Marco Santagata, una giornata qualsiasi di Francesco Petrarca

Marco Santagata, una giornata qualsiasi di Francesco Petrarca

Marco Santagata è uno dei massimi esperti di lirica classica italiana, studioso di Dante e Petrarca  sulle cui opere ha compiuto minuziosi studi che gli hanno garantito fama internazionale.

Il settore su cui si appuntano i suoi scritti non è, purtroppo, tra i più frequentati dai lettori, così accade che le sue pubblicazioni, saggi ma anche narrativa, finiscano per arricchire gli spiriti appassionati, senza arrivare al grande pubblico.

Sarebbe auspicabile invece l’esatto contrario, che fosse la memoria di chi ha lasciato Dante e Petrarca e Boccaccio e i petrarchisti sui banchi di scuola ad essere ravvivata, perché questi (e non solo questi) sono stati i padri del nostro scrivere, delle belle lettere e del bell’idioma che lo caratterizzano.

Così vanno le cose del mondo: chi può sia grato a letterati come il professor Marco Santagata e si lasci accompagnare nel Medioevo da lui raccontato.

Marco Santagata e Francesco Petrarca

Nell’anno 2000 veniva dato alle stampe per la prima volta un lungo racconto relativo ad un’immaginaria giornata del poeta Francesco Petrarca, quando questi era ormai vecchio e malandato, privato dei piaceri e dei tormenti materiali e spirituali che avevano caratterizzato la sua esistenza.

Nel 2020 la casa editrice Guanda ha riproposto la suddetta narrazione, negli anni rivisitata dall’autore, con il titolo “Il copista – Un venerdì di Francesco Petrarca”.

L’autore, in sostanza, ha fatto propria una delle abilità che lo stesso poeta riteneva fondamentali: amante del latino più che del volgare, in antitesi con l’Alighieri, Petrarca si era calato con tale profondità nei panni degli autori classici amati e celebrati da acquisirne le caratteristiche espressive e spesso anche psicologiche.

Le sue opere in latino, una lingua che nel XIV secolo apparteneva solo più ai dotti e alla Chiesa, non imitavano ad esempio Cicerone, ma lo facevano rivivere compiutamente, con un’immedesimazione totale.

Marco Santagata conosce così profondamente e specificatamente l’uomo e il poeta Francesco Petrarca che l’atto dell’immedesimarsi in lui appare come naturale, ipotetico per forza di cose ma sfrondato di qualsiasi forzatura.

Nel romanzo autore e protagonista sono un tutt’uno, senza fratture.

“Il copista” è dunque la narrazione di una giornata qualsiasi di Francesco Petrarca, per la precisione il 13 ottobre 1368, un venerdì in cui il poeta si è svegliato di pessimo umore.

Sessantaquattro anni, una vita condotta tra la Toscana, la Provenza, le corti dei signori italiani, Petrarca è approdato nei pressi di Padova, dove lo attendono i suoi ultimi anni da dedicare più alla risistemazione degli scritti che ad opere nuove.

La vita gli ha dato la fama e la gloria tanto desiderate (è poeta laureato incoronato a Roma), gli ha permesso di provare grandi passioni come l’amore per Laura, gli ha ricordato quanto siano caduche le gioie terrene, se un vento di peste può spazzare via tutto (come successo nel 1348 e nel 1361).

Quella che  ancora sembra essergli rimasta è l’ispirazione, quel moto interiore che gli ha permesso di creare un nuovo modo di poetare, slegato dalla celebrazione della donna e della sua bellezza e concentrato sull’io poetico, sull’animo tormentato di chi scrive e spesso soffre.

Eccolo allora svegliarsi prima dell’alba in una stanza buia e fredda per mettere mano ad una canzone destinata a confluire nella raccolta delle rime: ma più forti di tutto sono i ricordi che lo assalgono, memorie di lutti e dispiaceri, che si sommano ai dolori provocati dall’ulcera allo stomaco.

E’ un uomo impietosamente vecchio e privo di dignità quello che emerge dalle prime pagine,  dedito alle necessità corporali e non spirituali, scaraventato giù dall’altare della gloria dove ci piace immaginarlo.

Drasticamente ridimensionato, umanamente anche irritante, il Petrarca di Marco Santagata è soprattutto un uomo solo: la peste gli ha portato via un figlio e un nipotino, oltre che Laura, il copista che lo ha affiancato per  anni nel lavoro di riordino degli scritti se n’è andato via definitivamente, lasciando un vuoto che mal sopporta.

Gli è rimasta accanto la serva, la vecchia Francescona, che tollera le sue intemperanze con infinita pazienza, ma certo non basta a colmare il suo vuoto.

C’è stato un tempo in cui la fede era compagna dei suoi dolori, lenitivo delle sue sofferenze: quello che Marco Santagata ci propone è invece un uomo anziano che ha perso la fede, che non crede alla sopravvivenza dell’anima e vede la morte vicina (“La vita fugge, et non s’arresta una hora / et la morte vien dietro a gran giornate”).

Il peccatore che confessava a Sant’Agostino le segrete colpe del suo animo non ha trovato pace in Dio, lo conferma a se stesso il percorso accidentato in cui si è arenata la composizione della canzone, rendendolo inquieto e rabbioso.

Francesco Petrarca, il Poeta e l’uomo

Il giovane Francesco con l’animo lacerato e combattuto fra l’amore per Laura e la devozione al Signore non esiste più: sono passati decenni da quando a Vaucluse rimembrava le divine fattezze della nobildonna, l’oro dei suoi capelli e l’incanto della natura al suo cospetto.

Di lei, strappata alla vita dalla peste nel 1348 resta il ricordo, crudamente realista nelle pagine di Marco Santagata, poiché si rifà a una donna punita dal tempo, fiaccata dalle gravidanze, obesa,ben lontana da una figura angelica.

Ma il poeta lo aveva già scritto molti anni prima: “piaga, per allentar d’arco, non sana”, il tempo distrugge impietosamente i corpi, ma non tocca lo spirito, i sentimenti e le ferite d’amore restano tali.

Il poeta cercava la solitudine lontano dagli sguardi altrui, l’uomo anziano ha ora paura dello star solo, soffre il distacco dal suo copista ma è un uomo caparbio, che si piegherà poi a chiedere l’aiuto e la compagnia della figlia.

Le donne non gli sono mancate negli anni, nonostante i voti, sa di aver peccato di lussuria e di  aver troppo desiderato la gloria, ma adesso dei vecchi peccati sopravvive un emulo dell’accidia, una forma di indolenza inattiva che lo tiene inchiodato ai suoi pensieri per ore.

Certamente è un uomo che contraddice profondamente l’immagine aulica del poeta, ma altrettanto certamente l’autore gli ha donato per una giornata la normalità, la quotidianità a volte sgradevole ma molto umana che la lettura delle sue opere, soprattutto dei suoi sonetti, non ci può restituire.

E’ una sfaccettatura che Marco Santagata regala al padre della lirica italiana, un uomo provato dalle lotte contro il peccato e contro le tentazioni, che il demonio non gli ha risparmiato.

La metafora della vita come una nave in tempesta si va evolvendo nel 1368, in lontananza appare il porto con le  sue acque sicure e quiete, dove si riuscirà ad approdare nonostante i venti contrari mettendo fine ai tormenti.

L’onnipotente peste, la grande falciatrice forse tornerà e porterà via anche lui: ecco cosa resta,” nessuna sopravvivenza in terra, nessuna vita dopo la morte. Il male e il nulla. Un attimo di luce e il buio perpetuo. Questo è tutto: un niente”.

 Marco Santagata, una giornata qualsiasi di Francesco PetrarcaAUTORE : Marco Santagata

TITOLO : Il copista  Un venerdì di Francesco Petrarca

EDITORE : Guanda

PAGG. 140     EURO 16,00 (disponibile in versione eBook euro 7,99)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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