioni nel corso del tempo all’interno della nostra cultura occidentale, e questo perché gli ideali di potenza e prestanza fisica erano e sono tutt’ora la meta a cui l’uomo ha sempre aspirato.
Il famoso David di Michelangelo, possiede un corpo che ancora oggi tanti giovani (e non) vorrebbero possedere.
Un corpo muscoloso, tonico e ginnico è sempre stato l’obiettivo del genere maschile; la sua stessa natura mira alla supremazia e al controllo. L’uomo vuole essere forte fisicamente, e di conseguenza sogna di esserlo.
Coordinatore genitoriale: una figura a sostegno dei minori
In caso di conflitti tra genitori separati o divorziati, è sempre più frequente la nomina del…Ma per la donna è stato diverso
Coordinatore genitoriale: una figura a sostegno dei minori
La donna aveva sempre rivestito un ruolo differente rispetto all’uomo, e questo per un declassamento imposto da una visione maschilista e superficiale.
Le sculture classiche di quasi tutte le epoche e tradizioni del mondo vedono la donna con un corpo prosperoso e abbondante. Seno, fianchi, cosce; l’abbondanza era sinonimo di prosperità, e a sua volta di fertilità. La magrezza era sinonimo di miseria, malattia e sterilità.
La concezione che ha portato spesso l’essere umano a considerare la donna come semplice strumento funzionale alla procreazione, voleva la donna ben nutrita, per poter provvedere non solo a se stessa, ma anche e soprattutto alla prole.
Nell’immaginario dei nostri antenati, la donna non aveva bisogno di essere forte. Lei non doveva cacciare, correre, saltare, combattere. Lei doveva partorire e accudire i figli.
A fare da controprova alle precedenti affermazioni, è sufficiente soffermarsi all’ideale di donna portato sul piedistallo dalle donne amazzoni. I loro canoni estetici volevano la donna fisicamente molto più simile all’uomo: forte, veloce, brutale.
Magrezza, sinonimo di emancipazione
Le modelle hanno cominciato a diventare più magre man mano che la donna riusciva a riscattare la propria posizione sociale.
Grazie al femminismo, fenomeno esplosivo sacrosanto, che ha portato finalmente a una rivalutazione di una mentalità arcaica, la donna ha raggiunto gli stessi diritti del genere maschile.
La donna si è volutamente allontanata dall’idea di servire unicamente a procreare.
Ma questo ha creato una rivalutazione anche di quella che doveva essere l’ideale di donna stessa.
Marilyn Monroe non era magra come le icone di bellezza moderne, eppure era considerata una donna bellissima. Sì, ma qualche decina di anni fa. Oggi, probabilmente, molti uomini nemmeno la noterebbero in una trafficata metropolitana di New York.
Lei è stata un’icona di bellezza proprio perché ha scalato il successo in un periodo storico nel quale la donna stava cominciando a costruire una nuova immagine di se stessa, e con essa anche l’ideale al quale aspirare.
La magrezza suggerisce l’idea di fragilità
Con il tempo, anche la donna ha cominciato a diventare più atletica. Viaggiando parallelamente all’uomo, e non più due passi dietro di lui, e diventando indipendente, anche lei ha dovuto riconsiderare i propri canoni di bellezza ideale. Anche lei voleva quindi diventare forte, atletica ed energica, ma sempre conservando i tratti di quella femminilità che, di fatto, la rendevano orgogliosamente diversa dal genere maschile.
La serie televisiva Baywatch, ormai anche questa ricordo degli over 30, ha mostrato bene al mondo che tipo di donna desiderava essere quella del nuovo millennio.
Una schizofrenica degenerazione
Quando guardo le modelle sfilare in passerella mi chiedo spesso quale ingranaggio di tale meccanismo evolutivo sociale si sia inceppato.
Giovani ragazze con gli occhi incavati, le spalle scheletriche, il seno piatto e le cosce svuotate.
È questo l’attuale modello di perfezione a cui aspira il genere femminile?
Non mi pare proprio, anche perché quelle considerate top model, quelle veramente invidiate, hanno corpi sì asciutti, ma pieni, sodi, e che non rinunciano certo alle forme.
Il modello di magrezza assoluta sostenuto dalla moda, invece, non esalta proprio nulla: non esalta l’eros, e nemmeno la forza, la sicurezza, la determinazione data dall’indipendenza e dall’emancipazione.
Queste modelle sembra che siano state svuotate dell’essenza vitale stessa. Prosciugate, denutrite, paiono tristi, quasi prive di sentimenti e di emozioni.
Ma forse è proprio questo ciò cui aspirava la moda stessa: rendere gli esseri umani dei manichini viventi, del tutto inespressivi, in modo che gli abiti e le opere indossate riuscissero ad acquisire vita propria, assumendo una personalità tale da poter esistere indipendentemente dall’indossatore.
La magrezza assoluta delle modelle deperite e svuotate che vediamo sulle passerelle, non rappresentano più alcun ideale di bellezza e di aspirazione sociale, ma sono semplicemente degli anonimi manichini.
Moda Curvy: fenomeno di reazione
In risposta a questa folle degenerazione strumentale, nasce la moda curvy.
Questa si proclama più vera, in quanto decisamente più rappresentativa di una società caratterizzata da una dilagante e preoccupante condizione di sovrappeso.
L’ostentazione stessa della condizione curvy di alcuni famosi personaggi, modelle ma anche cantanti e icone pubbliche, provenienti soprattutto da Oltreoceano, è una forma di reazione, una vera e propria presa di posizione per muovere guerra al modello anoressico che è stato strumentalizzato fino a deviare la mente di molte adolescenti, fino a far nascere veri e propri disturbi alimentari che, spesso, sono anche costati la vita a chi ne è caduto pesantemente vittima.
Tuttavia, a me sembra che l’ostentazione del sovrappeso sia un’ennesima forma di schizofrenia.
Avere dieci o quindici chili di sovrappeso non è sano, limita i movimenti, porta a problemi articolari, cardiocircolatori e respiratori.
Tralasciando il discorso estetico, che è molto relativo e deve essere contestualizzato, il sovrappeso è a tutti gli effetti una condizione che diminuisce drasticamente la qualità della vita di chi ne è affetto.
Credo che la magrezza eccessiva sia da tenere a distanza tanto quanto il sovrappeso.
L’equilibrio è sempre una via di mezzo.
Il corpo che rispecchia lo spirito
Il corpo che osserviamo tutte le mattine davanti allo specchio, non è un’immagine astratta; esso rappresenta ciò che realmente siamo. Il nostro corpo, la forma e le caratteristiche che possiede, è frutto sì di una genetica di base acquisita alla nascita, ma è soprattutto risultante delle condizioni vissute fino a quel momento.
Mi spiego meglio.
Una pianta cresce e si sviluppa in base all’ambiente circostante, agli stimoli che essa trova e che possono metterla in difficoltà, come il vento, l’umidità, la temperatura e la presenza/assenza di luce, e al nutrimento a cui riesce ad attingere.
Il nostro stato dipende da come ci alimentiamo e dal tipo di vita che facciamo, e soprattutto da ciò che abbiamo fatto nel corso della nostra vita.
Un corpo forte, in salute, magro e tonico, sarà frutto di una buona alimentazione e a un’attitudine allo sforzo fisico.
Un corpo sovrappeso, il fiato corto, la mancanza di energia, saranno invece frutto di uno stile di vita sedentario dedito alla pigrizia, e a un’abitudine all’ipernutrizione, e questo a prescindere da qualsivoglia componente psicologica stabile o meno del soggetto preso in esame.
Ciò che siamo e ciò che vorremmo essere
Il corpo cui aspiriamo e che sogniamo di avere è, invece, lo specchio di quello che il nostro spirito desidera essere.
Credo che nessuno aspiri ad essere debole, stanco ancora prima di alzarsi dal letto la mattina, con problemi metabolici, articolari e cardiaci, oppure anemici, fragili e insicuri.
Il nostro spirito dovrebbe puntare alla salute, alla forza, all’energia. Il nostro stesso istinto ha bisogno di aspirare a questi obiettivi di realizzazione, e questo perché tali caratteristiche garantiscono, in natura, le maggiori possibilità di sopravvivenza.
Ancora una volta appare chiaro quanto sia importante l’adozione di un buon stile di vita: alimentazione sana, intensa e frequente pratica sportiva, riduzione dello stress e, aggiungo io, ricerca della felicità, sono i segreti della longevità.
Ma probabilmente lo sapevate già.