Valerio Mottin, autore torinese quarantenne, non è nuovo a storie che si sviluppino sulla base di intrighi imprevisti.
Allo stesso modo, è attento all’analisi di personaggi che abbiano a che fare col mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, nel momento in cui si interrelazionano col complicato mondo degli adulti.
Entrambe queste sfumature narrative sono presenti nell’ultimo suo romanzo, “Cloe”.
Una storia inquieta e inquietante, perché sempre vorticosamente avviluppata alla quotidianità dei suoi personaggi e contemporaneamente capace di lasciar intendere che il finale non è ancora a portata, e soprattutto non sarà facile da metabolizzare.
Valerio Mottin e la piccola Cloe
Cloe, una bimba di tre anni bella come lo sono tutti i bambini di quell’età, è l’invisibile protagonista della storia.
E’ su di lei che si concentrano tutte le attenzioni, ma lei non c’è, perché è incredibilmente scomparsa senza lasciare tracce la vigilia di Natale del 2014, in un elegante palazzo torinese.
Come ciò sia potuto succedere nessuno è riuscito a capirlo.
Il padre Alberto stava rincasando con lei dopo la cena di Natale a casa dei suoi genitori: mentre era impegnato ad aprire la porta dell’appartamento, l’ascensore in cui la piccola era rimasta infagottata nelle coperte calde si era trasformato in una momentanea prigione.
Nonostante il padre si fosse precipitato lungo le scale, all’apertura delle porte aveva trovato solo le coperte.
Di Cloe non c’era più traccia.
Valerio Mottin lascia andare così, sin dalla prima pagina del libro, la sua piccola protagonista, della cui fine nessuno ha più saputo alcunchè.
Le indagini avevano dimostrato che nessuno avrebbe potuto uscire dal palazzo senza lasciare impronte sulla neve o sfuggire a una telecamera di sorveglianza del quartiere.
Nessuno era uscito, Cloe sembrava essersi dissolta nel nulla insieme al suo ipotetico rapitore.
La vita di un palazzo, tra poche luci e tante ombre
Nonostante la convinzione che il caso fosse facile da risolvere, che fosse solo una grana prenatalizia di poco conto, il commissario Giacomo Orecchia aveva dovuto presto ricredersi e arrendersi: in quel palazzo di via Principi D’Acaja Cloe non c’era più.
Le successive indagini erano state un fallimento: restavano Alberto e Beatrice, due genitori schiantati dal dolore.
E’ proprio il palazzo a catturare l’attenzione dell’autore: nel quartiere Cit Turin dove si trova vivono famiglie per bene, chiuse nei loro appartamenti con i loro segreti, risultate estranee ai fatti.
La forza centripeta che lo avvolge ne fa quasi un mondo a sé, dove ogni storia rimanda a possibili moventi, sospetti che aleggiano tra mura protette dagli sguardi degli estranei.
Il colpevole, aveva pensato Orecchia, non poteva che nascondersi lì, insieme alla bambina.
Ma il suo lavoro non aveva dato esito e il caso era stato l’ultimo della sua difficile carriera.
Il fallimento gli era costato un allontanamento anticipato e una spirale di dipendenza dall’alcol che lo aveva stritolato.
E’ il 3 dicembre 2017 quando Ludovica Pellegrini, giornalista di una testata locale sull’orlo del licenziamento, si trova per caso a mettere le mani sul caso e decide di riaprire le sue personalissime indagini, per uno scoop strepitoso.
Dal momento che stanno andando in pezzi sia la sua vita lavorativa che quella sentimentale, tanto vale buttarsi a capofitto in un’impresa disperata, prima di cadere schiava di alcol e depressione come sua madre.
L’unica possibilità è tornare nel vecchio palazzo ad ascoltare tutti gli inquilini: chissà che la buona sorte non la salvi dal baratro.
Il palazzo di via Principi D’Acaja diventa allora protagonista, con i suoi appartamenti, le porte sbarrate, gli ascensori maledetti, gli scantinati bui e polverosi, oltrechè claustrofobici.
Tante verità per i personaggi di Valerio Mottin
Solo Beatrice è rimasta nel vecchio appartamento ed è disposta a condividere con Ludovica la sua tristezza, il dolore che non l’ha più abbandonata.
Alberto se n’è andato, sarà facile rintracciarlo nel bar che frequenta con assiduità nascosto dietro la scusa di un fantomatico comitato per Cloe, ma da lui Ludovica otterrà poco.
Valerio Mottin fa di lei un personaggio lontano dagli stereotipi: non è una donna di successo, è debole e beve troppo, ha un fisico imbarazzante e non riesce a tenersi il fidanzato, che la lascia e torna solo per rapide incursioni sessuali.
Niente di più lontano dalle belle investigatrici sui tacchi a spillo, ma Ludovica si riscopre testarda e con una saltuaria voglia di riscatto, che rovescia sul caso di Cloe.
Nasce così una detective improvvisata, che troverà il modo di farsi aiutare da Orecchia, sebbene con grande fatica.
La sua apparente ingenuità si scontra con un grande dolore che Ludovica porta con sé da anni, schiacciata da un senso di responsabilità troppo grande per lei e soprattutto per la bambina che è stata tanto tempo prima.
Da giornalista a detective è un attimo, sembra dirci Valerio Mottin, ma la realtà è assai più complicata.
Le porte chiuse degli appartamenti del palazzo
“Tutti nascondono qualcosa” è il pensiero del commissario Orecchia.
Potrebbe forse avere un ruolo l’inquilino Cesare Caruso, che vive con la moglie malata in un appartamento dove nessuno può entrare e che fu il primo a riprendere l’ascensore dove erano rimaste le coperte di Cloe?
E Matteo Suppo, il ragazzo sulla sedia a rotelle del primo piano che vive col padre, può essere implicato nella scomparsa di Cloe? In che modo, poi, e perché?
Forse è opportuno cercare il senso delle parole di Chiara Costa, invece, coinquilina che vede in Beatrice una sgualdrina pronta a rubare i mariti altrui, tra cui il suo, senza scrupoli.
Ed è proprio il marito Riccardo a cercare Ludovica, per parlarle di una storia vecchia di anni, una relazione nociva.
Per Riccardo e Chiara il passato che riesplode con le sue ombre è letale, tanto da indurre Chiara a un tentato suicidio.
A suo tempo, gli inquirenti avevano messo casualmente le mani su un colpevole di occultamento di cadavere, l’inquilino del primo piano Eros Bernardi, ma su di lui, benchè arrestato e condannato, non era stata trovata traccia di responsabilità nel caso di Cloe. E ora è ancora in carcere.
A Ludovica Valerio Mottin regala poche chance di avanzamento nella ricerca, se non quando in un bar la ragazza viene a conoscenza di un incidente d’auto avvenuto nel giugno del 2014, che lasciò sull’asfalto un ragazzo con le gambe maciullate.
Sono tasselli che sembrano non avere legami tra di loro, eppure qualcosa continua a smuovere la volontà di Ludovica per cercare di capire.
Insieme al commissario riflette su un omicidio di allora che adesso sembra poter avere qualche legame con la vicenda di Cloe, esamina tutte le storie dei vari inquilini, legati tra loro molto più di quanto fu compreso nel 2014.
Valerio Mottin , a passi lenti verso la conclusione
La scomparsa di Cloe è un puzzle incredibilmente complesso, per tutti i rimandi interni.
Valerio Mottin non si lascia sfuggire alcun particolare e accompagna Ludovica e il commissario verso la soluzione, dolorosa e traumatica, ma necessaria.
Non si può definire un successo la risoluzione del caso, per gli strascichi di dolore che lascia. Nessuno dei due, infatti, ne esce ritemprato.
Il commissario, benchè riabilitato, ha perso il senso della sua vita e, per quanto abbia sedato i suoi sensi di colpa, non vede per sé un futuro soddisfacente.
E Ludovica?
Ludovica non ha riconquistato Alex, non ha smesso di bere (davvero troppo, in ogni circostanza), non ha finito di piangersi addosso (anche questo in modo compulsivo e assai umiliante), ha fatto pace con sua madre ma non coi fantasmi del passato.
Però ha un nuovo lavoro e il futuro le pare più rassicurante.
E poi, quando tutto sembra finito, non è detto che lo sia davvero: dietro l’angolo potrebbe esserci qualcosa di inaspettato.
TITOLO : Cloe
EDITORE : Independently published
PAGG. 436 EURO 12,99 (versione eBook euro 2,69)