Riabilitazione post Covid: l'importanza dei programmi riabilitativi

Riabilitazione post Covid: l’importanza dei programmi riabilitativi

Il Covid lascia notevoli segni e strascichi che possono durare mesi e avere conseguenze sull’apparato cardiorespiratorio e sullo stato psicofisico in generale.

L’incapacità per molti pazienti di tornare ad allenarsi, la stanchezza cronica e la spossatezza sono disturbi frequenti quando il virus ha colpito in modo più severo.

Per tornare a recuperare le disabilità lasciate dal Covid la riabilitazione, in ospedale o a casa, è fondamentale.

E’ bene sempre farsi valutare da centri specialistici accreditati per mettere in campo un protocollo personalizzato e tornare anche, quando possibile, ad allenarsi in sicurezza.

L’agenzia di stampa Dire ha approfondito l’argomento con la dottoressa Mara Paneroni, Coordinatrice dei Fisioterapisti della Palestra Cardio-Pneumologica degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS di Lumezzane e membro dell’ARIR.

La polmonite interstiziale batterica e l’insufficienza respiratoria

La polmonite interstiziale bilaterale, tipica dell’infezione da Sars-Cov2, è molto debilitante.

Infatti, può causare molti danni a livello respiratorio.

Alcune persone recuperano totalmente la funzionalità respiratoria, mentre ad altri purtroppo risulta compromessa.

“Il danno da polmonite Covid è un danno permane quando non si risolve nell’arco di un breve periodo.

Nei casi più severi c’è bisogno di ricovero ospedaliero per acuti e la malattia incide su zone di polmone che a quel punto nonscambianoadeguatamente.

Questo porta a quadri più o meno gravi di insufficienza respiratoria con riduzione della saturazione a riposo mentre nei casi lievi si manifesta solo quando l’organismo è sotto stress come nel caso dell’esercizio fisico.

L’insufficienza respiratoria porta, nella maggior parte dei casi, all’insorgenza di sintomi come la “mancanza di fiato” o la fatica con conseguente limitazione dell’intolleranza allo sforzo.

Per cui il paziente può avere difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane.

Il numero dei pazienti con danno strutturale è variabile a seconda delle casistiche di riferimento.

I soggetti che noi vediamo reduci da ricovero ospedaliero con insufficienza respiratoria da polmonite corrispondono al 20-30% a distanza di 3-6 mesi dall’evento acuto.

Nella popolazione generale affetta da Covid e con polmonite, dove non si è reso necessario il ricovero e le cure intensive la percentuale non è ancora precisamente stimabile ma si aggira attorno al 10%.

C’è una piccola fetta di pazienti in cui il sintomo non guida a capire se sussiste una insufficienza respiratoria. In questi soggetti non c’è dispnea e non “manca il fiato” ma poi verifichiamo alterazioni a livello della saturazione.

Questi pazienti potrebbero essere misconosciuti e dove ci sia stata una forma grave di polmonite è sempre bene farsi valutare anche prima di iniziare un programma di allenamento fisico”, dice Mara Paneroni.

Riabilitazione respiratoria

La riabilitazione respiratoria è necessaria nei casi più gravi, per esempio nei soggetti che sono stati intubati.

Ma è opportuna anche nei soggetti che sono stati colpiti nelle forme più moderate.

Per delineare un’identikit del “paziente tipo” che risponde meglio alle cure per il momento non ci sono ancora dati definitivi. Ma i pazienti giovani e senza comorbilità sono quelli che reagiscono meglio alle terapie riabilitative.

Se per riabilitazione intendiamo un intervento volto al ritorno alla normalità, i pazienti che necessitano di riabilitazione sono tutti quelli che in cui permane una sintomatologia dopo la negativizzazione.

Il protocollo sarà diverso, nei pazienti più gravi che hanno avuto un ricovero in terapia intensiva che necessitano quindi di una presa in carico globale per recuperare sia la disabilità respiratoria che motoria.

Se per riabilitazione invece intendiamo un recupero totale delle generiche abilità allora la percentuale che necessita di riabilitazione è maggiore.

In questo caso i protocolli possono essere svolti in contesti meno intensivi come ad esempio il domicilio del paziente.

Per quanto riguarda il candidato ideale, al momento non abbiamo ancora dei dati definitivi che ci indicano delle caratteristiche tipo.

Sicuramente il soggetto che ha avuto un intervento in Terapia Intensiva ed è giovane e non ha comorbilità può migliorare in modo eclatante dopo un percorso riabilitativo“, spiega la dottoressa Paneroni.

Programmi riabilitativi: in ospedale o a casa

I programmi riabilitativi sono molto numerosi e possono essere svolti sia in ospedale che a casa.

“In ospedale la presa in carico avviene in un contesto specialistico e di team.

Ogni figura professionale va a trattare specifici problemi e poi la risultante è il fatto di lavorare tutti insieme su un modello personalizzato per risolvere i problemi del paziente.

Il progetto va a lavorare sulla disabilità respiratoria o cardiorespiratoria in particolare con trattamenti di ricondizionamento e allenamento.

Per quanto riguarda la riabilitazione domiciliare il contesto diventa più estensivo e le figure di riferimento possono essere molteplici.

È fondamentale per chi ha avuto la polmonite effettuare un adeguato screening iniziale prima di cominciare programmi soprattutto di allenamento.

Per indagare deficit respiratori o cardiologici che potrebbero necessitare di stretto monitoraggio sanitario il consiglio è ricorrere a centri specialistici per fare una valutazione di idoneità soprattutto, come già detto, all’allenamento.

E’ bene in ogni caso fare un autovalutazione e porre l’attenzione sui sintomi o sui cambiamenti che il soggetto può accusare rispetto alla fase precedente la malattia.

Fondamentale è capire se ci sono stati cambiamenti importanti che hanno influito negativamente sullo stile di vita e spingere questi soggetti verso centri specialisti per lavorare al recupero di eventuali disabilità“, conclude Mara Paneroni.

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