Quante volte, come è probabilmente successo alla scrittrice Simona Sparaco, abbiamo pensato che la realtà superi la finzione nel suo svelarsi quotidiano e che pertanto sia superfluo immaginare mondi inesistenti data la complessità di quello in cui viviamo?
Molti sono stati gli scrittori che nel corso dei secoli hanno fatto dell’aderenza alla realtà il loro pensiero forte, rappresentandone pieghe e sfumature nei loro romanzi, in cui il verosimile si intreccia al vero con grande forza narrativa.
Simona Sparaco ha preso spunto da una vicenda tragica risalente al 2017, l’incendio alla Grenfell Tower di Londra, innescato da un probabile corto circuito di un frigorifero e divampato senza sosta per ore causando la morte di settantadue persone.
Questa la realtà, tragica e disperata, di cui tutti siamo stati testimoni in diretta attraverso i media, un momento di pathos collettivo che Simona Sparaco ha scelto di trasformare parzialmente per farne materia di narrazione nel suo ultimo romanzo, “Nel silenzio delle nostre parole”, con cui ha vinto il premio DeA Planeta 2019.
La scrittrice non è nuova a successi editoriali, di lei si sottolineano spesso la capacità di rappresentare tipi umani molto complessi e facilmente sfuggenti, situazioni di vita rare e imprevedibili ma non certo lontane dal quotidiano di ciascuno, nonché la delicatezza nel raccontare spazi individuali che sfuggono volontariamente all’occhio collettivo e al suo implacabile giudizio.
Molte donne popolano le pagine da lei scritte, donne spesso irrisolte, combattute tra impulsi naturali e convenzioni sociali, tra verità e menzogne che appaiono meno gravi se volte al ben-essere di qualcuno, ma sempre vive, capaci di lottare anche se le vittorie sono poche e spesso insoddisfacenti.
Se nei romanzi precedenti a bruciare erano spesso le passioni, quelle capaci di stravolgere un’esistenza, in quest’ultimo sono fiamme vere, lingue di fuoco che disintegrano oggetti e persone, striscianti nel buio della notte e pronte a dilagare illuminando a giorno il cielo di Berlino, offuscato da una cappa di fumo.
La realtà si fa finzione nella storia di Simona Sparaco
Quasi a esorcizzare il ricordo del fatto di Londra, è nella Germania cosmopolita che si muovono i protagonisti della vicenda, che si conoscono a malapena e certo non hanno nulla in comune, se non il fatto di abitare nello stesso fatiscente palazzo.
Eredità di un’architettura spoglia e solo falsamente funzionale, esso conta un’umanità sfaccettata all’interno dei suoi appartamenti, nazionalità diverse che si sovrappongono nei quattro piani vivendo esistenze ignote agli altri coinquilini.
Uno degli appartamenti, però, è vuoto ed è al suo interno che si sviluppa la combustione, trovando in materiali altamente infiammabili un terreno molto fertile, che trasforma il palazzo rosa di Hallesches Ufer in una torcia incandescente e in una trappola mortale.
Sono le 23.41 del 23 marzo quando il fumo che trova una via di fuga dalle finestre confondendosi con la nebbia notturna rivela agli occhi di un passante quanto sta succedendo in tutta la sua tragicità.
Chi c’è a dormire o vegliare in quegli appartamenti, chi sta per diventare una vittima o un sopravvissuto al destino, come si possono legare vite parallele in un intreccio di dolore e di morte?
Per dare una risposta a questi interrogativi, abbandonando del tutto la vicenda di Londra e costruendo una sua storia di uomini e donne qualsiasi, Simona Sparaco torna indietro di quindici ore, esattamente alle 8.52 del 23 marzo e tratteggia una per una le personalità di Alice e Matthias che vivono al quarto piano, di Naima e Bastien del terzo, di Polina al secondo, il cui appartamento è vicino a quello dove ha avuto inizio l’incendio, di Hulya che lavora nel negozio di famiglia, uno spatkauf aperto ventiquattr’ore su ventiquattro situato di fronte alla palazzina, separato da essa da un ponte sul fiume.
Quindici ore per capire la vita di giovani e vecchi, le loro paure e irrazionalità, i loro sentimenti e la loro forza, i loro sogni e i loro segnali di resa.
Ognuno di loro viene raccontato dopo essere stato messo a nudo, con l’attenzione catalizzata sul senso dell’amore, inteso più che tutto come amore di genitori per i figli e viceversa, di madri che portano dentro di sé la sofferenza di dialoghi mai fatti, di verità mai dette coi propri figli, a loro volta distanti nel tempo e nello spazio.
Sono questi i silenzi del non detto, di ciò che riteniamo talmente ovvio e noto che dirlo sembra superfluo, quasi stucchevole: e invece no, è il monito di Simona Sparaco, tutto e sempre va detto, finchè ne abbiamo la possibilità, perché il Caso potrebbe non offrirci più un’ulteriore occasione per farlo.
Uomini e donne del palazzo metafora di vita di Simona Sparaco
Alice è una studentessa in Erasmus a Berlino, dove ha conosciuto, innamorandosene, Matthias, nel cui appartamento trascorre sempre più tempo tralasciando lo studio: in realtà si è allontanata dall’Italia per sottrarsi all’amore infinito ma possessivo di sua madre, che la assilla con continue telefonate a cui lei non sempre risponde.
Molti i silenzi tra di loro, troppi. In compenso Alice ha maturato negli anni un legame speciale col padre, a cui si sente più affine, ma non sarà a lui che vorrà parlare mentre fiamme e fumo divampano: è a sua madre che deve far capire che il silenzio non sottintende il vuoto affettivo, ma solo la difficoltà di entrare in sintonia, di dare voce al più profondo e ancestrale dei sentimenti.
Nel momento in cui si rivela nella sua fragilità Alice è sola, Matthias è rimasto imprigionato nell’ascensore in attesa dei soccorsi.
Anche Naima, che lascia scorrere il tempo che le rimane prima che la sclerosi le sia letale su una sedia a rotelle, è una madre che soffre: suo figlio Bastien è sempre più sfuggente, non sembra comprendere le sue esigenze, appare completamente distaccato anche dal padre. La realtà è che Bastien non ha il coraggio di metterla di fronte ad un vissuto che la annienterebbe, per dar voce al quale basterebbero sei parole, che non riescono a lacerare il silenzio che caratterizza i loro incontri.
Eppure Bastien non è il figlio ingrato e privo di riconoscenza che Naima vede coi suoi occhi malati, è anzi un figlio mosso da un amore così forte che lo induce a mentirle, sino a quando, dopo averla caricata sulle sue spalle per cercare di salvarle la vita allontanandola dal fuoco, dirle la verità sarà l’atto più naturale possibile.
Anche Polina, ballerina classica, è madre da due mesi e ancora non è riuscita ad accettare ciò che è successo al suo corpo, trasformatosi completamente durante la gravidanza. Il piccolo Janis le ha rubato tutto, i sogni e il futuro, la fanciulla di cristallo non esiste più, al suo posto c’è una donna che non si ama, che vorrebbe uscire dalla prigione in cui è rinchiusa, il suo corpo, e che è disposta a farlo con qualunque mezzo.
Ma il fuoco si intromette tra lei e le sue decisioni e risveglia l’istinto materno celato sino a quel momento: salvare Janis diventa la cosa più importante, l’unica che abbia valore.
Polina non sa che c’è qualcuno che la ama ma non sa dirglielo: non è il padre di suo figlio, ma è Hulya, consapevole del suo sentimento altro e delle reazioni che il confessarlo genererebbe nell’ambito della sua famiglia. Un altro amore taciuto, altre parole mai dette nel tempo che corre all’impazzata tra le fiamme, il desiderio di fare comunque qualcosa per Polina, per dirle “io sono qui”.
La notte dell’incendio cambia le vite di tutti, ma per accettarlo, esorcizzando almeno in parte il ricordo doloroso, elaborando un lutto mai del tutto superabile, occorrerà un anno intero.
Alla cerimonia di commemorazione, quando le ceneri incandescenti si sono ormai estinte e del palazzo non esiste più traccia, tutti i protagonisti, diretti o indiretti si trovano seduti fianco a fianco, per ricordare chi non c’è più e dar voce ai loro pensieri, annullando il silenzio delle loro parole.
Un neonato e un diario sono diventati il simbolo dell’orrore e della rinascita, quella che segue necessariamente ad ogni morte e permette a chi è vivo di sopravvivere al dolore della perdita, con la saggezza di chi adesso sa che nessuna parola va taciuta lasciando spazio al silenzio.
TITOLO : Nel silenzio delle nostre parole
EDITORE : DeA Planeta
PAGG. 282, EURO 18,00 (formato kindle euro 9,99)