Covid-19 e tumore alla prostata: diagnosi e cure devono continuare

Covid-19 e tumore alla prostata: diagnosi e cure devono continuare

Il Covid-19 ha reso ancora più difficile la vita degli oltre 564mila uomini che nel nostro Paese vivono con un cancro alla prostata. Per il 71% di questi pazienti il Coronavirus è fonte di forte preoccupazione, mentre il 37% è convito di essere più esposto al contagio a causa dei trattamenti anti-tumorali.

Quattro malati su dieci hanno evitato di andare in ospedale durante il lockdown (marzo-maggio 2020), rinviando così cure e visite. E sette malati su dieci sperano di poter assumere terapie trimestrali o semestrali, per poter così ridurre gli accessi alle strutture sanitarie.

È il quadro che emerge da un sondaggio svolto su oltre 500 pazienti e presentato oggi in una conferenza stampa virtuale. L’indagine rientra nel progetto educazionale, promosso dalla Fondazione PRO, Gestione del paziente con carcinoma della prostata in era COVID-19.

Scopo del progetto: creare maggiore consapevolezza sul cancro della prostata e al contempo dare consigli pratici ai pazienti, in un periodo in cui occuparsi della propria salute non è facile, se si vuole coniugare sicurezza e continuità di cura. Verranno raggiunti tutti gli attori coinvolti nel tumore maschile più frequente nel nostro Paese: malati e loro associazioni, caregivers, istituzioni nazionali e regionali, cittadini e medici (urologi, oncologi, radioterapisti e medici di medicina generale), con attività stampa e approfondimenti su PRO TV e social media.

Covid-19 e tumore alla prostata: è prevalsa la paura

“La somministrazione di terapie, gli esami diagnostici e le visite di follow up devono proseguire”, dice Vicenzo Mirone, ordinario di Urologia dell’Università Federico II di Napoli e Presidente di Fondazione PRO. ” Nelle prime settimane d’emergenza abbiamo assistito a una vera e propria fuga dai nostri reparti per paura del virus. È una situazione che non si deve ripetere in questa nuova fase, segnata da un forte aumento dei contagi soprattutto in alcune Regioni. Gli ospedali sono sicuri e dobbiamo incentivare misure complementari come la Telemedicina. Per questo abbiamo deciso di avviare una nuova campagna per ribadire l’assoluta e improrogabile necessità di affrontare a 360 gradi un tumore particolarmente diffuso e frequente”.

Anche secondo i medici il Covid-19 ha determinato complicazioni, preoccupazioni e modificato alcune tendenze nell’approccio al trattamento del carcinoma della prostata. Secondo un altro sondaggio, sempre condotto da Fondazione PRO su oltre 500 uro-oncologi, il 66% dei medici ha dovuto modificare le proprie abitudini prescrittive.

Covid-19 e tumore alla prostata: mantenere l’aderenza terapeutica

Per il 77% la crisi sanitaria del 2020 ha impattato sull’attività clinica e il 51% è convinto che sia peggiorata l’aderenza terapeutica. “L’invito rivolto a tutti i pazienti è di non abbandonare  i trattamenti”, dice Giuseppe Procopio, Responsabile Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. “Esiste il rischio concreto che nei prossimi mesi avremo un forte aumento di nuove diagnosi di cancro in uno stadio più avanzato. Come clinici possiamo incentivare l’assistenza domiciliare e favorire il ricorso a quelle terapie, trimestrali e semestrali, che garantiscono la continuità delle cure in totale sicurezza. Sono trattamenti efficaci, che si adattano soprattutto in caso di carcinoma avanzato e che possono inoltre rappresentare uno strumento utile per ridurre il rischio di contagi. Ne è convito il 59% dei medici specialisti intervistato nella survey”.

Nel 2020 sono previste in Italia 36mila nuove diagnosi

“Nel nostro Paese l’età media al momento della diagnosi è di 72 anni”, commenta Corrado Franzese, Presidente Nazionale della Società Italiana Urologia Territoriale (SIUT). Nella grande maggioranza dei casi sono quindi uomini anziani interessati da altre malattie, spesso croniche, come diabete, obesità o ipertensione. È una tipologia di pazienti difficile da trattare e che necessita di particolare attenzione da parte dell’intero Sistema sanitario. L’assistenza è stata decisamente complicata dalla pandemia e il Covid-19 può avere effetti pesanti su pazienti non più giovanissimi, immunodepressi e polipatologici. Con questa nuova campagna vogliamo ribadire anche l’importanza, per chi vive con tumore alla prostata, di seguire le nuove regole imposte dal nuovo Coronavirus. Quindi invitiamo i malati, e i loro familiari, a rispettare con particolare attenzione le norme per il distanziamento sociale, indossare quando previsto la mascherina e lavarsi spesso le mani. Infine bisogna seguire scrupolosamente la terapia anticancro prescritta dal proprio medico curante”.

Ospedali sicuri nonostante l’emergenza sanitaria

Covid-19 e tumore alla prostata sembrano essere due condizioni difficili da conciliare.

“Dall’inizio della pandemia si parla sempre più spesso di Telemedicinaconclude il prof. Giuseppe Ludovico, Presidente Nazionale Urologi Ospedalità Gestione Privata (UrOP) -. Si tratta di uno strumento prezioso che, in ogni caso, potrà affiancarsi al rapporto medico-paziente in presenza. Quest’ultimo è necessario senz’altro nella prima fase della diagnosi della malattia oncologica e in alcuni momenti del follow-up. Le strutture sanitarie italiane, sia territoriali che ospedaliere, sono sicure e presentano percorsi separati che riducono al minimo il rischio di contagio. Dobbiamo riuscire a superare le paure e imparare a convivere con questo terribile virus. Bisogna proseguire con tutte le attività d’assistenza che il nostro Servizio Sanitario Nazionale mette in campo contro patologie di grande diffusione come il carcinoma prostatico”.

Aggiornamento del 27/04/2022

Tumore alla prostata: difficoltà nella vita quotidiana per 8 pazienti su 10

Il tumore della prostata impatta fortemente sulla vita quotidiana.

Otto pazienti su dieci affermano che le loro attività ordinarie risultano compromesse a causa della malattia.

Tra queste vi sono il lavoro (61%), il sesso (57%) gli hobbies (48%) e lo sport (27%).

Difficoltà sono riscontrate anche nel percorso di cura soprattutto in questo periodo in cui il Covid-19 sta ancora condizionando il sistema sanitario nazionale:

  • il 35% dei malati ha difficoltà a contattare il medico specialista
  • il 36% fatica ad accedere agli esami di follow up
  • 23% trova molto difficile compilare i documenti sanitari.

Oltre la metà dei pazienti giudica insufficiente l’assistenza da parte della medicina territoriale.

È quanto emerge da un sondaggio on line svolto tra 411 malati e promosso dalla Società Italiana di Uro-Oncologia (SIUrO).

“Il carcinoma prostatico è diventato il più frequente nella popolazione maschile di quasi tutti i Paesi occidentali”, dice Alberto Lapini, Presidente Nazionale della SIUrO.

Il numero di nuovi casi è in aumento in Italia anche grazie alle maggiori probabilità di diagnosi.

Oggi è possibile curarlo grazie a un armamentario terapeutico sempre più ampio e i risultati ottenuti in termini di sopravvivenza sono notevoli.

Alcune problematiche però persistono come ha dimostrato chiaramente il sondaggio che abbiamo promosso.

Più del 90% dei pazienti ha riscontrato dei cambiamenti a livello psico-fisico e la neoplasia ha un impatto negativo soprattutto a livello uro-andrologico.

Infatti il 21% dei malati sostiene di aver avuto problemi di impotenza, il 19% di incontinenza e l’11% d’infertilità.

Ci sono poi altre controindicazioni legate ai trattamenti come perdita di capelli, disturbi gastrointestinali, dolore, astenia o depressione.

Va però ricordato che sono effetti collaterali momentanei e che comunque le nuove cure garantiscono una buona qualità di vita”.

Trattamenti e percorsi di cura

“Il tumore della prostata è una patologia molto complessa”, spiega Sergio Bracarda, Presidente Incoming SIUrO.

“Ora riusciamo a individuare con precisione diverse informazioni biologiche e possiamo conoscere meglio anche i vari setting, ovvero le condizioni cliniche, in cui si presenta il cancro: malattia localizzata, localmente avanzata o metastatica.

In base a queste variabili bisogna prescrivere il percorso di cura migliore per il singolo paziente.

In questo momento abbiamo già a disposizione cinque trattamenti che aumentano la sopravvivenza nei casi avanzati e si stanno affacciando, o sono già disponibili, ulteriori farmaci, come gli inibitori di PARP, nuovi agenti ormonali e il possibile uso di trattamenti radio-metabolici per tumori avanzati.

Va inoltre ricordato come l’utilizzo di farmaci orali al domicilio del paziente abbia rappresentato un’importante opzione terapeutica, in particolare nei momenti più difficili della pandemia, quando gli ospedali erano fortemente sottopressione.

La ricerca sta inoltre progredendo per ottenere trattamenti sempre più innovativi e mirati e che tengano conto delle esigenze e aspettative di un numero crescente di malati”.

“Per quanto riguarda invece la radioterapia dal sondaggio risulta come sia somministrata ad un paziente su quattro”, spiega Rolando D’Angelillo, professore di Radioterapia, all’Università di Roma Tor Vergata.

“Grazie all’innovazione tecnologica e scientifica il trattamento è molto preciso e selettivo e solo le cellule tumorali sono effettivamente colpite dalle radiazioni.

Svolge perciò un ruolo importante in tutte le fasi di malattia in maniera esclusiva o multimodale al trattamento chirurgico e farmacologico”.

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