La filosofia non è solo e non è tanto una materia di studio, la filosofia è un abito mentale che, una volta indossato, non si può più togliere.
L’occhio diventa allenato a cogliere sfumature delle vite altrui invisibili ai più, l’orecchio si fa attento ai suoni appena modulati, il pathos deborda, genera empatia e commozione; le domande si moltiplicano e spesso le risposte latitano, la superficialità del vivere lascia spazio alla profondità del pensare.
Carole Fives, scrittrice francese considerata una voce importante della generazione dei quarantenni, pare trovarsi a suo agio in questi panni: laureata in filosofia, ha ottenuto il diploma presso l’Accademia di belle arti di Parigi e pubblica con la prestigiosa casa editrice Gallimard.
Nei suoi romanzi appare evidente il forte contrasto tra l’apparente e il reale, vissuto come una condizione esistenziale dai suoi personaggi, soprattutto femminili.
Si tratta di una madre sulla soglia della terza età che si aggrappa ai figli per paura di affogare nella vecchiaia solitaria, di una pittrice fallita come artista e come donna, di una vittima di stupro che nega l’accaduto trasformandolo in una storia d’amore, di una giovane donna disillusa dalla chirurgia estetica e altri ancora.
Carole Fives lascia intendere col suo narrare che ciascuno vive due esistenze, quella che sognava e sperava di vivere e quell’altra in cui si destreggia quotidianamente tra drammi e difficoltà, l’unica possibile, a ben guardare.
Nella sua galleria di donne l’ultima arrivata è la protagonista unica di “Fino all’alba”, una madre single con un bambino di due anni, grafica freelance in perenne attesa di un contratto che non arriva, alle prese con affitto e bollette da pagare, babysitter troppo costose e un passato migliore del presente.
Carole Fives racconta una madre ostaggio della maternità
Maternità ad ogni costo come condizione sine qua non per la felice realizzazione della donna: Carole Fives non appare d’accordo, la sua, di madre (di cui nemmeno sapremo il nome, come se non fosse che una delle tante, anonime e prive di una spiccata identità), è scivolata verso le difficoltà proprio in quanto tale, fagocitata da una condizione soffocante.
Single non per scelta, essendo stata abbandonata dal padre del bambino che non si prende cura di lui, è obbligata a lavorare da casa quel tanto che le permette di accudire il figlio, accantonati tutti i sogni di affermazione nel campo della grafica.
E’ sola, la città offre servizi solo a chi può pagarli anche profumatamente, come scuole d’infanzia per lei proibitive, nessuno cerca di comprendere in profondità le sue difficoltà, è più facile considerarla “quella del sesto piano” e respingere finanche quel minimo di conversazione che può nascere in ascensore tra i coinquilini.
Intorno a lei famiglie che le appaiono felici, con vite che sembrano un film perfetto.
Ogni ostacolo incontrato rappresenta per Carole Fives il pretesto per riflettere, col punto di vista del suo personaggio, su una condizione che tante donne si trovano a vivere, soprattutto nelle grandi città: i padri single sono un’eccezione rara, le madri single sono un esercito con le armi spuntate, si arriva addirittura a pensare “te lo sei cercata, adesso cavatela da sola”, in un rigurgito di bieco egoismo.
La difficoltà del vivere non implica comunque mai il venir meno dell’amore per il proprio figlio, ma ancora una volta la quotidianità cozza con l’immagine idilliaca che ci si crea di situazioni come questa.
La fuga come risposta all’oppressione della maternità
Come trovare una via di fuga quando il tuo bambino si sveglia anche in piena notte cercandoti e volendoti “vicino vicino”?
Scappando di casa di notte, dopo averlo addormentato con il rito serale della fiaba ( che non a caso è “La capra del signor Seguin”, storia della capretta Bianchina alla ricerca di libertà ).
Prima sono pochi minuti, poi aumentano sempre di più, sino a trasformarsi in ore e protrarsi quasi fino all’alba.
Ogni volta torna a casa con il timore che sia successo qualcosa, ogni volta ritrova il suo bambino serenamente addormentato.
Sono fughe di poco conto, in cui assapora il gusto di camminare senza spingere un passeggino, senza dover avere cento occhi per non perderlo mai di vista quando gioca nei giardini pubblici, con qualche tratto percorso in metrò per poi arrivare sempre più lontano, al fiume.
E’ una libertà pagata a caro prezzo, con la coscienza che rimorde pensando di essere una cattiva madre, un genitore non degno di essere tale, incapace di prendersi cura del proprio bambino.
Se ci fosse un padre le cose andrebbero in altro modo, ma lui non c’è, crea l’illusione di esserci ma poi non compare mai.
L’unica compagnia cercata è quella che propongono i siti di incontri, ma i tentativi fatti non danno risultati; l’unico supporto individuato è quello di donne come lei che scrivono su vari blog sotto pseudonimo e che si permettono di dare giudizi taglienti come lame di un coltello affondato nel fianco.
Passo passo la fuga è inarrestabile, la voglia di libertà è dilagante, l’aria respirata appare più pura e tonificante.
Tutto sembra essere perfettamente organizzato, c’è forse persino un’involontaria complicità del bambino che mai trova sveglio al suo ritorno, un incoraggiamento a continuare.
Ma come la capra del signor Seguin viene mangiata dal lupo, anche per lei viene il momento di fare i conti con la sua scelta, che nessun ipocrita benpensante condividerebbe, pronto a stigmatizzarla: con un finale spiazzante, fulmineo come la storia narrata, Carole Fives ci riporta al mondo reale, quello in cui i veli cadono spesso per mostrare verità scomode e drammatiche.
C’è sempre un’ultima volta, molto più imperiosa della prima: ed è quella in cui tutto cambia, in cui nulla rimane mistificato, in cui le azioni clandestine vengono allo scoperto.
L’ultima, prima che la vita sterzi bruscamente da un’altra parte.
TITOLO : Fino all’alba
EDITORE : Einaudi
PAGG.136, EURO 17,00 (disponibile in versione eBook euro 8,99)