Narcolessia: è una malattia rara, difficile da diagnosticare. Spesso, soprattutto tra i bambini, è scambiata con epilessia, depressione o altro. I bambini nelle foto non sono narcolettici. In altri casi, comunque, bisogna prestare attenzione, poiché non tutti i fanciulli sono in grado di spiegare nei dettagli le loro sensazioni e bisogna che gli adulti vigilino.
Narcolessia: sintomi principali
Quali sono i sintomi principali? Si presentano sonnolenza diurna e perdita del tono muscolare. Sono frequenti anche allucinazioni e cadute. I sintomi di questa patologia sono molto semplici da riconoscere. Spesso, però, vengono sottovalutati o suggeriscono altre diagnosi. La narcolessia, infatti, si manifesta attraverso una sonnolenza diurna particolare. Chi ne è affetto, fa sonnellini brevi e ristoratori nel corso della giornata, durante i quali spesso sogna, con il rischio di avere subito dopo delle allucinazioni. Anche se si tratta di episodi di sonno brevi, le persone narcolettiche raggiungono rapidamente la fase Rem: essa, generalmente, compare dopo una o due ore di sonno.
Narcolessia: le statistiche
Sulla nostra penisola, la narcolessia colpisce circa 4 persone ogni 10mila abitanti: i pazienti a cui è stata diagnosticata e trattata la patologia sono circa mille. Ma nella stima approssimativa è rilevato un sommerso di circa 24mila casi. La narcolessia, come detto, non si riconosce facilmente: viene scambiata per epilessia, psicosi, schizofrenia, depressione, disturbi del movimento o altro. Non c’è soltanto il problema delle diagnosi errate: si parla anche di ritardo diagnostico, confermato dai risultati di numerose ricerche.
Narcolessia: centri all’avanguardia
I due centri europei più all’avanguardia per la cura e la ricerca sulla Narcolessia sono l’Università di

Bologna e quella di Montpellier. Il professor Giuseppe Plazzi, docente di Neurologia presso l’Università di Bologna e presidente dell’Associazione italiana di Medicina del sonno (Aims), si è espresso in questo modo: “Recenti studi condotti dall’Università di Bologna, insieme ad altri centri, hanno individuato i criteri per la diagnosi nel bambino e le modalità di attivazione della cataplessia in età infantile. Ecco i primi passi, per importanti opzioni terapeutiche”.
Narcolessia e bambini: criteri di diagnosi
La narcolessia in età pediatrica è diversa da quella in età adulta. Anzitutto, nei bambini la sonnolenza può più facilmente essere scambiata come svogliatezza, scarso rendimento, ma anche irritabilità. Il punto che fino ad oggi ha costituito una discrepanza nell’approccio alla malattia tra adulti e bambini è stato quello dei criteri diagnostici. Per i primi, gli specialisti erano già concordi su due parametri: la polisonnografia notturna e il test delle latenze multiple dell’addormentamento (Mslt). Si tratta di strumenti che consentono di individuare una particolare velocità di addormentamento, sintomo di una sonnolenza patologica e caratteristica principale della narcolessia. Nel paziente narcolettico l’addormentamento avviene direttamente in fase Rem, quella dei sogni, che invece compare normalmente dopo una o due ore. Per l’età infantile non si aveva certezza sulla validità dell’utilizzo dei medesimi criteri.
Narcolessia e bambini: parliamo dei parametri
Giuseppe Plazzi ha aggiunto: “Il lavoro realizzato dall’Università di Bologna e di Montpellier, pubblicato nel 2019 sulla rivista Neurology, organo della American academy of Neurology, ha dimostrato che anche per il bambino si possono adottare gli stessi strumenti utilizzati nell’adulto, ossia la polisonnografia notturna e il test delle latenze multiple dell’addormentamento (Mslt): i criteri numerici sono soltanto leggermente modificati. Fino a oggi, in assenza di criteri validati, anche in ambito pediatrico si utilizzavano per analogia quelli dell’adulto, seppure con molte perplessità circa la loro validità. Il lavoro pubblicato su Neurology risolve ogni dubbio e ambiguità, stabilendo nuovi parametri limite per il bambino e l’adolescente. Il passo compiuto è di grande rilevanza, anche alla luce del grande ritardo diagnostico della narcolessia, una malattia che per lo più insorge in età infantile o adolescenziale e viene identificata in media dopo circa 15 anni dall’esordio dei sintomi”.
Narcolessia e cataplessia
Cataplessia: che cos’è? Una fondamentale caratteristica della narcolessia (che si aggiunge al rapido raggiungimento della fase Rem). Parliamo di un fenomeno scatenato da emozioni positive come pianto, riso, gioia, e caratterizzato dalla perdita del tono muscolare soprattutto al viso, dove si manifesta con un evidente abbassamento delle palpebre. Se generalizzata, la cataplessia può provocare anche la perdita di equilibrio, far cadere un oggetto dalle mani, fino alla caduta a terra. Esistono due tipi di narcolessia nella classificazione internazionale dei disturbi del sonno: quella con deficit di ipocretina o orexina (un peptide che ha nomi diversi ma indica la stessa molecola), che nel 99,9% dei casi è associata a cataplessia, e quella senza bassi livelli di orexina, che invece è sempre senza cataplessia. Nel bambino piccolo, sotto i 10 anni, prevale la narcolessia con cataplessia. Il bambino con narcolessia e cataplessia è diverso dall’adulto, in primo luogo per quanto concerne l’aspetto motorio: la cataplessia non è scatenata esclusivamente dal riso, ma la condizione di mollezza e di perdita di tono muscolare può essere continua. Si arriva a una tipica espressione del viso definita “faccia cataplettica”. Appare chiaro che bisogna prestare un’attenzione particolare ai bambini.
Narcolessia: conseguenze della cataplessia pediatrica
Cataplessia pediatrica: quali sono le aree del cervello che si attivano? Queste le parole di Giuseppe Plazzi: “L’Università di Bologna, in collaborazione con la medicina nucleare dell’Università di Modena, ha pubblicato sulla rivista Neurology una ricerca svolta su un grosso numero di pazienti pediatrici. Per la prima volta, vengono rivelate le conseguenze della cataplessia pediatrica tramite risonanza magnetica cerebrale funzionale. I dati hanno mostrato le aree cerebrali che si attivano nel corso della risata e della risata associata a cataplessia: la scoperta più significativa è che durante la risata l’attivazione all’interno del cervello della zona incerta e del nucleo subtalamico blocca la cataplessia. Questo risultato potrà in futuro aprire nuove possibilità terapeutiche per la cataplessia”.
Narcolessia: farmaci adatti
Nel 2019, che volge al termine, si è consolidato del trattamento della narcolessia. L’Italia si è collocata a livello europeo fra le nazioni con il maggior numero di farmaci correttamente registrati a disposizione dei pazienti.
Giuseppe Plazzi ha così concluso: “Tuttavia, per quanto riguarda l’accessibilità, resta il problema che in Italia due su tre di questi farmaci sono ancora in fascia C, cioè teoricamente a pagamento. Inoltre, per il bambino, i farmaci ufficialmente accettati vengono dati fuori indicazione, anche se sia l’agenzia americana Fda, sia l’Ema, hanno da poco registrato il primo di questi farmaci e tra poco ne seguiranno altri. Questa situazione genera un paradosso: la narcolessia è una malattia rara e i pazienti avrebbero diritto a curarsi gratuitamente. Tuttavia ciò non avviene in tutti i casi: anche a causa di una prassi burocratica molto pesante che a volte scoraggia sia il medico, sia il paziente”.