Correva l’anno 1534…il romanzo storico di Alec Ronchi
Essere originali scrivendo un romanzo storico si può e Alec Ronchi ci è riuscito, sebbene sia al suo esordio nella narrativa.
Nella vita di tutti i giorni si chiama Andrea Piovano, è poco più che quarantenne, vive a Racconigi, paese sabaudo in provincia di Cuneo, insegna Lettere e si nutre di teatro.
Teatro e Mondo, verrebbe da dire scomodando per un attimo il grande Goldoni, si sono intrecciati a formare l’humus su cui è culturalmente cresciuto, perché gli anni trascorsi a Londra lo hanno fatto innamorare della lingua e della cultura inglese, coniugate alla passione per il teatro maturata una volta tornato in Italia.
Da questo substrato è germogliato “1534 Follia e Verità”, il romanzo in cui sono protagonisti un uomo e un periodo storico, il re Enrico VIII e il Cinquecento inglese.
Ma il guizzo di Alec Ronchi, che ha scelto di usare uno pseudonimo per prendere le distanze dalla materia narrata, è stato quello di raccontare gli anni intercorsi tra il 1492 e il 1536 come se si trattasse di un testo teatrale, in cui la prevalenza dei dialoghi è assoluta e tutti gli eventi ci giungono filtrati dil pensieri e dalle tante voci dei protagonisti .
Alec Ronchi, anno di grazia 1534
Che significato assume, nel corso della storia inglese (e non solo), l’anno 1534?
Alec Ronchi non ha giustamente dubbi in proposito, è l’anno di svolta per un Paese che, dopo aver manifestato insofferenza verso Roma e la corte papale, si stacca con uno strappo deciso da essa, emanando l’Atto di Supremazia a firma di Enrico VIII, col quale nasce la Chiesa Anglicana, a capo della quale si pone il re medesimo.
L’Europa era stata attraversata dalla tempesta luterana, il calvinismo stava mettendo radici, gli eretici venivano inviati al rogo mentre a Roma lusso, nepotismo, concubinato, vendita delle indulgenze avevano completamente stravolto la cristianità.
In un contesto così burrascoso la riforma anglicana fece però storia a sé, mancandole la forza di un vero predicatore, a cui si sostituì la volontà di un Sovrano, dibattuto tra interessi personali e desiderio di potenza.
Alec Ronchi ferma il suo occhio attento su questa transizione, troppo spesso ridotta ad un mero capriccio del Sovrano, che nonostante la sua voce in capitolo non aveva ottenuto dal Papa il tanto desiderato divorzio dalla prima moglie Caterina d’Aragona.
La Storia ci racconta che di mogli il volubile Enrico VIII ne ebbe ben sei, ma Alec Ronchi ci racconta il tempo delle prime due, Caterina d’Aragona e Anna Bolena, mentre la terza già s’intravede sullo sfondo.
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Si diceva precedentemente dell’impianto teatrale dell’opera: in questo dramma corale ogni capitolo è introdotto da un dialogo breve tra la Follia (che ricorre nel sottotitolo dell’opera) e Tommaso l’Apostolo, in cui il pensiero filosofico si fa strada in domande che rimangono aperte, che già turbarono gli animi di Erasmo da Rotterdam e dei paladini del Cristo, uomini consci del divario tra follia e verità, tra pensiero e atto concreto.
A questi scambi di battute (che già da soli meritano l’approfondimento del lettore) fanno seguito i dialoghi dei personaggi del tempo, attraverso i quali i tasselli della storia privata e pubblica si incastrano sviluppando una visione d’insieme che ci permette di entrare tra le maglie di un sistema politico e privato tale da stravolgere le sorti del tempo, portando l’Inghilterra ad un ruolo di dominio che avrebbe mantenuto ininterrottamente nei secoli successivi, chiusa spesso nel suo dorato isolamento.
Ma se l’uomo si conosce per ciò che dice e ciò che fa, non meno si rivela attraverso i suoi pensieri, alla cui conoscenza possiamo accedere grazie all’escamotage di Alec Ronchi, che sceglie di renderceli noti celandoli tra una doppia parentesi, simbolo dell’intimità tra le parole e chi le pensa ( non succede fors’anche a teatro, quando l’attore volge lo sguardo alla platea e parla come se il suo interlocutore non potesse sentire?).
Sono le parole a decidere le sorti degli uomini, soprattutto in un secolo in cui il pronunciare quelle compromettenti poteva definire il confine tra la vita e la morte.
Ne sono ben consci tutti coloro che vivono alla corte di Enrico VIII, la cui stessa identità familiare, essere un Tudor, deriva dall’abbandono del nome di due nobili casate, York e Lancaster, ridotte in cenere dalla guerra detta delle Due rose.
Sono le idee trasformate in parole a portare al patibolo Tommaso Moro, prima consigliere di Enrico VIII e poi relegato al ruolo di traditore, sono le parole studiate con sapienza da Anna, dama di corte, a far cadere il re tra le sue braccia, nonostante il matrimonio con Caterina.
Sono le parole dei “folli”, troppo spesso ignorati proprio perché considerati tali, a svelare le più scomode “verità”.
Il Cinquecento inglese nelle pagine di Alec Ronchi
Dare un giudizio storico-politico sul tempo narrato dallo scrittore non è semplice e direi nemmeno giusto, perché Alec Ronchi vuole più solleticare domande che offrire risposte.
Fu William Shakespeare a capire da subito la forza intrinseca di un personaggio come Enrico VIII, contraddittorio e narcisista, pronto a cambiare le sorti di un regno come a cambiare donna al suo fianco, ma al drammarurgo mancò per ovvie ragioni la visione a lungo termine del suo ruolo.
A cinquecento anni di distanza dalla sua salita al trono è impossibile relegarlo al ruolo di folle femminicida, di uomo capace di far prevalere i piaceri del letto sulla politica europea, perché già il regno di sua figlia Elisabetta I contribuì a ridefinirne meglio i contorni.
Caterina d’Aragona era stata la moglie imposta e rifiutata anche per non aver dato alla corona l’erede desiderato (ma la figlia, Maria detta la Sanguinaria, regnò per un breve periodo prima di Elisabetta) , Anna Bolena, la madre di Elisabetta, fu colei che rimase al suo fianco per molti anni prima di finire al patibolo come i nobili accusati di essere i suoi amanti.
Uomini e donne di quel secolo si muovono in una cornice di impulso alla modernità, al cambiamento, l’Inghilterra possiede una flotta che diverrà imbattibile, gli Imperi del continente sono al tramonto, la Fede sta mutando i suoi punti di riferimento, il popolo assiste dal basso all’ascesa di uno spirito nuovo, prima umanista poi rinascimentale, mentre a muovere le pedine sulla scacchiera continuano ad essere pochi potenti.
Alec Ronchi, con i suoi caleidoscopici personaggi (anche a Michelangelo e alla cappella Sistina è dedicato un insolito spazio a distanza), ci racconta un Cinquecento che si è lasciato alle spalle da poco il Medioevo e si propone foriero di scoperte e invenzioni che muteranno profondamente le sorti dell’umanità.
Quale ruolo abbiano avuto l’uomo Enrico e il Sovrano Enrico VIII Tudor in tutto questo lo possiamo scoprire nel viaggio che lo scrittore ci propone attraversando follia e verità.
TITOLO : 1534 Follia e verità
EDITORE : Aracne
PAGG. 340, EURO 20,00