Enrico Vanzina, storie di una nebbiosa quotidianità metropolitana
Enrico Vanzina è di certo più noto al grande pubblico per la sua attività di sceneggiatore, produttore e regista, più che per quella di romanziere.
Figlio d’arte – suo padre, Steno, fu uno dei nomi cardine del cinema italiano nella seconda metà del Novecento – ha scritto nel suo destino di avere una fama legata a qualche membro della sua famiglia: è infatti parte di quei fratelli Vanzina che hanno dominato la scena cinematografica per ben quarant’anni, a cavallo dei due secoli.
Enrico Vanzina e Carlo Vanzina non hanno firmato film degni di grandi riflessioni critiche, ma si sono adattati e plasmati sulle richieste del pubblico più giovanile del tempo, producendo una commedia all’italiana molto commerciale e dall’umorismo greve e scontato (i cinepanettoni hanno accompagnato per anni il Natale degli italiani).
Per Enrico, però, la regia non è stata tanto accattivante quanto la scrittura, tanto che a lui si ascrivono, dal 1976 a oggi, più di cento sceneggiature.
In quest’arco di tempo ha trovato il modo di scrivere anche come giornalista e come romanziere, rivelando di possedere una vena inventiva inarrestabile.
In “Mio fratello Carlo” ha impostato un racconto autobiografico che gli è costato liti in famiglia, con l’accusa di avere lavorato troppo di fantasia e non aver reso l’immagine del fratello (morto nel 2018) in modo adeguato.
Meglio allora prendere le distanze e calarsi in un mondo romanzesco, di pura fantasia, sullo sfondo di una città, Milano, che la nebbia sa trasformare in un mondo ovattato, che ha perso i confini reali.
“Una giornata di nebbia a Milano” è un romanzo breve, leggero, da leggere magari sotto l’ombrellone, ma capace di suscitare moltissimi ricordi letterari e cinematografici.
Enrico Vanzina dà a Milano i contorni di una città fiabesca
Nebbia = Milano. E’ un’equazione scontata, anzi lo era, dal momento che i cambiamenti climatici hanno trasformato profondamente anche la Pianura Padana.
Enrico Vanzina lo sottolinea in apertura del suo racconto: il protagonista, voce narrante interna, si trova a vivere una giornata caratterizzata da un manto nebbioso che gli ricorda la sua infanzia, perché ormai quella nebbia lì non la vede più nessuno.
Venticinque righe di scrittura e subito la prima citazione, l’Holden di Salinger, la prima di una lunga serie.
Che l’autore abbia voluto giocare con il lettore attraverso le sue conoscenze possibilmente condivise appare ovvio, ma altrettanto evidente è che, per chi non aggancia facilmente i suggerimenti e li decodifica durante la lettura, questa storia può apparire come un esercizio di stile fine a se stesso, un arido sfoggio di cultura.
Che abbia voluto dirci che la sua frivola commedia all’italiana nascondeva una cultura ben diversa, improponibile in film di cassetta?
Diamogli il beneficio del dubbio oppure chiudiamo serenamente le pagine di questo romanzo, senza procedere oltre nella lettura.
Si diceva di Milano e della sua nebbia: in questo contesto sfumato avviene un omicidio, tre colpi di pistola lasciano a terra un uomo e sospesi mille interrogativi.
Luca Restelli, il protagonista, lavora come giornalista nella redazione di un quotidiano che è la summa del peggio della generazione dei quarantenni, coetanei poco amati e molto snobbati: quando viene battuta dalle Agenzie la notizia del delitto scopre allibito che la vittima è suo padre, ammazzato per strada con tre colpi sparati al volto.
E subito si materializzano delle donne, con un ruolo preciso nella sua vita e, forse, nella sua morte: la moglie, la di lei sorella zia Olga, l’infermiera unica testimone in strada, e poi a seguire una cantante lirica di limitate capacità e infine una ragazza giovane, troppo giovane per avere a che fare con la vittima.
Il professore si proclamava semper fidelis nei confronti della moglie, ma forse qualche zona d’ombra caratterizzava anche la sua immacolata coscienza.
Perché con l’influenza non abbiamo appetito?
L'inappetenza, cioè la mancanza di fame, è uno dei sintomi più comuni legati all'influenza. Infatti, probabilmente…Citazioni, citazioni e ancora citazioni
Perché con l’influenza non abbiamo appetito?
Quasi ogni azione e ogni riflessione di Restelli figlio sono ammantate da dotte citazioni, che portano su altre strade narrative: così accade durante l’interrogatorio di prassi, per il quale si scomodano giganti come Eco e Borges.
Il problema di fondo è che l’unica testimone del fatto sostiene che a sparare al professor Restelli sia stata sua moglie, in effetti presente sulla scena incriminata senza fondate giustificazioni.
Urge un avvocato, Alfonso Pozzi – che assomiglia al protagonista di un racconto di Montale – che provi a sbrogliare la matassa e difendere una donna che si dichiara innocente.
Il nodo da sciogliere è questo, chi e perché ha ucciso Restelli, e intorno a questi quesiti si sviluppa la storia narrata.
La banalità del quotidiano induce il protagonista a sentirsi scaraventato tra le pagine di un anonimo romanzo noir di provincia, mentre cerca di farsi spazio tra i pensieri negativi e i dubbi che lo attanagliano in relazione ai suoi genitori, che forse non conosce così a fondo come ci si aspetterebbe da un figlio.
Madre e padre, docente di lettere lei e pianista lui, hanno trascorso la vita tra saggi e racconti, valzer, variazioni polacche, Saba e Calvino, Cortázar a braccetto con Schubert.
Luca sente di essere cresciuto in modo diverso dai suoi coetanei, glielo ricorda impietosamente la casa dei suoi genitori, lo fa sentire parte di un’epoca indefinita come questa casa milanese che si tiene in piedi su palafitte rosicchiate dalla marea dei ricordi. È triste questa casa, è la casa di due vecchi stritolati dal tempo.
Padre ucciso e madre in carcere: basta per stravolgere la vita di un pacifico ragazzo per bene, ma le sorprese non sono finite.
Enrico Vanzina racconta l’anormalità del quotidiano
A fianco di Luca c’è Giorgio Finnekens, scrittore noir di Milano idolatrato da Luca, pronto a paragonarlo a Céline e a Joyce, e deciso a ragionare con lui sull’ingarbugliata vicenda.
Situazione paradossale, un giornalista divora-romanzi che viene a chiedere aiuto a uno che li scrive.
Finnekens non ha dubbi: anche le vite più monotone e ripetitive, quelle che scorrono senza mai un guizzo apparente, nascondono dei misteri, pertanto si risolverà il caso solo portando alla luce il mistero sotteso alla vita dei genitori di Luca.
Nasconde un mistero la cantante lirica innamorata del padre e mai ricambiata, a detta sua?
O la ragazza del parco, muta musa ispiratrice del vecchio professore?
Di sicuro Enrico Vanzina tiene a sottolineare che ingarbugliare le rette della vita è non solo possibile ma anche piacevole, come lo è annodare i fili del romanzo per lasciare poi il lettore a combattere con un finale che non è quello che ci si sarebbe aspettati.
Un film di Sofia Coppola o un libro come Lolita, tutto può servire per arrivare a scrivere la parola fine alla vicenda che sembra non voler uscire dalla nebbia che l’ha avvolta sin da subito.
“Il cinema e la letteratura. Ho un amico scrittore che sta provando a decifrare l’omicidio di mio padre usando i topoi della narrativa investigativa.”
La vita reale non è un film e neppure un romanzo, si è soliti dire: ma il finale di questa storia sembra dirci il contrario, che non c’è cosa della nostra vita che non sia già stata raccontata su carta o su pellicola.
Vale per tutti, anche per i coniugi Respelli e la loro umanissima famiglia.
TITOLO : Una giornata di nebbia a Milano
EDITORE : HarperCollins
PAGG. 208 EURO 17,00 (disponibile versione eBook euro 9,99)