“Ehi Siri, è prevista pioggia oggi nella mia città?”
Ormai ci siamo abituati a chiedere aiuto alla tecnologia anche per necessità specifiche come appunto conoscere la situazione meteo, oppure sbloccare il telefono, o ancora per l’uso di alcuni elettrodomesitici di ultima generazione.
Infatti, moltissime delle nostre azioni quotidiane sono legate all’utilizzo della nuova intelligenza artificiale, anche se non ne siamo coscienti.
Tuttavia, sappiamo davvero di che cosa si tratta? Quali sono le sue potenzialità e gli eventuali rischi?
Nuova intelligenza artificiale: di cosa si tratta?

“L’intelligenza artificiale (IA), per definizione, è una scienza informatica che si concentra sullo sviluppo di macchine informatiche capaci di svolgere compiti, o risolvere problemi, che normalmente richiedono l’intelligenza umana”, spiega Edoardo Pennacchia, consulente di Digital Marketing ed esperto di intelligenza artificiale.
“Nulla a che fare con l’immagine di robot umanoidi in grado di pensare e provare emozioni; quelli fanno parte delle fantasie cinematografiche“, commenta Daniele Panfilo, co-fondatore e CEO di Aindo (startup italiana che ha sviluppato una piattaforma di intelligenza artificiale).
La tecnologia sta facendo passi da gigante e, negli ultimi anni, questa scienza ha dato vita a 3 principali categorie.
- Artificial Narrow Intelligence (ANI, intelligenza artificiale debole). Rappresenta la capacità di una macchina informatica di svolgere, in autonomia, una serie di azioni predefinite sulla base di indicazioni fornite dall’uomo.
- Artificial General Intelligence (AGI, intelligenza artificiale forte). Rappresenta la capacità di una macchina informatica di pensare, prendere decisioni e agire esattamente come farebbe un essere umano.
- Artificial Super Intelligence (ASI, superintelligenza artificiale). Costituisce la forma finale di questa tecnologia, vale a dire la capacità di superare l’intelligenza umana e di agire secondo le proprie logiche.
“Tutti gli strumenti dotati di intelligenza artificiale sfruttano, a seconda del caso, decine di tecniche e processi informatici molto complessi. Il più famoso e utilizzato è il machine learning, vale a dire la capacità di analizzare dei dati, raccolti e forniti, al fine di prendere decisioni basate sull’esperienza passata“, spiega Pennacchia.
Un po’ come gli studenti che, per scrivere una tesi, oltre ad avvalersi delle loro conoscenze, sanno di poter reperire informazioni utili nelle biblioteche e online. L’algoritmo alla base del machine learning si basa su un processo simile.
Creare dal nulla, o quasi
Lo scorso novembre è stato lanciato sul mercato, da parte dell’azienda OpenAI, un software di intelligenza artificiale: Chat GPT.
Questo strumento permette, dopo avergli fornito alcuni dati, di produrre un testo nuovo su un determinato argomento. Se volessimo leggere un riassunto sulla vita di Dante, basterebbe immettere alcune parole chiave, selezionare le impostazioni migliori per il nostro scopo (per esempio, la lunghezza del testo), e lasciare lavorare il software. In poco tempo avremmo davanti agli occhi un testo mai scritto prima, ma creato a partire da informazioni presenti su internet.
Lo stesso discorso si può applicare per la musica e per le immagini, non solo per i testi scritti.
Tuttavia, queste nuove applicazioni, possono creare dei problemi come, per esempio, la questione del copyright.
La proprietà del prodotto creato, è dello strumento stesso, o di chi lo utilizza?
Una domanda che non riesce a trovare una risposta univoca, almeno per ora.
Dove viene impiegata la nuova intelligenza artificiale
Sono passati più di 20 anni dalla famosa vittoria di Deep Blue, il “computer” capace di giocare a scacchi in autonomia, contro un campione del mondo. Erano gli albori dell’intelligenza artificiale applicata.
Questa scienza, ormai, fa parte della nostra quotidianità.
Netflix che suggerisce un film o una serie tv in base ai nostri interessi, l’assistente vocale Alexa o Siri, il riconoscimento facciale per sbloccare il telefono, le auto a guida autonoma. E ancora, elettrodomestici, smartwatch, motori di ricerca su Internet e molto altro ancora.
Ogni giorno, o quasi, l’intelligenza artificiale entra a far parte di un nuovo settore della nostra vita.
Tuttavia, quale ambito si sta rivelando tra i più promettenti?
Panfilo e Pennacchia concordano su questo punto: il settore medico-sanitario.
Eliminare il rischio di errore nell’identificare i problemi di un paziente o nel definire una cura efficace (basandosi ovviamente sull’esperienza raccolta nel tempo). Velocizzare processi e attività all’interno di ospedali e laboratori, semplificare il lavoro agli operatori sanitari, consentendo loro di dedicarsi per più tempo alla cura dei pazienti.
Ma l’intelligenza artificiale non è solo questo.
Un altro aspetto di fondamentale importanza è quello relativo ai dati sintetici.

“I dati sintetici sono dati artificiali che vengono creati a partire da dati reali, e hanno le loro stesse proprietà statistiche, ma non contengono informazioni sensibili relative ai dati degli utenti”, spiega Panfilo.
Un’enorme potenzialità, questa, in ambiti come quello sanitario, farmaceutico, e nei settori relativi al business.
Per esempio, un ospedale potrebbe sfruttare i dati dei pazienti per sviluppare strumenti volti a migliorare la diagnostica e la cura di numerose patologie. Tuttavia, le cartelle cliniche elettroniche dei pazienti sono altamente riservate. I dati sintetici, generando una “copia artificiale“, permettono di poter usufruire delle informazioni, senza intaccare la privacy.
Colloquio di lavoro? Lo fa l’intelligenza artificiale
Gli ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale non finiscono di stupire.
Se pensiamo, per esempio, ai colloqui di lavoro, l’intelligenza artificiale può ricoprire un ruolo fondamentale. E i vantaggi sono sia per chi deve affrontare il colloquio, sia per l’azienda che lo effettua.
Per prepararsi a un colloquio ci si può rivolgere ad un chatbot. Di cosa si tratta? È un software che simula ed elabora conversazioni umane, consentendo agli utenti di interagire con dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale. E, in questa conversazione con il software, si possono chiedere consigli utili per affrontare un colloquio nel modo giusto.
Tuttavia, se le persone da reclutare saranno più preparate, anche le aziende lo saranno.
Uno dei sistemi di intelligenza artificiale leader in questo settore è sviluppato dalla società americana HireVue. Il suo software pone, via webcam, delle domande preimpostate al candidato. Dopo aver registrato le risposte, analizza tono della voce, cadenza, espressioni del viso, e postura, per capire se il candidato sia affidabile e adatto a lavorare in squadra, e molto altro ancora.
Ma il fascino perverso di queste “chat”, non si ferma qui.
Altre, addirittura, sembra che possano dare dei consigli utili se non si riesce, o non si è convinti, a lasciare il proprio ragazzo o la propria ragazza. Il tutto, come sempre, filtrando il materiale online sull’argomento.
Il software può chiederci se siamo convinti della nostra decisione di allontanarci dal partner, quali sono le motivazioni, può indicarci i modi e le parole giuste da utilizzare, supportarci in ogni fase del delicato processo.
Quale sia il limite di queste tecnologie è una domanda che non può trovare risposta, specialmente se iniziano a sostituirci in ciò che è più umano: emozioni e relazioni.
Dobbiamo temere la rivolta delle macchine?
Quanto siamo lontani dallo sviluppo di una Artificial Super Intelligence (ASI), vale a dire una super intelligenza? Una macchina capace di pensare e di agire meglio di un uomo, e nella più totale autonomia: vero e proprio scenario di un film apocalittico.
L’imprenditore Elon Musk, una delle menti più brillanti del nostro secolo, è convinto che questa possibilità non sia così remota; anzi, nel giro di 5-10 anni ne avremo le prime conferme.
Per molti altri esperti, invece, questa tecnologia non potrà mai evolversi a tal punto.
“Questi discorsi da scenario apocalittico rischiano di farci dimenticare che oggi i sistemi basati su intelligenza artificiale si limitano ad emulare il comportamento umano, quando in realtà stanno semplicemente eseguendo un’azione basata su una serie di valutazioni preimpostate“, commenta Pennacchia.
Il pericolo che deriva da questa tecnologia, in sostanza, deriva dall’uso che ne viene fatto, più che dalla tecnologia stessa.
“L’intelligenza artificiale, insieme a tutte le sue evoluzioni future, dev’essere pensata come uno strumento per migliorare le nostre condizioni di vita sotto ogni aspetto: lavoro, salute, educazione, svago”, spiega Pennacchia.
“Tuttavia, l’impatto che l’intelligenza artificiale può avere nel medio periodo è difficile da prevedere. La velocità con cui queste tecnologie si sviluppano, infatti, è estremamente rapida”, aggiunge Panfilo.
Un aiuto o un sostituto?
Il mondo del lavoro è in costante evoluzione. La tecnologia, infatti, migliora ogni giorno le condizioni lavorative in molti settori.
Tuttavia, il lavoro umano, se paragonato a quello di una macchina, può risultare lento, poco preciso, fallibile.
Basti pensare alle catene di montaggio, ai caselli autostradali e ad altri esempi di questo tipo.
Le macchine, quindi, ci sostituiranno? L’intelligenza artificiale cambierà definitivamente il mondo del lavoro per come lo conosciamo?
“AI will not replace you. A person who’s using AI will replace you”, commenta il team di OpenAI, azienda di software specializzata in intelligenza artificiale. Tradotta e adattata: “Non sarà un’intelligenza artificiale a rimpiazzarti. Sarà una persona capace di utilizzarla a farlo”.
“Come per ogni grande rivoluzione, tecnologica e umana, subita dal mondo del lavoro, per ogni posto di lavoro perso, ne nascerà uno nuovo che richiede competenze e capacità inesistenti fino a qualche anno fa”, spiega Edoardo Pennacchia.
Se le macchine sostituiranno l’azione umana in alcuni lavori, serviranno, tuttavia, persone capaci di farle funzionare. “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, avrebbe detto Eraclito a tal proposito.
Inoltre, l’intelligenza artificiale può rivelarsi un supporto utile in molte professioni.
Basti pensare ai bisturi rudimentali usati anni fa, rispetto a quelli odierni a laser. Calcolatrici di anni fa, paragonate a strumenti di calcolo odierni, molto più veloci e in grado di realizzare operazioni complesse.
“L’intelligenza artificiale è da considerare un utile supporto al lavoro e alla creatività umana“, Daniele Panfilo non ha dubbi su questo.
Un prezioso aiuto, ma non un sostituto all’azione umana.
Foto di Tara Winstead: https://www.pexels.com/it-it/foto/mani-connessione-futuro-robot-8386434/