Mario Desiati racconta la ricerca di una propria dimensione

Mario Desiati racconta la ricerca di una propria dimensione

Ancora una volta finalista al premio Strega, Mario Desiati raccoglie i suggerimenti sparsi nelle sue precedenti opere in “Spatriati”, il romanzo che potrebbe portarlo sul podio.

Con “Ternitti” ( traslazione dialettale del termine eternit) aveva raccontato la storia al femminile di uno spostamento geografico e sociale dal Sud verso il Nord, determinato dal desiderio di un lavoro più sicuro in quella che sarebbe poi diventata la fabbrica del mesotelioma, della morte vista e respirata ogni giorno.

Originario di Martina Franca, l’autore ha portato con sé la sua regione d’origine, la Puglia, in tutti i suoi trasferimenti, da Roma a Berlino.

La Puglia è terra di sole, di luce, di calore, ma anche di difficoltà lavorative, di inutili ricerche di una propria soddisfacente collocazione nel mondo.

Ciò vale a maggior ragione per la generazione nata negli anni ’80, lontana dalle difficoltà dei genitori e soprattutto dei nonni, pronti a trasferirsi altrove lasciando ulivi, viti e un mare meraviglioso anche senza troppe prospettive future.

I quarantenni di oggi, quelli raccontai da Mario Desiati nel suo libro, se ne sono andati con un altro spirito, mossi dal desiderio di viaggiare, scoprire, realizzare i propri desideri e non accontentarsi del poco.

Qualcuno è rimasto lontano, qualcuno è ritornato attratto dal boom turistico che ha investito la Puglia in tempi più recenti, qualcuno si ritiene vincente, qualcun altro sconfitto, talora senza motivo.

Quali siano i suoi spatriati Mario Desiati lo scrive a chiare lettere, ricavando il significato del termine dal dizionario martinese-italiano di Gaetano Marangi: sono uomini e donne raminghi, senza meta, anche visti come balordi, irrisolti, allontanati, dispersi, incerti.

Gli spatriati di Mario Desiati

Ad attraversare il tempo che va dall’infanzia alla maturità sono i due protagonisti del romanzo, Claudia e Francesco, entrambi inquieti ed irrisolti, anche se in modo profondamente diverso.

Francesco è figlio di Elisa Fortuna e Vincenzo Veleno (nomen omen), ma è soprattutto il risultato non voluto del loro incontrarsi quando Martina Franca fu sede, negli anni ’80, di una puntata di Giochi senza frontiere: il primo spaesamento del protagonista, che racconta i fatti come io narrante, avviene proprio all’interno della sua famiglia, in cui la finzione ha un ruolo preponderante.

Non ha più fortuna Claudia: figlia di Etta Bianchi Caracciolese, appartenente ad una nobiltà contadina decaduta e impoverita, e di Enrico Fanelli, medico chirurgo ospedaliero, cresce pizzicata tra i principi antiquati e le nevrosi modernissime della madre e le avventure extraconiugali del padre.

I due adolescenti si incontrano per la prima volta nei corridoi della scuola e per Francesco è come una folgorazione, l’incanto che deriva dal comprendere che la persona che avresti voluto incontrare si trova di fronte a te.

La prima verità che gli si svela è però drammatica: Claudia è la figlia dell’uomo che ha lasciato la sua famiglia per andare a vivere con sua madre Elisa, infermiera conosciuta tra le corsie dell’ospedale.

Lo sfascio delle due famiglie dovrebbe tenere lontane le vittime inconsapevoli, ma così non è, perché tra i due nasce un legame fortissimo, un sentimento dai contorni sfumati che li unirà per tutta la vita.

Rimanere o andare via?

Quello che è sicuro è che né Claudia né Francesco sono pronti a sottomettersi a regole volute dal pregiudizio o dagli obblighi: Claudia è forte, sicura di sé, provocatoria nel parlare e anche nel vestire, pronta a decisioni estreme, Francesco è più incerto, insicuro, confuso prima di tutto su se stesso.

E’ una differenza di sostanza che non li separerà mai, li farà anzi diventare una sorta di unità degli opposti.

Entrambi saranno spatriati, la prima in modo concreto, col suo trasferimento prima a Milano e poi a Berlino, il secondo in modo più astratto, metaforico, nel momento in cui saprà che la scelta migliore è stata quella di Claudia.

«A Martina quando vogliono sapere chi sei ti domandano schioccando le dita: “Come ti metti?”; quel metti include discendenza, appartenenza, stato e obiettivi, il modo di stare nello spazio e nel tempo, come ci mettiamo nella vita, col ginocchio piegato, pronti a scappare o a saltare».

Né Claudia né Francesco sono disposti a mettersi seguendo le linee tracciate dalla tradizione, dal pregiudizio, dall’apparenza a cui si sono sottomessi i loro stessi genitori.

A entrambi, che vivranno lunghi periodi distanti ma che saranno sempre in contatto, interessa trovare un posto dove poter essere se stessi, realizzare i propri desideri, lasciarsi alle spalle una terra bellissima ma ancora schiava del passato.

Berlino, quando Francesco deciderà di raggiungere Claudia, riuscirà per un certo tempo della loro vita a racchiuderli in un abbraccio stretto, facendo loro conoscere le contraddizioni di una città che si offre ai loro occhi come cosmopolita, forte della sua libertà di pensiero e di azione, dei suoi locali notturni pronti a generare nelle menti dei giovani confusi uno sballo deflagrante.

Il sentimento costruito da Mario Desiati per Claudia e Francesco non ha un nome e non ha confini, perché è amore ma anche amicizia, è solido ma fragile come una superficie cristallina, dona rifugio e genera rabbia violenta, unisce due anime spatriate, troppo complesse per fermarsi con la consapevolezza di poter diventare come i loro genitori.

A Berlino sia l’uno che l’altra proveranno il significato della sessualità fluida, quella che Francesco aveva intuito per sé ancora ragazzino, che non aveva osato esplorare a Martina ma che gli era come esplosa tra le mani lontano mille e mille chilometri da casa.

Per Claudia è un mettersi alla prova, un cercare di placare i propri demoni a fianco di un’altra donna.

Il termine spatriati si addice a entrambi, perché contempla la loro fuga in un altro luogo, profondamente diverso, il poter cancellare l’idea di sbagliato, di inadeguato che il paese aveva loro associato, il difficile adattamento che spetta a chi prova a ritornare ma si sente ormai estraneo alla propria terra d’origine.

La stanza degli spiriti di Mario Desiati

Le  vicissitudini di Claudia, spatriata ribelle e allergica a Martina, e Francesco, spatriato tornato nel suo trullo e nei suoi uliveti, si spingono sino alla loro età matura, alla chiusura di un cerchio tracciato molti decenni prima.

Chiunque sia passato al loro fianco ha lasciato un segno indelebile, come Erika e Andria, ad esempio, portandoli ad essere due quarantenni parzialmente soddisfatti, ricchi però di un bagaglio di esperienze che è quello voluto e cercato senza far sconti dalla loro generazione.

Che è quella di Mario Disiati, cresciuto a Martina Franca e poi trasferitosi  a Roma e Berlino.

Per trovare tracce dei suoi quarant’anni bisogna però arrivare alla fine della storia di Francesco e Claudia per entrare in quello che lui chiama lo scrittoio, o stanza degli spiriti.

Questi ultimi non sono altro che la summa della sua formazione, del suo sapere, delle sue passioni: si citano autori amati, non solo romanzieri ma anche poeti, si raccontano luoghi specifici, si rimanda alla musica che ha segnato il suo percorso di vita, si fa riferimento agli eventi che hanno segnato significativamente gli ultimi decenni e con cui i suoi protagonisti si sono confrontati.

E’ come se Mario Disiati ci dicesse “ecco, tutto nasce da qui, dalla mia terra pugliese, dagli scrittori che mi hanno insegnato tanto, dalle parole poetiche che nascondono il mondo in un guscio di noce e lo sanno raccontare con poche, essenziali parole”.

Se una morale va cercata in queste pagine, essa può identificarsi nel concetto di accettazione, di sé, dell’altro, del mondo, delle diversità e delle fratture, delle differenze che uniscono, dei sentimenti che rifiutano di essere incasellati perché più forti di ogni pregiudizio.

Mario Desiati racconta la ricerca di una propria dimensioneAUTORE : Mario Desiati

TITOLO : Spatriati

EDITORE : Einaudi

PAGG. 281     EURO 20,00 (disponibile versione eBook euro 9,99)

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About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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