Tango: in equilibrio tra storia, passione, stile di vita e terapia
“L’anno è il 1880. Si suppone che allora nasca oscuramente, clandestinamente sarebbe la parola più giusta, il tango. In quanto alla geografia del tango le teorie sono differenti, secondo il quartiere o la nazionalità dell’interlocutore; il lato sud della città vecchia di Montevideo, il nord o il sud di Buenos Aires, Rosario. Ma questo deve importarci poco. Fa lo stesso che sia nato su una sponda o sull’altra del fiume. Possiamo optare per Buenos Aires, che è quello che generalmente si accetta, nell’anno 1880… Senza i crepuscoli e le notti di Buenos Aires non può nascere un tango”.
Così lo scrittore argentino Jorge Luis Borges descrive la genesi di quello che per gli appassionati è molto più di una danza, ma una vera ossessione, uno stile di vita.
Nato nelle suburre, tra folle di immigrati italiani, spagnoli, tedeschi, polacchi, russi, dopo aver vissuto alterne fortune il tango argentino è sbarcato trionfalmente nel terzo millennio. Riconosciuto nel 2009 dall’UNESCO patrimonio culturale immateriale dell’umanità, sta subendo un interessante processo evolutivo e di diffusione in tutto il mondo.
Grandi numeri di tangueros e caleidoscopiche evoluzioni, a partire dal tango nuevo fino alle declinazioni che mirano a far conoscere meglio le potenzialità del proprio corpo e della mente, dare benessere, migliorare la propria empatia e sensibilità.
Tango sensibile, creato da Dario Moffa, Riabilitango, ideato da Marilena Patuzzo, Tango e MindFulness, sono solo alcune delle forme in cui si declina la cosiddetta tangoterapia.
Per scoprire questo mondo tanto complesso e affascinante abbiamo sentito alcune voci del tango contemporaneo.
Ecco una breve panoramica a tutto tondo.
Tango: camminare abbracciati
Il tango è un ballo difficile e complesso perché libero. Sembra un controsenso ma è davvero così.
Nel tango non si ballano sequenze predefinite e imparate a memoria, ma tanti elementi combinati in base all’improvvisazione. Ciascun ballerino improvvisa il proprio tango, ogni volta diverso, ballando la musica, non le figure, seguendo il ritmo e la melodia, in un gioco dove si concatenano passi diversi in sequenze diverse a seconda del risultato che si vuole ottenere.
La coppia comunica attraverso i movimenti del corpo, scambiandosi continuamente emozioni e sensazioni.
“Ci si conosce attraverso l’abbraccio”, dice Miguel Ángel Zotto, tra i ballerini più famosi del mondo. Figlio di immigranti italiani, nato e cresciuto nel quartiere Vicente Lopez di Baires, ha girato il mondo ballando e insegnando il tango, poi è tornato in Italia, a Milano.
“Del resto il tango è sensualità, amore, eleganza, coinvolgimento, l’abbraccio appassionato tra l’uomo e la donna, la comunicazione di tutti i sensi, ma anche attraverso il respiro, il battito del cuore”.
Affrontare un cambiamento ti fa paura? C’è un metodo per vincerla
La vita è un continuo processo di cambiamento, su questo, credo, siamo tutti d’accordo. E sebbene…Ruoli deversi, medesimo impegno
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Un tempo si diceva che il tango è maschio, oggi si preferisce parlare di un equilibrio di ruoli in cui ciascuno ha le proprie responsabilità.
“Nel tango è l’uomo che sceglie come interpretare la musica, ma lo fa per dar modo alla donna di esprimere al meglio le sue potenzialità. L’uomo guida, cioè decide come muoversi, in che direzione e a che velocità andare in base alla musica, mentre la donna segue, cioè interpreta ciò che il ballerino propone”, spiega Ermanno Baresi, maestro di tango con Anna Torchiani della scuola Caminito Taller de Tango.
“Guidare implica dover decidere per sé e per un altro, è più complesso e richiede la conoscenza non solo del proprio ruolo ma anche di quello della ballerina. Per questo alle origini gli uomini si esercitavano ballando fra di loro: per guidare bisogna sapere cosa sente la donna quando viene portata, che passi e che movimenti può fare, come va portata per trasmetterle la direzione e l’ampiezza dei movimenti. Dal canto suo, la ballerina è tutt’altro che passiva, non si ‘appende’ all’uomo lasciandosi trascinare, ma deve saper controllare ogni movimento, deve mantenere l’equilibrio senza appoggiarsi, stare sul proprio asse con sicurezza e saper ascoltare le indicazioni dell’uomo, sa riempire elegantemente le pause e lo spazio che le viene dato”.
Donne che camminano all’indietro
Se c’è un accessorio cui le tanguere non possono assolutamente rinunciare sono, senza dubbio, le scarpe da tango.
Attenzione: non delle scarpe da ballo qualsiasi, ma un paio di scarpe pensate e progettate proprio per ballare il tango.
Se vi state chiedendo il motivo di tanto rigore, la risposta non va cercata tra capricci estetici o modaioli, quanto invece nello stile e nella tecnica tipici di questo ballo: nel tango le donne camminano quasi esclusivamente indietro.
“Questo fa una grande differenza”, spiega Federica Di Nolfo, fashion designer di Madame Pivot, brand toscano tra i più apprezzati nelle milonghe di tutta Europa e in gran parte del mondo.
“Tanto per cominciare, camminare indietro coinvolge strutture muscolari diverse rispetto all’andatura in avanti. Ma non è tutto: nel passo in avanti è il tallone che entra per primo in contatto col suolo, nella comminata indietro invece è la parte anteriore del piede ad appoggiare per prima e il tallone a volte non scende neppure fino al pavimento”.
Quando le scarpe si compravano a Buenos Aires
Inutile dire che fino a quindici, vent’anni fa, quando il tango era appannaggio di una nicchia di appassionati, trovare le scarpe giuste era un’impresa quasi impossibile. Nei negozi specializzati non si trovavano e il più delle volte bisognava comprare in milonga quelle importate dall’Argentina.
Ma le scarpe sono una questione di piedi e i piedi sono diversi da Paese a Paese. Insomma, non basta sceglierle del numero giusto.
“Io, come tanti altri, ero andata addirittura a comprarmele a Buenos Aires. Ma le scarpe prodotte in sud america sono adatte a un piede più allungato rispetto a quello europeo, motivo per cui le dita, anziché arrivare al bordo del sandalo, rimangono indietro. Il risultato non è esteticamente piacevole, in più si perde il contatto dei polpastrelli col suolo un aspetto molto importante nel tango”, continua Di Nolfo.
Senza contare che in fatto di scarpe, noi italiani siamo esigenti, e quando in Italia è esplosa la tangomania la richiesta di prodotti di qualità ha fatto nascere un mercato dedicato.
“Il nostro obiettivo è sempre stato quello di produrre in Italia scarpe, da donna e da uomo, specifiche per questo ballo e tecnicamente ineccepibili”, interviene Leonardo Chellini, direttore dell’azienda toscana.
“Morbide e comode di sicuro, ma anche ben strutturate per dare stabilità, proteggere le dita e le ossa del metatarso”.
Ma come si sceglie una buona scarpa da tango?
“Iniziamo col dire che deve avere una pianta adatta alla forma del piede”, risponde Di Nolfo.
“Soprattutto nella scarpa femminile è fondamentale che la suola non sia troppo sottile per proteggere la parte anteriore del piede su cui praticamente appoggia tutto il peso. Quindi no alle calzature troppo strette che non permettono al metatarso di rilassarsi e alle dita di aprirsi. Solo così la ballerina può contare una buona base d’appoggio, in grado di sorreggerla anche per ore. La calzatura deve garantire la massima libertà di movimento, per questo sono da preferire i sandali rispetto alle scarpe chiuse, soprattutto quelli che lasciano libero anche il tallone.”
Parliamo di tacchi, elemento distintivo nel tango, ma anche un cruccio per molte ballerine.
“In realtà le altezze vertiginose sono sempre meno utilizzate, le donne oggi amano ballare con maggior confort per questo i tacchi sono scesi di diversi centimetri, pur restando spesso a spillo. Molte indossano il tacco a rocchetto o addirittura la scarpa bassa, tipo uomo, che permette uno scambio di ruoli e viene utilizzata per fare pratica, ma ormai si indossa anche in milonga”.
E le scarpe maschili? Che caratteristiche devono avere?
“Gli uomini voglio essere comodi”, risponde Chellini. “Spesso ci chiedono scarpe ‘calzino’ cioè talmente morbide da non accorgersi di indossarle. In realtà, anche in questo caso, è importante la struttura perché indossare una scarpa dalla suola troppo sottile e una tomaia inconsistente è come ballare a piedi nudi, apparentemente può sembrare un vantaggio, ma di fatto è un limite enorme”.
Dalle origini all’avanguardia
Certamente il modo di ballare il tango è molto cambiato dalle origini a oggi, non solo per quanto riguarda i diversi stili che si sono succeduti, ma anche l’abbraccio si è via via modificato e gli stessi passi.
Basti pensare che, nel tango degli esordi, il cosiddetto ‘pivot’, movimento fondamentale che permette l’esecuzione di diverse figure, praticamente non esisteva perché era impossibile eseguirlo sui pavimenti sgangherati delle balere dell’epoca.
“Il tango, proprio perché libero da ogni codificazione, viene ballato con approcci diversi, diversi stili: dal milonguero al tango salon al tango show, solo per fare qualche esempio, fino ad arrivare al Tango Nuevo”, commenta Anna Torchiani, manager di professione e insegnante di tango per passione. “Ma il tango è uno solo; una forma artistica in continua trasformazione fin dalle origini e il Nuevo rappresenta l’evoluzione contemporanea”.
Prima cambia la musica
Il cambiamento è partito dalla musica e più precisamente da Piazzolla che introduce nelle sue orchestre strumenti fino ad allora non utilizzati: l’organo hammond, il flauto, la marimba, il basso elettrico, la batteria, le percussioni, la chitarra elettrica, gli archi. In più modifica profondamente le metriche tradizionali, creando uno stile “altro”, distante dalla tradizione.
Per questo per molti anni fu accusato di non fare tango e di non rispettarne l’integrità.
Soltanto all’inizio degli anni ’90, sull’onda delle sperimentazioni di Gustavo Naveira e Fabian Salas si iniziò a ballare questo nuovo tango, dando vita a uno stile che ha avvicinato molti giovani alle milonghe, ma che tutt’oggi, tra i tangueri ortodossi riscuote ancora parecchie critiche.
Ma quali sono le differenze più evidenti tra lo stile tradizionale e il nuevo?
“Rispetto al tradizionale il nuevo è più fluido, con movimenti più ampi e morbidi”, risponde Torchiani. “Si parte sempre dalle stesse basi tecniche, ma destrutturando il passo nei vari movimenti, questo permette molte varianti di ciascuna figura e permette di crearne di nuove, moltiplicando all’infinito le possibili combinazioni. E poi c’è la questione dell’abbraccio, il modo in cui l’uomo e la donna si stringono durante il ballo, che per i tradizionalisti deve essere necessariamente chiuso: i ballerini sono uno di fronte all’altra, i contatto con la parte superiore del corpo. Nel Nuevo, invece l’abbraccio si apre e si chiude a secondo delle occasioni, si ha quindi un cambio continuo di abbraccio, da aperto a chiuso e viceversa, per poter fruttare al meglio lo spazio in base alla figura”.
Dalla polvere del barrio alle stelle di Parigi
Tra il 1880 e il 1900, l’estuario del Rio de la Plata, che segna il confine marittimo tra Argentina e Uruguay fu la culla del tango. Fu proprio tra le città di Buenos Aires e Montevideo che ritmi e sonorità diverse si incontrarono generando qualche cosa di nuovo: un mix che rispecchiava esattamente la mescolanza di popolazioni approdate nel nuovo mondo.
L’Habanera cubana, la Payada dei gauchos, il Candombè africano, si mischiarono e quello che ne derivò fu la Milonga che subito si trasforma in qualcosa di più morbido e lineare: il tango.
Una musica ibrida e malinconica, quella di milioni di persone povere provenienti dall’interno dell’Argentina e migranti europei che convivevano nei quartieri periferici, stipati nei ‘conventillos’, una sorta di ostelli con i servizi in comune e diecine di camere dove famiglie di tutte le nazionalità vivevano ai margini.
Questa massa di persone disperate, spesso senza lavoro, si trascinava nelle bettole, nei bordelli in cerca di alcol e distrazioni mescolandosi a gente di malaffare. È qui che si suona, si canta e si balla il tango delle origini, il Canyengue , tango di strada, giocoso e provocatorio.
L’esplosione e la repressione
Soltanto alla fine del XIX secolo il tango entrò in ambienti di maggior prestigio sociale, guadagnandosi, pian piano, la fiducia della middle class, inizialmente come musica eseguita al pianoforte e più tardi come ballo, anche se sfrondato da tutti gli abbellimenti considerati troppo volgari.
Agli inizi del ‘900 nella sale da ballo della capitale argentina si suonava musica dal vivo e si ballava, non più una danza folkloristica riservata alle classi popolari, ma un tango elegante e raffinato che ben presto guadagnò i salotti buoni delle capitali europee, in particolare Parigi e Londra.
E fu tutto un crescendo fino agli anni ‘40 del nuovo secolo, poi per il tango iniziò un periodo di alti e bassi fino alla metà del ‘900 quando il tango va alla ricerca di una nuova identità: nasce la vanguardia con Astor Piazzolla. Con lui la musica si evolve, il tango smette di essere un prodotto locale ed entra nelle sale da concerto con la stessa dignità della musica classica.
Dopo il colpo di stato del 1955 che portò alla caduta del presidente Peron, il tango viene messo da parte, fino ad eclissarsi del tutto con l’occupazione militare che andò dal 1976 al 1983.
In Argentina il tango rimase praticamente un ricordo nei racconti dei più anziani, ma fortunatamente molti fuggirono all’estero portando con sé quella musica carica di struggente nostalgia e quello stile unico che si insegna ancor oggi nelle migliori scuole di tango argentino.
Riabilitango: un modo diverso, piacevole ed efficace di prendersi cura di se stessi
Il metodo ‘Riabilitango‘ è stato ideato nel 2012 da Marilena Patuzzo, Coordinatrice Infermieristica in ambito riabilitativo dal 1999, docente di Infermieristica Clinica nella disabilità neuropsichica presso l’Università degli Studi di Milano e Maestra di tango argentino, e dal marito e Maestro di Tango argentino Luca Botarelli.
“Numerosi studi scientifici indicavano il tango argentino come un’attività particolarmente benefica per tutte le sfere che compongono l’individuo, specialmente quella fisica su cui si concentrano le maggiori evidenze. Il tango, a livello motorio, è in grado di migliorare agilità, postura, equilibrio, coordinazione e molto altro ancora. A quel punto, mi sono semplicemente chiesta in che modo avrei potuto unire il mio lavoro e la mia passione per proporre un metodo terapeutico innovativo, ‘divertente’ se vogliamo, in grado di migliorare la condizione delle persone affette da disabilità motorie”, spiega Patuzzo.
“La vera sfida è stata selezionare i passi e gli esercizi giusti. Nell’infinito panorama del tango argentino, il rischio era rappresentato dal proporre dei passi che non tutte le persone sarebbero riuscite a compiere. Un vero problema, perché in quel caso lo sconforto avrebbe evidenziato la disabilità motoria. Dopo un lungo lavoro, tuttavia, sono riuscita a trovare figure ed esercizi riproducibili da tutti, che ho inserito nel ‘metodo’ seguendo questo criterio. Potremmo dire, quindi, che la mia sperimentazione sia stata guidata dalla ‘fattibilità’: è stato questo il principale obiettivo. Infine, anche le musiche sono state accuratamente selezionate poiché alcune, rispetto ad altre, risultavano maggiormente adatte nell’apprendimento di determinati passi”, conclude Patuzzo.
A chi è rivolto il Riabilitango?
- Sfera fisica: particolarmente indicato per persone affette da problemi di equilibrio e del controllo del movimento come nella Malattia di Parkinson, esiti di ictus, sclerosi multipla o come esercizio moderato di riallenamento graduale allo sforzo (es. patologie cardio-respiratorie). È inoltre consigliato come attività fisica preventiva per la conservazione di un buono stato di salute.
- Sfera psicologica e di relazione: il tango argentino rappresenta una potente forma di comunicazione non verbale ed è caratterizzato da un preciso gioco di ruoli (leader-follower), dall’interpretazione e dall’improvvisazione, permettendo quindi la massima libertà d’espressione della propria personalità. Può essere pertanto indicato per persone insicure, con scarsa fiducia nelle proprie potenzialità, negli stati d’ansia, di stress e di depressione non grave e in chi manifesta difficoltà di relazione/comunicazione.
- A tutti coloro che desiderano accostarsi al tango argentino con una visione più ‘olistica’, non solo per imparare a ballarlo, ma per conoscere meglio se stessi e come strumento di benessere.
Il tango e la ricerca del benessere
La tangoterapia, tuttavia, non si limita esclusivamente alla dimensione motoria, ma si estende a 360°. Vediamo insieme alcuni esempi.
Tangosensibile
Il Tangosensibile, creato da Dario Moffa, Insegnante e ballerino professionista di tango argentino, è una commistione di danza sensibile e tango argentino.
“Il Tangosensibile esamina le sottili dinamiche della danza di coppia, nello spazio e nel tempo, e il dialogo corporeo che la musica, amica comune, può generare e stimolare. Viene posta l’attenzione sulla qualità del contatto e della relazione, ricercando anche l’aspetto ludico, edonistico e interpretativo in una danza che ha proprio nell’improvvisazione e nella libertà di composizione la sua anima più vera e profonda”, spiega Moffa.
Tango e mindfulness
“Pensiamo di sapere ormai tutto del tango: il folklore, la sensualità, la storia di migrazione, il pensiero triste che si balla… ma forse ci manca una componente importante. Se osserviamo due ballerini tradizionali, rimaniamo colpiti dallo stato di concentrazione e connessione che si crea tra i due. Quell’abbraccio è molto di più: contiene uno stato di attenzione molto simile a quello che sperimentiamo nella pratica meditativa. L’uomo al timone, la donna alle vele: il ballo ci incanta se riusciamo a riportare l’attenzione concentrata sul nostro movimento in sintonia. La consapevolezza vibra e si potenzia nella coppia di ballo”, afferma Stefano Zanardi, conduttore di pratiche mindfulness.
“La mindfulness ci stimola a essere presenti nel qui e ora, riporta l’attenzione sulla respirazione, aiuta a liberare la mente dai pensieri che non consentono una vera consapevolezza del presente. Il tango, dall’altro lato, condivide molti di questi aspetti. Questo percorso si colloca perfettamente nel trattamento delle persone con depressione e nei programmi di riduzione dello stress“, conclude Zanardi.
Metodo Trossero
Il Metodo Trossero nasce nel 2006 dal Professor Federico Trossero, psichiatra argentino con una solida esperienza nella psicanalisi, ballerino e insegnante di tango.
Ha sviluppato il metodo lavorando inizialmente con i suoi pazienti dai disagi gravi: schizofrenia, disturbi ossessivo compulsivi e psicosi, attacchi di panico, fobie sociali e problemi a relazionarsi con il sesso opposto.
“Il corpo dice tante cose. Guardando qualcuno che balla il tango, dai movimenti, dalla postura e dall’abbraccio si intuiscono le resistenze e la personalità in generale. Il corpo parla e non mente”, spiega Trossero.
Ecco, quindi, come il tango può diventare una vera e propria terapia per conoscersi meglio, lavorare sui propri blocchi psicologici e migliorare la propria vita di relazione.
Il tango come forma di cura per i pazienti metabolici
Una cura non farmacologica che mette al centro la musica e, in particolare, il tango e lo yoga come terapia per i pazienti metabolici (diabete mellito, obesità, ipertensione ecc.) ricoverati in ospedale per un percorso riabilitativo.
È il progetto di musicoterapia avviato dal mese di gennaio 2024 all’Ospedale riabilitativo Villa Pineta Gruppo KOS con grande e costante partecipazione.
Le lezioni si svolgono ogni settimana nella struttura di Gaiato, frazione di Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena. In questi cinque mesi è cresciuto il numero di pazienti che su base volontaria hanno aderito ai corsi di tango e yoga, individuali e collettivi, in quanto soddisfatti dei benefici riscontrati all’umore e in generale al loro benessere.
Un progetto voluto dalla direzione di Villa Pineta, in particolare dal dott. Gianfranco Beghi primario e direttore di struttura, con l’obiettivo di aumentare i livelli di benessere psicofisico nel paziente con disturbi metabolici.
“La Tangoterapia si conferma un momento significativo nel percorso di riabilitazione e nel processo di cura. Nel caso specifico, l’aggiunta del movimento e della danza sembra adattarsi al trattamento delle patologie metaboliche “, spiega Alberto Barozzi, psicologo e psicoterapeuta che tiene il corso a Villa Pineta.
“Durante le lezioni di tango, si lavora su molti aspetti. Il primo beneficio immediato per il paziente è il divertimento, il secondo è quello di armonizzare la propria psiche con il proprio corpo. Terzo aspetto, non meno importante, è il fine sociale, quindi stare insieme ad altre persone e socializzare. Cerchiamo di dare la giusta motivazione a tutti i partecipanti, affinché una volta usciti dall’ospedale, continueranno a praticare il movimento e al contempo coltivare la socialità che riveste un ruolo straordinario in uno stile di vita corretto“, conclude Barozzi.
Copertina Foto di Yusuf Çelik: https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-donna-danzando-ballando-13517055/