Covid e sovrappeso: sale del 50% la possibilità di essere vittima del virus
Esiste una relazione stretta tra alimentazione e Coronavirus, in particolare tra Covid e sovrappeso o obesità. È quanto emerso dalla tavola rotonda “Alimentazione e Nutrizione ai tempi del Covid19”, che si è tenuta recentemente nell’ambito di Welfair 2020, l’evento digitale organizzato da Fiera Roma dedicato alla salute a 360 gradi.
Tutti noi sappiamo che l’alimentazione influisce enormemente sul benessere e sulla nostra qualità di vita e che sovrappeso e obesità sono due variabili molto importanti nel determinare o meno patologie anche gravi. Nel caso del coronavirus gli esperti sottolineano l’esistenza di una correlazione tra Covid e sovrappeso che ha conseguenze decisamente negative.
“Per tutti i malati di Covid finiti in terapia intensiva il grasso viscerale ha costituito un fattore più determinante dell’età e delle precedenti patologie respiratorie”, ha spiegato Giovanni Spera, Presidente Eletto della Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA). “Se una ottimale salute del microbiota intestinale, il cui equilibrio consente un corretto stato dell’organismo e del sistema immunitario, è una tutela, al contrario una situazione di sovrappeso, che determina uno stato di infiammazione cronica, espone a maggiori rischi: è più facile lo scatenarsi di una tempesta citochinica in chi è già portatore di una flogosi sistemica, come chi ha grasso addominale in eccesso”.
Covid e sovrappeso: i dati
A spiegare in termini numerici quale sia l’impatto del tessuto adiposo viscerale rispetto alla prognosi del Covid, è stato Lucio Gnessi, Professore Ordinario di Scienze Tecniche Mediche Applicate del Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Fisiopatologia Medica, Scienza dell’Alimentazione ed Endocrinologia dell’Università di Roma Sapienza, che ha illustrato una meta-analisi tra tutte le principali pubblicazioni sul tema.
Ecco come si presenta il quadro dei dati in caso di sovrappeso:
la possibilità di diventare positivi al Covid è superiore del 46% rispetto ai normopeso;
il rischio di ricovero in terapia intensiva è superiore del 74% rispetto ai normopeso;
il rischio di dover incorrere alla ventilazione meccanica invasiva è superiore del 66% rispetto ai normopeso;
il rischio di mortalità in caso di positività al Covid è maggiore del 48% rispetto ai normopeso.
Anche il grado di obesità è determinante. Rispetto al rischio di ospedalizzazione, per esempio, si parla di 12-13 pazienti normopeso su 10.000; 19 se sovrappeso; 42-43 se obesi gravi.
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Uno studio recente su cavie dimostra come l’incidenza del grasso si faccia sentire anche in caso di vaccino.
La percentuale di sopravvivenza di topi di laboratorio esposti a infezione di virus mortale dopo la somministrazione del vaccino per tale virus cambia a seconda del loro stato di grasso: si riscontra una sopravvivenza del 100% tra i topi magri, del 75% tra i topi obesi (c’è dunque una possibilità di morte del 25% tra i topi obesi nonostante il vaccino).
“Anche nelle influenze normali” ha sottolineato Gnessi “È noto che i pazienti obesi abbiano un rischio maggiore di contrarre l’influenza, anche se vaccinati”.
Il ruolo della vitamina D
C’è un dato interessante anche relativo al binomio Covid e vitamina D: in caso di carenza di questo nutriente, il rischio di risultare positivi al Covid è maggiore del 77%, è dunque raccomandata una supplementazione di vitamina D di 20 mg per i maggiori di 70 anni e di 15 per gli altri.
“Dagli studi effettuati su alimentazione e Covid negli ultimi tempi emerge con ancora più evidenza quanto un corretto stato nutrizionale sia fondamentale non solo per la prevenzione, dunque per mantenere un buono stato di salute, ma anche nel corso della malattia, come concreto supporto ai trattamenti di cura”, ha concluso Spera. “E questo vale anche nel caso di pazienti ricoverati per Covid in terapia intensiva”.