Franco Filiberto, un’indagine segnata dall’oscurantismo medievale
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Franco Filiberto, un’indagine segnata dall’oscurantismo medievale

03/11/2019
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Nato nel luglio del 1948 in Calabria, Franco Filiberto è stato per circa dieci anni Ufficiale presso la Brigata Paracadutisti Folgore a  Livorno, prima di essere trasferito a Pisa nella Caserma Artale nell’estate del 1975. Fino all’11 ottobre 1975 fu il Comandante del Nucleo Stralcio in qualità di Ufficiale più anziano, del costituendo Battaglione Logistico. Vive e lavora a Pisa dove svolge, nella sua agenzia, l’attività di pubblicitario con il ruolo di Art director. Appassionato di paracadutismo ed immersione subacquea, ama i viaggi, l’arte, l’enigmistica, la lettura, il cinema, la fotografia e, più in generale, tutte le forme di espressione artistica. Coltiva con caparbietà e alterna perseveranza la passione per la scultura.

Queste poche informazioni biografiche sono quelle con cui si presenta ai suoi lettori Franco Filiberto, autore di racconti e di romanzi.

Due occhi penetranti ci osservano dal suo profilo, quasi come un monito, ad annunciare che la lettura delle sue storie non sarà cosa da poco, richiederà attenzione alla logica, al piacere dell’enigma, allo scorrere del tempo non solo oggettivo ma anche interiore.

Il suo passato ritorna con prepotenza e precisione nelle pagine de “La mossa del gambero”, che rivelano una conoscenza vera, sperimentata, di un mondo che noi conosciamo soltanto mediate dal filtro che sempre monda le notizie che leggiamo o ascoltiamo.

E come noi anche il suo protagonista, il commissario Pandolfi, già presente nel thriller precedente “Le ali sulla pelle”, rimane sbigottito di fronte alle mostruosità che può partorire l’animo umano, alle atrocità che può perpetrare nei confronti dei suoi simili: ma al contrario di noi trae da queste la forza necessaria per combatterle, ribadendo ancora una volta che il bene e il male non hanno definizioni oggettive, ma tali diventano tra le mani degli uomini.

Un Medioevo moderno popola il romanzo di Franco Filiberto

E’ il Caso il vero padrone della vita degli uomini?

Franco Filiberto, che sembra sostenere la teoria del battito d’ali di una farfalla capace di creare inarrestabili eventi a catena sin nell’altra parte del mondo, con il suo secondo thriller ci conduce altrove, in un mondo in cui tutto è determinato a priori, costruito come un’architettura barocca, senza sbavature.

Al commissario Pandolfi e alla sua squadra tocca in questa circostanza il compito di srotolare un gomitolo di fili intricati, come quello che l’autore ha scelto come immagine di copertina, ognuno dei quali si dipana partendo dalla mente perversa di uno o più assassini.

Nel momento stesso in cui essi si imbattono nel primo cadavere comprendono che sono di fronte a una interpretazione del delitto che mai avevano visto prima: la vittima ricorda i dannati dell’Inferno dantesco, dove ogni pena viene attribuita in base alla legge del contrappasso, richiamando la colpa per cui è stata punita.

Nel presente di indagini sempre corroborate da infallibili metodi scientifici esplode un terrificante passato, che non si limita ad una sola vittima, ma in un crescendo di orrore alla prima ne fa seguire altre, con un ritmo incalzante.

I cadaveri sono stati impalati squartati, fatti divorare da roditori: da dove deriva questa violenza?  Chi sta applicando l’antica legge del taglione scritta da Hammurabi per la prima volta nella storia dell’umanità?

E’ possibile che dall’antica Babilonia si sia mosso un battito d’ali capace di avere riflessi migliaia di anni dopo? E cosa possono avere a che fare questi ultimi con dei diamanti di incalcolabile valore?

Il clima cupo, quasi gotico, creato da Franco Filiberto fa da sfondo alla prima parte del racconto, dove la successione degli omicidi , raggiunta l’acme, sembra stemperarsi in una apparente pace finale, una pace superficiale, dal momento che sono stati fatti scorrere numerosi rivoli di sangue.

Pandolfi, che sembra trovare una minima quiete interiore solo quando si abbandona al fato arrendendosi di fronte all’evidenza o lascia che siano i sentimenti puliti, freschi a coinvolgerlo nel rapporto con la sua compagna, sa che manca sempre qualcosa perché il quadro sia completo, un particolare all’apparenza insignificante, una chiave di lettura quasi invisibile.

Sa anche per esperienza che quando scavi nel torbido non finisci mai di aggiungere fango ad altro fango: la pedofilia, già di per sé una colpa infame, può apparire ancora peggiore se accompagnata da silenzi complici o da connivenza.

Il crescendo di orrore mai fine a se stesso costruito da Franco Filiberto non può essere disvelato senza intaccare la complessa costruzione narrativa: sappia, chi si appresta a leggere il romanzo, che nulla è gratuito, che l’orrore è più suggerito che raccontato, che il disgusto dell’uomo per l’uomo raggiunge picchi elevati.

Immagine di copertina
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Storie nelle storie, il labirinto di Franco Filiberto

Alla vicenda principale, quella che toglie il sonno a Pandolfi, se ne associano altre, sempre legate dai fili colorati raccolti nella matassa di copertina di cui Franco Filiberto non perde mai il bandolo ( e non è cosa da poco, visto le 400 pagine di cui consta il romanzo).

Mentre infatti lo spietato omicida, presumibilmente un vendicatore, continua la sua opera, incrociano in modo del tutto casuale la sua strada due giovani laureate in giurisprudenza, Eugenia e Marta, amiche indivisibili che trovano lavoro in un grande studio legale della città, quasi incredule di fronte a tanta sfacciata fortuna.

Ancora una volta le verità implodono una dentro l’altra, la marginalità delle due figure lascerà il posto ad un ruolo di comprimarie, di certo non voluto da loro stesse.

Ecco ancora presente il fato, dall’autore definito come “un volo disordinato e imprevedibile tra due punti fissi”: anche di loro due dovrà preoccuparsi Pandolfi, così lontane eppure così vicine a chi vede nella morte una sublimazione del vissuto, il modo per scacciare fantasmi che hanno popolato la sua esistenza.

A Franco Filiberto dobbiamo riconoscere un colpo di coda di non poco conto: giunti ai tre quarti della narrazione scopriamo insieme a Pandolfi i legami che ogni vittima ha avuto col proprio giustiziere, l’identità di quest’ultimo,i motivi dei suoi gesti, la logica perversa nascosta dietro alle azioni di tutti. Manca però ancora molto alla conclusione della storia e si sa che nei racconti a suspence la tensione tiene sino alla scoperta del colpevole, poi crolla.

Ci vuole un ultimo, lieve battito d’ali ed ecco che le certezze del lettore tracollano tutte insieme a quelle di Pandolfi, si deve ricominciare ad analizzare, a cercare tra le pieghe, a procedere come i gamberi, tornando indietro per poter andare avanti.

Ci vorrà proprio la mossa del gambero per mettere la parola fine alla storia.

 Franco Filiberto, un’indagine segnata dall’oscurantismo medievaleAUTORE : Franco Filiberto

TITOLO : La mossa del gambero

EDITORE : Arpeggio Libero Editrice

PAGG. 400,   EURO 17,00 (disponibile in versione eBook euro 3,99)

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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