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Fibrillazione atriale: ecco la cura che viene dal ghiaccio
Salute

Fibrillazione atriale: ecco la cura che viene dal ghiaccio

22/06/2017

Fibrillazione atriale: l’aritmia cardiaca più frequente al mondo. Colpisce circa l’1-2% della popolazione generale e fino al 15% negli ultraottantenni, per un totale di circa 10 milioni di persone in Europa.

Parliamo di attivazione atriale scoordinata, che il paziente percepisce come cardiopalmo. Ne discende una maggiore facilità ad affaticarsi.

Questo disturbo del ritmo è diffuso e può provocare la formazione di trombi all’interno del cuore. Tali coaguli, se raggiungono il cervello, possono determinare un ictus ischemico. Di rado possono crearsi embolie in altri organi. Allo scopo di combattere il fenomeno si utilizzano gli anticoagulanti, più efficaci degli antiaggreganti piastrinici: le due tipologie di farmaco, peraltro, non si utilizzano insieme, se non in casi particolarmente delicati.

Fibrillazione atriale: la cura viene dal ghiaccio

Per la fibrillazione atriale, la cura oggi viene dal ghiaccio.

Una tecnica innovativa è praticata in Italia: a Bari, a Grosseto, a Ragusa.

A Ragusa, la Cardiologia interventistica dell’Asp applica la crioablazione: si tratta di uno dei tre ospedali siciliani che propongono questa pratica.

La stessa tecnica è utilizzata all’ospedale Misericordia di Grosseto (da circa 8 mesi) e all’ospedale Santa Maria di Bari, dove si trova il primo centro del Sud specializzato nella prevenzione e cura delle aritmie cardiache.

Fibrillazione atriale: ecco la cura che viene dal ghiaccioDispositivi a forma di palloncino, che possiamo definire come criopalloni, hanno una temperatura media di -40 gradi. Gelando, cicatrizzano il tessuto da cui origina lo stimolo elettrico anormale. La tecnica, alternativa alla radiofrequenza e all’ablazione chirurgica, garantisce una migliore qualità di vita al paziente. La cura è più sicura, poiché sono minori le complicanze e meno alta è l’incidenza di recidive. La sedazione è molto meno profonda ed è minore l’esposizione a radiazioni per tecnici e malati.

Un palloncino si introduce per via venosa, all’interno delle vene polmonari, precisamente nell’antro di ogni vena. Una guida viene introdotta, appunto, nella vena polmonare e su di essa si fa scorrere il palloncino gonfiabile. Esso viene poi gonfiato e raffreddato per quattro minuti. In tal modo si attua l’isolamento elettrico della vena. L’area malata è sottoposta a una sorta di ibernazione e risulta così isolata dal resto del cuore. Si crea una lesione circonferenziale.

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Fibrillazione atriale e ipertensione

Fibrillazione atriale e ipertensione: qual è il legame? Esiste uno studio della professoressa Teresa Seccia, condotto in collaborazione con il Brigham and Women’s hospital dell’Università di Harvard, a Boston, negli Stati uniti, coordinato dal Centro dell’ipertensione arteriosa dell’Azienda ospedaliera/Università di Padova, della quale è direttore professor Gianpaolo Rossi.

Hypertension, la più autorevole rivista internazionale del settore, ha pubblicato la notizia.

E’ stato così individuato uno dei principali determinanti della fibrillazione atriale negli ipertesi.

E’ certo: l’aldosterone, il principale ormone mineralcorticoide, svolge un ruolo molto importante nella patogenesi della fibrillazione atriale negli ipertesi. Agisce direttamente al livello del sistema di conduzione cardiaca e promuove la deposizione di tessuto fibrotico nel cuore. L’ormone così individuato è responsabile dell’ipertensione arteriosa in circa il 14% dei pazienti del Centro dell’Ipertensione arteriosa dell’Azienda ospedaliera/Università di Padova.

Quando la fibrillazione atriale coesiste con l’ipertensione arteriosa, si pongono problemi legati al trattamento molto particolari. La fibrillazione atriale comporta un rischio assai aumentato di trombo-embolismo e, pertanto, richiederebbe un trattamento anticoagulante nella maggior parte dei pazienti: una cura che negli ipertesi aumenta il rischio di emorragie, cerebrali e in altri distretti, a meno che i valori pressori non siano perfettamente controllati. I pazienti ipertesi fibrillanti, dunque, dovrebbero essere sottoposti a valutazione di ambito specialistico, allo scopo di individuare un eventuale iperaldosteronismo primario alla base dell’ipertensione: se identificato, quest’ultimo potrebbe permettere di guarire definitivamente l’ipertensione. E se ciò non è possibile? Diventa necessario istituire un trattamento antipertensivo in grado di normalizzare i valori pressori, che consenta il trattamento anticoagulante.

A Padova esiste un ambulatorio dedicato alla gestione dei pazienti ipertesi affetti da fibrillazione atriale, aperto tutti i venerdì mattina al Centro ipertensione dell’Ao.

Isabella Lopardi ha lavorato come giornalista, traduttrice, correttrice di bozze, redattrice editoriale, editrice, libraia. Ha viaggiato e vissuto a L'Aquila, Roma, Milano. Ha una laurea magistrale con lode in Management e comunicazione d'impresa, è pubblicista e redattore editoriale. E' preside del corso di giornalismo della Pareto University.

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