“Oltre ogni cosa”, di Claudio Volpe, racconta il dilemma ultimo dell’uomo, quello di fronte al quale nessuna decisione sembra essere quella giusta: la vita va preservata sempre e comunque, oltre ogni cosa?
E’ possibile e giusto diventare la voce e il gesto di chi non ha più la possibilità di parlare e di agire perché privo di due delle basilari capacità dell’uomo?
Domande inquietanti, a cui è facile dare una risposta se arroccati nella propria tranquilla esistenza, ma che diventano un dilemma straziante se si vive al fianco di chi trascorre le sue infinite giornate nel silenzio, nell’immobilità, nel dolore e dice consapevolmente basta a ciò che considera una non-vita.
Claudio Volpe è un giovane giurista e scrittore, con al suo attivo, nonostante abbia soltanto trent’anni, una cospicua bibliografia: dieci anni fa fu scoperto da Dacia Maraini e presentato al Premio Strega con una storia di dolore e riscatto vissuta nel mondo degli ultimi e dei dimenticati.
Particolarmente attento ai dilemmi sociali ed etici ricorrenti ai giorni nostri – violenza sulle donne, immigrazione, omosessualità – torna a mettere l’accento su uno dei più spinosi, l’eutanasia.
Della delicata questione del ‘fine vita’ aveva avuto modo di parlare con la stessa Maraini sia dal punto di vista giuridico-normativo che da quello più squisitamente umano in un piccolo ma densissimo libro (Il diritto di morire, 2018).
“Oltre ogni cosa” ripropone il tema in forma romanzata, raccontando la storia di un uomo che si trova a dover decidere su quale sia, in ultima e devastante analisi, il gesto d’amore più grande ed altruistico che si possa fare.
Due coppie, quattro vite, un destino avverso
Costruito con focalizzazione alternata sino a quando le vite dei protagonisti si trovano ad essere casualmente sovrapposte, il romanzo narra di due coppie, Pietro e Alba e Carlo e Greta, a cui il caso sembra aver riservato percorsi di vita lontanissimi.
Alba è un’affermata pianista, donna di grande bellezza e di altrettanto grande fascino, capace di ammaliare il suo uditorio quando le sue mani scivolano leggere sul pianoforte e scatenare applausi a scena aperta.
Suo marito Pietro, docente universitario di fisica, si nutre della bellezza e della personalità di Alba, ama disperatamente questa donna e come lei pensa che nel loro matrimonio esista solo una piccola zona d’ombra, costituita dal desiderio di un figlio tanto desiderato e mai arrivato a rendere completa la loro unione.
Carlo e Greta sono giovani anagraficamente ma vecchi dentro, provati da una vita che non ha risparmiato loro i peggiori dolori e li indotti a incamminarsi su strade accidentate.
Si conoscono da sempre, da quando erano bambini, sicuri di potersi sostenere a vicenda nelle loro vite sgangherate: così, quando Greta propone di avere un figlio insieme, Carlo accetta senza esitazione, perché sarà un bambino accompagnato nella vita da infinito amore, anche se nato da un’amicizia.
Sarà la strada da percorrere per la loro salvezza: avevano fatto l’amore quella sera come possono farlo due persone che si amano al di là di tutto, perfino al di là dell’amore stesso che può unire un uomo e una donna.
Quattro vite apparentemente destinate a realizzarsi, a compiersi in se stesse e nell’altro, se non fosse che la vita troppo spesso decide da sé, uno scarto improvviso e tutto cambia.
“Capita che la vita ti sorprenda afferrandoti per il collo e scaraventandoti a terra. Capita che non sai mai quali possano essere le ultime parole che dici, le ultime immagini che guardi, le ultime voci che senti.”
Capita che un incidente in auto scombini all’improvviso le carte e niente possa più tornare come prima.
Claudio Volpe, sopravvivere al dolore e al destino maledetto
Sino a quando la voglia di vivere è più forte di tutto?
Se lo chiede Alba, rimasta paralizzata dal collo in giù a causa dell’incidente, immobilizzata in un letto per il resto dei suoi giorni sofferenti, impossibilitata a comunicare se non mediante un lettore ottico.
Se lo chiede ogni giorno e trova per sé e per Pietro sempre la stessa risposta: “voglio morire, aiutami perché non posso farlo da sola”.
Ma Pietro non può toglierle il residuo di vita che le è rimasto, anche se sa che Alba non tornerà mai a vivere pienamente.
Claudio Volpe affronta con estrema delicatezza questo tema, scende nelle pieghe più intime dell’animo di Pietro per raccontarne la sofferenza, lo strazio, i pianti, la rassegnata impotenza e le decisioni più sofferte nel tentativo di regalare un’apparenza di benessere alla moglie, come contattare per lei un terapista sessuale per disabili – altro dilemma etico nella realtà quotidiana.
Vivere a fianco di un disabile richiede rinunce costanti, che non pesano se fatte con amore ma che tali comunque restano: Alba vorrebbe per Pietro una vita diversa, magari con una nuova donna al fianco, ancora di più adesso che è entrato nella loro vita proprio Carlo, rimasto solo dopo l’altro incidente, quello che ha portato via Greta.
La sua presenza, la sua assistenza, il suo ruolo di sostegno ad Alba hanno infine fatto sì che loro tre costruissero un triangolo insolito, edificato su amore e amicizia.
Un apparente equilibrio destinato a infrangersi di necessità.
Claudio Volpe raccoglie le fila di vita disperse
Nella tristezza della vita di Alba ogni peggioramento è catastrofico, per cui non ha rinunciato all’idea della “dolce morte”, per porre termine a una sofferenza senza scopo, destinata solo ad aumentare.
Tocca a Pietro decidere, capire se è egoismo o altruismo volerla ancora accanto a sé immobile nel suo letto, se accondiscendere al suo desiderio non sia dettato dalla sua stanchezza quotidiana anziché da voler dare ad Alba ciò che desidera: di certo sa che non sono le eventuali ripercussioni giudiziarie a spaventarlo, qualora organizzasse il trasferimento in Svizzera.
Nell’imprevedibile caos dell’esistenza sembra essersi aperto per lui uno spiraglio, così come è successo per Carlo, un impercettibile stato di grazia dopo tanto dolore, che sembra spronare i due uomini ad andare avanti, a credere ancora nella vita.
A chi appartiene davvero la vita di ciascuno?
Attraverso le riflessioni interiori di Pietro Claudio Volpe ci permette di camminare nell’immensa palude del dubbio, del confronto tra giusto e sbagliato, dell’assurdo pensare che questi due valori siano oggettivi ed univoci, universalmente validi per tutti.
Solo l’amore come sentimento dai mille risvolti è davvero ciò per cui vale la pena lottare e vivere la propria vita, per complicata che sia, anche se ciò implica a volte un’indomabile sofferenza.
Alba, la donna amata alla follia, è l’unica a poter decidere per sé?
La decisione ultima spetta a Pietro solo perché lei non può agire, ma solo affidarsi a lui, nella speranza di ottenere la sua ultima dimostrazione d’amore.
“ Ho amato la vita e questa scelta di porvi fine non è egoismo o codardia o disprezzo di essa. È solo desiderio di pace, di riposo, di grazia. È solo dolce speranza di riuscire a preservare la propria dignità, di non costringersi a una privazione così grande di vitalità fino al punto tale da finire per odiare la vita stessa e disprezzare il proprio respiro, il battito del proprio cuore, la vista filtrata attraverso i propri occhi. Che non si dica che ho offeso o sprecato la mia esistenza, perché io l’ho amata follemente la vita, disperatamente mi sono aggrappata a lei e a ogni suo respiro, sussulto, sussurro.” ( Alba)
TITOLO : Oltre ogni cosa
EDITORE : Laurana Editore
PAGG. 160, EURO 16,00