“Achille e Odisseo – La ferocia e l’inganno” è una bellissima storia d’amore scritta da Matteo Nucci.
Non si tratta di una relazione uomo/donna intrisa di gioie e dolori, di un sentimento patinato, di un percorso di caduta, rinascita e successiva personale affermazione di eroi contemporanei, spesso in lotta con la sopravvivenza emotiva.
In questo caso ci troviamo di fronte ad una passione così radicata nell’autore da diventare travolgente anche per il lettore, rivolta ad un mondo lontano millenni nel tempo reale, ma sempre uguale a se stesso nelle percezioni atemporali a cui la bellezza conduce.
L’autore ama profondamente il mondo greco, a cui ha dedicato i suoi studi e i suoi scritti, rivitalizzando pensieri e parole che troppo spesso vengono dimenticati tra i banchi di scuola di chi ha frequentato un liceo classico.
Il mondo greco, quello che è alla base del nostro presente, ha una storia meravigliosa, è stato popolato di uomini e donne capaci di lasciare un’impronta indelebile nella storia della civiltà occidentale, di eroi e di dei e di dee che rivivono continuamente nelle pagine di poemi come l’Iliade e l’Odissea.
Oggi si è spesso tentati di assumere una visione illuministica sul presente, considerato come il termine di un processo evolutivo tendente ad arrivare proprio qui, hic et nunc, lasciando che l’oblio avvolga i secoli più lontani.
Nulla di più sbagliato: mai negare la conoscenza di una civiltà che ha avuto la sua età dell’oro nel V secolo a.C., che ha generato il pensiero filosofico, politico, matematico, artistico nelle forme che tutti conosciamo, in nome di un progresso, di una contemporaneità che brucia quotidianamente i successi raggiunti precedentemente.
Il saggio di Matteo Nucci, come molte altre sue precedenti opere, ci prende per mano e ci induce ad aprire il nostro cuore al suo racconto di gesta lontane, compiute da uomini straordinari come Achille ed Odisseo, Ulisse nella tradizione latina.
Ed è così che ci si trova catapultati nella terra dove fu edificata Troia, assediata inutilmente per dieci anni dagli Achei, sino a quando fu proprio un inganno a prevalere sulla forza degli eserciti e a decretarne la fine.
Matteo Nucci racconta la forza e la fragilità dei suoi eroi
Sin dalle pagine d’esordio l’autore mette in evidenza quanto Achille e Odisseo fossero tra loro differenti, uno impulsivo, loquace, apparentemente semplice e quasi immortale, l’altro riflessivo, attento all’uso della parola ma straordinario affabulatore, dall’animo complesso capace di domare gli istinti: “Uno pensava che la vita fosse un soffio. L’altro pensava che la vita fosse vento.”
Entrambi si trovarono a condividere coi loro compagni l’assedio di Troia per vendicare il rapimento di Elena, moglie del re Menelao, da parte di Paride, figlio di Priamo.
In questa vicenda, come nella maggior parte dei casi, hanno un ruolo determinante gli dei, soprattutto le dee, che interferiscono nello scorrere degli eventi umani: sono divinità a cui i Greci attribuirono virtù e vizi simili ai loro, bizzarrie e capricci capaci di stravolgere l’esito degli eventi.
Dei due eroi in questione solo Achille, in quanto figlio della ninfa del mare Teti, beneficia dei privilegi degli dei, come l’immortalità, fatta eccezione per il fatidico tallone: Odisseo è uomo, capace di rifiutare il dono dell’immortalità pur di far ritorno a Itaca, la sua terra.
Achille è un giovane biondo e atletico, pronto alla contesa e talvolta alla lite, come si narra fosse successo proprio con Odisseo e poi con Agamennone, durante l’assedio: la sua collera diventa odio quando affronta e uccide Ettore, colpevole della morte del suo amatissimo amico Patroclo, pensando di abbandonare il suo corpo allo scempio di cani e uccelli.
Ma così non sarà, perché anche il Pelide si commuoverà di fronte alla richiesta del vecchio Priamo, padre affranto che chiede soltanto di poter seppellire il corpo di suo figlio, rischiando la sua stessa vita per ottenerlo.
Matteo Nucci racconta con dovizia di particolari le sfaccettature dell’animo di questi personaggi, la loro complessità psicologica costruita, non dimentichiamolo, dai racconti degli aedi a partire dal XIII secolo, per poi confluire successivamente nei poemi scritti da Omero (o da chi per lui, secondo la irrisolta questione omerica).
Odisseo, al contrario di Achille, riesce a tornare a Itaca, la sua patria, ma lo farà soltanto dopo dieci anni di peregrinazioni nel Mediterraneo, affrontando, lui uomo, gli inganni di Polifemo, Calipso, Circe, a cui la sua astuzia saprà rispondere con guizzi capaci di salvargli la vita e permettergli di tornare da Penelope.
Achille non tornerà mai in patria, nonostante la sua irruenza e la sua abilità in battaglia cadrà vittima di una freccia che fiaccherà il suo corpo, ma non la sua fama, indelebile nei secoli.
Quanto conta l’amore per questi eroi? Quale amore prevale sugli altri? In quale misura?
Sono domande che ci poniamo da lettori a cui Matteo Nucci risponde con la narrazione delle loro vicende, delle loro scelte e dei loro abbandoni.
In fondo, tutto è iniziato per amore, quello provato da Elena per Paride, capace di generare la successiva guerra: un amore non sincero e spontaneo, ma manipolato da Afrodite per mantenere fede ad un patto.
Né Achille né Odisseo avrebbero voluto parteciparvi, preferendo rimanere nella loro casa, con i loro affetti e il poco tempo a disposizione degli umani, ma né uno né l’altro potranno sottrarsi agli inganni orditi per scovarli.
In questa circostanza neanche Odisseo, l’uomo astuto per eccellenza, capace di ingannare un Ciclope e di resistere al canto delle Sirene, riesce a prevalere, deve piegarsi alla volontà altrui e partire alla volta di Troia.
Achille, sincerità e schiettezza, Odisseo, inganno e astuzia
Quando nel campo acheo una lite con Agamennone allontana Achille dalla battaglia, tocca a Odisseo cercare di convincerlo a tornare, a lui che “sa di essere il migliore nell’uso della parola morbida, ammaliante, piena di miele, capace di confondere la mente di chi ascolta”.
Non sarà facile, perché la schiettezza di Achille lo porta a detestare chi non pensa realmente ciò che dice, chi si nasconde dietro la parola subdola e seducente: i due personaggi sono ai poli opposti non solo nell’accampamento, ma anche nella visione della vita.
In ogni occasione Odisseo frena l’impulsività, la trattiene a forza per dare spazio alla riflessione, all’elaborazione di un piano astuto e ingannevole che porti al successo definitivo, non temporaneo. Se c’è una scelta di vita che li contrappone è quella relativa al modo in cui vivere il poco tempo che ci è dato: “Achille è sempre gettato nel presente. Odisseo è sempre proiettato nel futuro. Achille pensa e dice solo cose che hanno a che fare con il momento che sta vivendo. Odisseo guarda perennemente oltre. Per questo Achille è schietto, spontaneo e impulsivo. Mentre Odisseo è prudente, attento, cauto e ingannevole. Il ragazzo biondo infatti divora la vita nel momento in cui la vive. Odisseo immagina il modo per divorarla quando arriverà.”
Sanno entrambi essere feroci col nemico, a volte senza alcuna pietà, quanto fragili e sensibili di fronte a sentimenti forti come l’amicizia e l’amore.
Su questa opposizione di caratteri Matteo Nucci costruisce il suo saggio, capace di incantare come e più di una narrazione, come fosse anch’esso assimilabile agli antichi poemi e alle loro vicende che mai ci stanchiamo di leggere.
All’autore nulla sfugge nell’opposizione di questi due paradigmi di vita, declinati come se Achille e Odisseo fossero i principali giocatori di una partita della vita in cui non sono del tutto necessari vinti e vincitori.
Entrambi hanno vinto la fama eterna, hanno ottenuto la memoria imperitura che spetta solo ai grandi eroi, anche attraverso le pagine di Matteo Nucci, intrise di straordinaria bellezza.
TITOLO : Achille e Odisseo – La ferocia e l’inganno
EDITORE : Einaudi
PAGG. 232’ EURO 16,00 (disponibile in versione eBook euro 8,99)