Siamo sempre noi a scegliere un libro o può succedere che sia uno di essi, che occhieggia invitante da uno scaffale di una libreria o di una biblioteca, a indurci a farlo nostro dopo aver calamitato la nostra attenzione?
Con Katie Kitamura, scrittrice americana di ascendenza giapponese, il percorso di avvicinamento è stato proprio quest’ultimo: meno nota al pubblico italiano di altri suoi connazionali ( ne siano un esempio Murakami e Yoschimoto) è autrice di un romanzo pubblicato nel 2017 (e arrivato tempestivamente in Italia grazie a Bollati Boringhieri) dallo scarno titolo “Una separazione”.
Nell’articolo indeterminativo è sottinteso il mondo attuale, quello in cui separarsi è più facile di quanto sia mai stato, è diventato una scelta senza distinzione economica-sociale, com’era un tempo: ciò che Katie Kitamura racconta è un fenomeno talmente banalizzato, che non merita neppure un articolo determinativo, che potrebbe renderlo unico e speciale. L’immagine di copertina non lascia dubbi sulla ineluttabilità del fenomeno: una mano si specchia nell’acqua dove tenta di raggiungere l’immagine di sé riflessa con tale precisione da sembrare vera, ma rifranta nei cerchi senza fine dell’acqua cheta.
Così siamo noi, oggi: tentiamo di attribuire agli altri, a coloro con cui instauriamo un rapporto amoroso, un’immagine che sia il riflesso, la proiezione di ciò che noi siamo e di quanto nel nostro immaginario cerchiamo di considerare imprescindibile nell’altro.
Ma è solo illusione, se cerchiamo di afferrare la mano dell’altro ci rendiamo conto che non c’è, che è solo un riflesso, che non merita la fatica di essere cercata più in profondo e preferiamo allontanarci, separarci.
Nel romanzo di questa quarantenne statunitense l’impossibilità della trasparenza e della accettazione all’interno della relazione di coppia emerge prepotentemente, a sfavore dell’elemento femminile, in un contesto di relazioni complicate estese su più generazioni.
Katie Katamura racconta di un uomo, di una donna e di un presunto fallimento
A dare il via alla vicenda è una telefonata ricevuta dalla protagonista ( sarà un caso che non abbia un nome suo proprio?) da parte della suocera, che vuole avere notizie del proprio figlio Christopher, in Grecia per ricerche socio-antropologiche necessarie per la stesura definitiva del suo ultimo saggio.
Il fatto è che lei non ha alcuna notizia da darle, in quanto poco prima della sua partenza avevano in comune accordo deciso di separarsi, consapevoli del fallimento del loro rapporto, ma avevano preferito non mettere ancora al corrente le famiglie della decisione presa.
Dunque per Isabelle, la suocera, lei deve sapere dove si trovi il marito, è inconcepibile il contrario, per cui a fronte della sua titubanza le organizza un viaggio e una permanenza nella Grecia del sud al fine di rintracciarlo e rimetterlo in contatto con i genitori.
La scelta di Katie Kitamura è stata quella di individuare la protagonista come voce narrante, costruendo tutto il racconto dal suo personalissimo e anomalo punto di vista, quello di chi incarna un ruolo che regge solo agli occhi degli altri, ma che in realtà non ha più ragione di esistere.
Eppure lei tace e parte, raggiunge l’albergo del marito (ufficialmente non ancora ex) e cerca di trovarlo mediante una ricerca che è molto più dentro se stessa che non attraverso le tortuose strade della Maina.
Chi è l’uomo che ha vissuto al suo fianco per cinque anni prima di allontanarsi in una prospettiva definitiva? Che cosa sa davvero di lui, del suo modo di essere, dei suoi atteggiamenti lontano da lei, della sua capacità di amare lasciando da parte la sua personale ambizione di successo personale?
L’unica certezza con cui la protagonista è partita è quella di un fallimento, di un punto e a capo, di una fetta di vita apparentemente metabolizzata e conclusa, al punto di aver incontrato e scelto un nuovo uomo, un nuovo amore.
Eppure ogni passo fatto in quella terra che le appare poco ospitale e zeppa di segnali negativi relativi al suo matrimonio la induce a nuove riflessioni, a una sorta di re-innamoramento, a confrontarsi con se stessa in un costante monologo interiore, a volte anche un ostinato flusso di coscienza, grazie al quale appare in tutta la sua complessità e fragilità.
E’ stata succube di un uomo innamorato più che altro di se stesso e del suo potere di seduzione, messo in atto in qualsiasi contesto possibile, gli ha lasciato uno spazio libero per la sua creatività che lui ha colmato non tanto o non solo col lavoro ma anche con altre donne, pronte a lasciarsi conquistare dal suo fascino.
Si chiede in fondo perché mai sia partita per volere della suocera, che cosa sta davvero cercando, se un uomo di cui non subisce più il carisma o se un marito che ha continuato a considerare tale nonostante la scelta condivisa della separazione.
Algida nella sua analisi di se stessa e degli altri individua con facilità i segni lasciati dal Christopher in altre donne, senza che questo però la faccia avvicinare al sentimento della sofferenza, per quanto capisca che non è mai stata negli ultimi tempi così vicina al marito quanto lo è ora che sembra scomparso nel nulla, lasciando tutti i suoi effetti personali in albergo.
Katie Kitamura indica un percorso per l’elaborazione della separazione e della perdita
La scrittrice ha definito il suo romanzo anche una storia d’amore, di un amore ormai evaporato ma che torna a farsi linfa nel momento in cui si comprende che le scelte fatte dovrebbero avere una seconda possibilità di essere ridiscusse.
Ad accompagnare la protagonista nel viaggio di ricerca dentro e fuori se stessa sono personaggi comprimari che poco alla volta assumono un ruolo forte col procedere del tempo, quando la ricerca del marito trova finalmente una conclusione, anche se non quella sperata.
Tutto è rimesso in discussione, compresa la scelta della separazione che era sembrata così ovvia poco tempo prima; ad apparire in veste nuova sono anche i genitori di Christopher, col loro matrimonio di decenni dominato dalla prepotente figura di Isabelle, la moglie; ai personaggi che hanno accompagnato le giornate dell’uomo prima che scomparisse vengono affidati ruoli forse decisivi, o forse no.
Come si può con leggerezza chiudere una parte così importante della propria vita come un matrimonio elaborando il senso di vuoto e di perdita? Quali risposte può darsi la protagonista prima di far ritorno a casa, in Gran Bretagna, con il carico di esperienze e consapevolezze che la breve permanenza in Grecia le ha fatto acquisire?
Katie Kitamura delinea i caratteri del dolore nella sua ampia gamma di sfaccettature, nella sua sincerità e nella sua apparenza ( si soffre veramente, in certe occasioni, o è un finto dolore, una rappresentazione scenica a beneficio di chi ci sta intorno?), arrivando a considerare l’idea del dolore traslato, affidato alla voce reale di altre persone, come testimoniano le prefiche che sia Christopher che la moglie incontrano a Gerolimenas.
Possiamo dirci capaci di affrontare un distacco? Sappiamo davvero chi sia la persona che vive la sua vita accanto a noi? Quanto siamo capaci di destreggiarci e sopravvivere all’interno di relazioni d’amore complicate?
Il viaggio introspettivo affrontato e raccontato in prima persona dalla donna a cui ha dato vita Katie Kitamura prova a dare delle riposte a queste e ad altre domande, nella convinzione che forse ottenerle sarà possibile, forse aiuterà a vivere ancora.
TITOLO : Una separazione
EDITORE : Bollati Boringhieri
PAGG. 190, EURO 16,50 (disponibile in versione eBook euro 9,99)